Vabbè che gli esami non finiscono mai, nemmeno a 38 anni in un mondo di ventenni, ma doverlo fare nella gara più importante e attesa dell’anno suona proprio come una beffa. Un esame che sembra addirittura una scommessa, ad alto rischio. Se non addirittura doppia. Non parliamo del controllo medico a cui Valentino Rossi si è sottoposto alla vigilia del GP d’Italia nel “suo” Mugello. Com’era prevedibile, il medico di servizio gli ha dato il via libera alle prime prove. Ci mancherebbe: nessuno avrebbe il coraggio di fermare l’icona della gara, tra l’altro per un incidente “minore” successo una settimana prima – un capottamento mentre si allenava con la moto da cross sulla pista di Cavallara – che ha sì richiesto una notte in rianimazione, ma soltanto per proteggere il paziente dall’esterno e per massima precauzione, visto il nome. Chiunque altro sarebbe stato rimandato a casa con l’indicazione di riguardarsi e di farsi rivedere dopo un paio di settimane per controllare che tutto fosse completamente a posto.
Ma Valentino non è “chiunque altro” e soprattutto deve mettersi ai comandi di una belva scatenata da 280 cavalli per poco meno di 300 chili, benzina e pilota bardato compresi, sulla pista che ha il rettilineo più veloce del campionato (355 km/h ufficialmente, ma la telemetria più reale ha già superato i 360) e con una staccata micidiale in fondo: 288 metri di frenata (ha misurato il fornitore dei freni Brembo) da fare in 5”2 con un carico sulla leva destra di 5,4 kg e una decelerazione di 1,5 g per riuscire a fare la prima curva a 90 orari.
Ora, uno in perfetta forma fa fatica. Ce la può fare uno infortunato una settimana prima? Questo è il grande interrogativo che dovranno chiarire le prime libere, più che la vigilia. Valentino ha annullato la conferenza ufficiale, anche se ha assicurato una chiacchierata informale nel tardo pomeriggio. Ma le parole saranno comunque di circostanza, prive di valore senza la controprova della pista.
I danni nel volo (raccontano brutto: quella pista è impegnativa) sono una lesione al fegato, che sarebbe a buon punto, anche se, sussurra qualcuno, con qualche piccolo strascico. Ma il vero interrogativo sono le costole. La diagnosi è stata (ad arte) molto generica: trauma toracico. Che vuol dire tutto e niente. In ogni caso le costole sono le ossa più infide del corpo, semplicemente perché… non hanno nessuna alternativa per guarire se non il riposo.
Un altro osso si può cercare di “addomesticare”. Ricordate Jorge Lorenzo ad Assen nel 2013? Cadde nelle prime libere rompendosi una clavicola. Volò immediatamente a Barcellona, si fece operare (placca e viti). Ritornò, non fece le qualifiche e poco più di 48 ore dopo l’intervento (in anestesia totale) corse finendo incredibilmente quinto.
Le costole sono più “bastarde”. Pensate cosa significhi solo infilare la tuta (con tanto di para-costole in plastica come usa Valentino: beffa doppia), una seconda pelle e poi guidare. Una “tortura” cui si può ovviare soltanto con antidolorifici. Un palliativo, visto che il vero problema è riuscire a respirare. Sensazione che conosce bene chi è si è anche leggermente incrinato una costola.
E allora non resta che sperare che questa cortina di silenzio calata sull’incidente, sia stata solo una forma per allentare in qualche modo la tensione e magari rendere più saporita una bella prestazione in gara. Perché se, al contrario, è stato un modo per nascondere la reale portata dell’incidente – ricordate cosa era successo nel 2010 quando, incredibilmente sempre a Cavallara, Valentino si era lesionato la spalla destra che, dopo mille contraddizioni, a fine stagione venne operata? – allora la situazione si farebbe veramente dura. Soprattutto in visione Mondiale numero 10. Perché 7 giorni dopo il Mugello si corre a Barcellona, altra pista veloce e impegnativa: una settimana per risolvere un problema (grave) di questo genere non basta di certo. Incrociare le dita.
Filippo Falsaperla