Altra botta alle tesi cospiratorie sostenute da Alex Schwazer: il Tas ha squalificato nuovamente Sun Yang, sia pur dimezzando la precedente sentenza, da 8 a 4 anni e 3 mesi. Schwazer, in una intervista alla Gazzetta dello Sport pubblicata il 20 gennaio 2021, aveva detto che la Wada (e la Iaaf, che comunque non aveva alcuna relazione con Sun Yang perché era la Fina la Federazione interessata) aveva mostrato un trattamento di favore per il nuotatore cinese. Anche su questa tesi, il marciatore altoatesino è stato sbugiardato. Ma vediamo meglio come è stata demolita.
La squalifica definitiva di Sun Yang da parte del Tribunale federale svizzero, 4 anni e 3 mesi che scattano da febbraio 2020, ha concluso una vicenda che durava dal 2018. Il nuotatore cinese, 3 ori olimpici e 11 iridati nelle gare dai 200 ai 1500 metri stile libero, ai Mondiali sudcoreani del 2019 a Gwangju, vince gli ultimi titoli (200 e 400) fra le polemiche. La Federazione mondiale degli sport acquatici (Fina) non lo ha squalificato nonostante in un controllo antidoping del 4 settembre 2018 le sue guardie del corpo abbiano distrutto le provette dopo il prelievo. La Wada, l’Agenzia mondiale antidoping, fa ricorso al Tribunale arbitrale dello sport (Tas), che squalifica per 8 anni Sun Yang, ma non applica la sentenza retroattivamente e quindi non gli toglie le medaglie di Gwangju perché in quella sede al cinese viene riconosciuto il diritto di partecipare perché assolto dalla Fina. Sun Yang fa ricorso al Tribunale federale svizzero, sostenendo che il presidente del Tas che ha esaminato il ricorso della Wada, l’italiano Franco Frattini, prima del processo aveva espresso pubblicamente giudizi offensivi contro la Cina e i cinesi, facendo venir meno la sua imparzialità. Il Tribunale federale svizzero accoglie il ricorso, dispone la ripetizione del processo davanti al Tas, con un altro presidente stavolta. Il processo viene celebrato a maggio e si arriva alla sentenza definitiva del Tas: 4 anni e 3 mesi di squalifica per Sun Yang, che non potrà partecipare all’Olimpiade di Tokyo, il mese prossimo, eventualmente potrebbe a quella di Parigi 2024.
L’interesse per questa vicenda, a parte il clamore mondiale, ha scarso rilievo per l’Italia, visto che Sun Yang da anni non è più competitivo negli 800 e 1500 metri, gare in cui l’azzurro Gregorio Paltrinieri, recenti malanni fisici a parte, ha vinto ori mondiali e olimpici dal 2015 e si presenta ancora come favorito. Ma, come ho fatto notare, questa squalifica è legata a un’altra vicenda italiana, quella di Alex Schwazer, anche lui in attesa di una decisione del Tribunale federale svizzero che gli permettesse di andare a Tokyo, anche lui alla fine deluso e squalificato. Era stato proprio il marciatore altoatesino a creare un parallelo fra le due storie, sostenendo la tesi di favoritismi per Sun Yang da parte del Tribunale federale svizzero. I seguenti due link (https://www.sportsenators.it/1
Nell’intervista già citata, Schwazer accusa la Federazione internazionale di atletica (Iaaf) e l’Agenzia mondiale antidoping (Wada) di aver favorito Sun Yang decidendo la revisione del processo davanti al Tribunale arbitrale dello sport. Ecco le parole di Schwazer: “… Decidono a loro piacimento. Noi abbiamo fatto ricorso, dimostrando i pregiudizi e mettendo in evidenza le bugie che hanno portato al mio stop. Niente. La difesa di Sun Yang, invece, ottiene l’annullamento della squalifica per due tweet sui cinesi che uccidono i cani, del presidente Frattini”.
Facevo notare che la Wada non c’entrava con quella decisione (e neanche la Iaaf per i motivi già detti), che era il Tribunale federale svizzero l’ente coinvolto, che Sun Yang non era stato assolto e che il processo si doveva rifare davanti al Tas. Adesso, dopo la definitiva condanna di Sun Yang, è acclarato che Schwazer aveva indebitamente messo insieme due cose incompatibili per dimostrare che la Wada aveva usato due pesi e due misure con lui e con il nuotatore cinese.
C’è però qualcos’altro che merita attenzione nell’ultimo stop a Schwazer nel suo tentativo di gareggiare a Tokyo. Intanto, va detto che se l’Olimpiade giapponese è definitivamente proibita per lui, nel merito della questione non si è ancora arrivati alla tappa conclusiva. Il Tribunale federale svizzero, infatti, ha negato la sospensione della squalifica attualmente in vigore, sospensione richiesta da Schwazer come ultimo e disperato tentativo per andare a Tokyo. Ma una decisione nella sostanza della squalifica è rinviata, se ne potrà discutere dopo le Olimpiadi, anche se, viste le motivazioni con cui è stata negata la sospensiva, è difficile pensare a una sentenza che dia ragione a Schwazer.
