A trentasei anni Alessandro Fabian si sta costruendo una seconda carriera. Dopo esser stato escluso dalla Nazionale che avrebbe preso parte all’Olimpiade di Tokyo nel 2021, il portacolori del team Elements ha deciso di investire ancor di più nel triathlon puntando tutto sull’Ironman, una specialità estenuante, ma che gli sta regalando grandi soddisfazioni.
Dopo essersi messo in luce sulla mezza distanza, l’esperto padovano si è trasferito in Messico per preparare l’esordio nella disciplina regina insieme a Cecilia Ramírez e José Luis Cordova della Società “Veratrix” di Xalapa. Un’esperienza che potrebbe esser soltanto il prologo di un viaggio per Fabian.
Come sta andando la sua esperienza in Messico?
Per ora bene. In Messico c’ero già stato per delle gare, però mi serviva questo periodo per fare altura trovando un gruppo che mi aiutasse ad ambientarmi. Ho centrato l’obiettivo, anche se star oltre due mesi lontano dalla famiglia non è facile.
Come ci si allena a oltre duemila metri sul livello del mare?
Non è la prima volta che faccio altura, ma non sono mai andato oltre i 2200. Ora mi trovo a 2400 metri, tuttavia necessitavo di questo ritiro soprattutto da un punto fisiologico perché l’altura mi ha sempre fatto bene. Al tempo stesso avevo bisogno di trovare un ambiente che mi permettesse di tornare nel mio mondo, in cui focalizzarmi come un monaco.
Quali sono le difficoltà che si incontrano?
Tutto è più difficile perché l’aria è più rarefatta, di conseguenza l’emoglobina fatica maggiormente a legare le particelle d’ossigeno e ciò rende più complicato allenarsi così come gareggiare senza dimenticare il sonno. La prima settimana deve esser quindi d’adattamento al fine di poter poi essere pronti. Non è la prima volta che faccio un ritiro in altura; tuttavia, so perfettamente che questa possa esser un’arma a doppio taglio.
Perché ha deciso di puntare sull’Ironman dopo la top ten all’Olimpiade di Londra 2012?
Fondamentalmente dopo l’esclusione dalla Nazionale nel 2021 ho iniziato ad allungare le distanze tanto che quest’anno ho partecipato a gare di mezzo Ironman. A quel punto mi sono lanciato verso questo nuovo cammino perché si tratta pur sempre di triathlon, ma con distanze che caratterizzano questo mondo. Mettermi alla prova e metabolizzarmi con questo sforzo era un modo per coronare la mia carriera.
Quali sono le differenze rispetto a un triathlon olimpico?
Una è la distanza perché in questo caso siamo chiamati ad affrontare 3,8 chilometri di nuoto, 180 chilometri di ciclismo e una maratona per la corsa. L’altra riguarda invece la frazione in bicicletta che dobbiamo affrontare come se fosse una cronometro, con mezzi ad hoc e senza poter sfruttare la scia degli avversari.
Come si recupera da prove di questo genere?
Sono sforzi diversi rispetto al triathlon olimpico o al mezzo Ironman. Quest’ultimi due prevedono molti picchi e una gestione delle energie legata maggiormente all’intensità. Nell’Ironman invece l’intensità è più bassa, ma è richiesta una resistenza maggiore e una fatica più prolungata che si può recuperare solo con una vita d’atleta.
In questa tipologia di gare, quanto l’ha sta aiutando l’esperienza a cinque cerchi?
Da un punto di vista generale mi sta aiutando assolutamente perché si sta parlando di tre discipline che ho sempre affrontato. Dal punto di vista prestativo cambia perché le tipologie di gara sono diverse e quindi è necessario resettare il tutto, tuttavia il gesto rimane lo stesso.
Quali sono i suoi prossimi obiettivi?
Fondamentalmente l’obiettivo più vicino è l’Iroman Ironman di Cozumel, in programma in Messico il prossimo 24 novembre. Da lì vedremo di specializzarmi su questa distanza e vedere cosa riesco a raccogliere. In questo momento non mi do’ troppi obiettivi perché voglio capire se riesco ad adattarmi ed esser prestativo. Intanto sto cercando di metter insieme le esperienze della mia carriera e godermi il viaggio come ultimo capitolo.