Chiarito questo punto, c’è qualcosa di interessante nelle reazioni di Schwazer e del suo staff, tecnico e legale, alla decisione del Tribunale federale svizzero. Tutti si mostrano indignati, ma, andando a osservare bene il tenore delle dichiarazioni e i “bersagli” delle critiche, a non essere quasi citato è proprio il Tribunale che ha emesso il verdetto che stronca le ultime speranze di atleta, allenatore e avvocato. Il marciatore dice: “Non c’è alcun tipo di rabbia o frustrazione da parte mia sulla decisione del Tribunale federale svizzero che non mi ha concesso la sospensione temporanea della mia squalifica, nessun tipo di rimpianto, sapevo sarebbe stato difficile che venisse sospesa la mia squalifica”. L’avvocato Gerhard Brandstaetter: “Non ci fermeremo, ci sono Tribunali penali, civili e la Corte europea dei diritti dell’uomo. Procederemo a tutelare gli interessi di Schwazer in tutte le sedi competenti confidando che le autorità sportive, e no, italiane vogliano a loro volta intraprendere tutte le iniziative necessarie e utili per tutelare gli interessi di Alex Schwazer ma anche dello sport italiano, nonché la reputazione della magistratura italiana. Peccato perché Alex nonostante tutto si è allenato con grande impegno ed era in splendide condizioni fisiche”. Il tecnico Sandro Donati: “È stato un gioco infernale organizzato, questo è un imbroglio con complicità altissime, ma nessuno di noi contro la forza straripante può fare qualcosa: contro le forze la ragione non vale. Wada e Iaaf hanno fatto ogni passo all’unisono. Che razza di Agenzia mondiale antidoping è se rinuncia alla terzietà schierandosi assieme a World Athletics?”
Insomma, toni indignati, tuoni e fulmini, ma un attacco specifico al Tribunale federale svizzero non si riesce davvero a trovarlo. Schwazer dice di non provare rabbia, l’avvocato Brandstaetter parla di Tribunali penali, di Corte europea dei diritti dell’uomo, delle Autorità sportive, il tecnico Donati mette sotto accusa Wada e Iaaf. E neanche una parola sul Tribunale che ha emesso la decisione che spezza definitivamente le speranze di Schwazer. Come mai? L’unico riferimento concreto è che il Tribunale federale svizzero non è un Ente sportivo, è qualcosa di completamente distaccato da qualsiasi Autorità sportiva. E allora, se Schwazer e chi lo sostiene puntano tutto su un complotto internazionale, come si può inquadrare in questo complotto un Tribunale che con l’ordinamento sportivo non ha alcunché a che fare? Se davvero ci fosse un complotto, così semplice da dimostrare secondo Schwazer, Donati e Brandstaetter, la prima Istituzione non appartenente al mondo sportivo, vale a dire il Tribunale federale svizzero, non avrebbe alcuna difficoltà a constatarlo e a regolarsi di conseguenza, smontandolo e dando ragione a Schwazer. E invece, succede che anche una Istituzione non sportiva giunge alle stesse conclusioni o, quantomeno, non vede alcun motivo per una interpretazione diversa da quella cui sono giunti tutti i Tribunali sportivi.
Si può obbiettare che anche il Gip Bellino, del Tribunale di Bolzano, istituzione non sportiva, è giunto alle stesse conclusioni di Schwazer, riconoscendo un complotto contro di lui, ma bisogna ricordare che la sua decisione è una interpretazione, non una sentenza, basata su tesi di una parte sola, quella di Schwazer, alle quali non sono state contrapposte tesi contrarie, quelle di Wada e Iaaf, perché non è stata data loro la possibilità di controbattere, ma solo di mandare memorie che non potevano essere esaustive nel momento in cui la parte di Schwazer forniva le sue tesi. E, ricordiamolo, al di fuori del procedimento in Tribunale, tutte le parti coinvolte, soprattutto la Wada, ma anche medici non di parte, hanno fornito spiegazioni molto precise che controbattevano le accuse di Schwazer, ma tutto questo era appunto al di fuori del Tribunale proprio perché il Gip Pellino non aveva dato la possibilità che facessero parte della contrapposizione. Appena si è arrivati a discuterne in una sede che ha considerato le tesi di entrambe le parti, le accuse di Schwazer sono state stroncate.
E proprio quest’ultima Istituzione che ha dato torto a Schwazer sulla base di tesi contrapposte e non di una parte sola, guarda un po’ che coincidenza, non viene attaccata dal marciatore e dal suo staff. A questo punto, è ancora più facile capire cosa è successo in tutti questi anni, come e perché. Ed è ancora più facile lasciarsi alle spalle questa brutta storia