Questo pazzo, pazzo, 2020, interrotto, spezzato, recuperato, frammentato, rimaneggiato, silenziato, complicato, ridotto ha però definito la griglia di partenza più verosimile per il 2021. Subito alle spalle dei soliti noti, Djokovic e Nadal – in attesa di buone nuove da Roger Federer -, il giocatore che si è dimostrato più solido e credibile al vertice è Dominic Thiem. Che, con l’apporto di coach Nicolas Massu, ha fatto il decisivo salto di qualità come attitudine atletica in generale e sulle superfici veloci, aggiungendo varianti importanti all’arsenale di potenti bordate da fondocampo, compensando i limiti sul rovescio e fortificando l’uno-due, servizio-dritto.
Così, al culmine dei suoi progressi, come premio per il gran lavoro fatto, ha firmato agli Us Open il primo Slam, dopo le finali sfortunate degli ultimi due Roland Garros e gli Australian Open di gennaio: a New York, ha convinto, dimostrandosi davvero superiore a veterani come Cilic, lottatori come de Minaur, guastafeste come Medvedev e aspiranti al trono di numero 1, come Sascha Zverev. Il calendario rivoluzionato, e quindi il poco tempo a disposizione per rifiatare lo hanno penalizzato al Roland Garros dov’è arrivato da favorito per via della specializzazione sulla terra rossa e per le condizioni di campi e palle pesanti.
Ma, a Parigi, l’erede di Thomas Muster non è mai stato brillante e, nel momento topico, ha confermato i limiti di fantasia e di qualità. Dopo aver smascherato Casper Ruud in tre soli set, ha infatti sofferto troppo per domare il francesino Hugo Gaston e ne ha pagato le conseguenze con l’eliminazione nei quarti contro Diego Schwartzman. Cinque set così duri, uno dietro l’altro devono far riflettere lui e il suo staff. Così come il film delle ATP Finals di Londra: “Domi” ha bocciato Tsitsipas, ha vinto il braccio di ferro allo specchio contro Nadal, poi ha superato anche Djokovic con una prova davvero magistrale ma, sotto il traguardo, ha perso di mezza incollatura contro Medvedev.
Ancora una volta gli è mancato un centesimo per fare una lira: che cosa esattamente? E’ colpa soprattutto del suo gioco tutto in spinta, prendendosi continuamente estremi rischi, malgrado lo slice – che ha inserito recentemente nei fraseggi da fondo campo – lo aiuti a rifiatare. La prossima frontiera per lui è a rete, nella ricerca in avanti di soluzioni più rapide. Solo così potrà fare un passo avanti anche nello Slam finora più avaro di soddisfazioni, sull’erba di Wimbledon.
Perciò, con tutto il rispetto per la dedizione e i progressi dell’austriaco, il primo giocatore che, se davvero lo vorrà, si presenta per noi come il più agguerrito e credibile rivale dei “soliti noti”, Djokovic-Nadal-Federer, è piuttosto Daniil “Spennacchiotto” Medvedev dai colpi imprevedibili, capace di cambiare l’inerzia di qualsiasi colpo e situazione. Come ha dimostrato negli ultimi due anni esaltandosi sui campi più veloci. Vediamo come comincia la stagione, se è diventato più calmo e paziente nell’affrontare il più lento e vivo cemento all’aperto, quando magari non può trasformare in micidiali boomerang le bordate degli avversari, e le condizioni esterne cambiano variando anche quelle di palle e campo. Il responso dei primi test sarà decisivo per la stagione sulla terra rossa.
“Il mio obiettivo è superare un turno al Roland Garros”, ridacchia infatti lui, con spiccato senso dell’umorismo, ricordando che in tre anni si è fermato sempre al primo ostacolo. Ma, al di là della sua pigrizia, dei problemi tecnici nello spingere palle senza peso e tenere la concentrazione nei lunghi scambi da fondocampo, anche come personalità, Daniil è più avanti rispetto agli ex contendenti delle fortunate Next Gen Finals di Milano. Non è facile contrastare il feroce pubblico di New York come ha fatto il russo l’anno scorso e poi svegliarsi all’improvviso dal letargo e sbaragliare ancora la scena dei più forti, col suo tennis unico, personalissimo, coi titoli a Parigi-Bercy e alle ATP Finals di Londra. Ancora una volta è stato impressionante ma, dopo aver migliorato sensibilmente servizio e percentuali di discese a rete, deve lavorare moltissimo sulla continuità di rendimento.
Subito dopo Daniil dal tennis così personale, come credenziali di talento, fra i pretendenti al ruolo di rivali dei “grandi vecchi”, ci starebbero Stefanos Tsitsipas e Denis Shapovalov. Ma, nel 2020, tutti e due i genietti del nuovo tennis hanno subito pesanti bocciature. Un po’ come il primo Federer, devono ancora imparare a selezionare i colpi del loro invidiabile repertorio oltre a fortificarsi maggiormente sulla parte sinistra, dove entrambe si esaltano ma sono ugualmente esposti dal meraviglioso rovescio a una mano.
Andrey Rublev ha sicuramente migliorato molti aspetti del suo gioco e della attitudine in campo ma, quando è stato chiamato dal livello del torneo e degli avversari a scalare ulteriormente marcia si è trovato nudo alla meta, un po’ come il “gemello” Karen Khachanov (a livello inferiore). Per cui, frustrato dopo i cinque titoli stagionali conquistati e le legittime aspirazioni da ex star juniores che si è rigenerato dopo i guai alla schiena, ha denunciato ancor più clamorosamente i limiti di tenuta nervosa. Così, dopo il test-ATP Finals, oggi come oggi, rimane nel novero dei giocatori pericolosi, capaci di prestazioni importanti, ma sembra ancora un po’ acerbo per uno Slam, con tante partite in cinque set, tante pressioni in più e tanti avversari di qualità superiore, tutto insieme.
Dietro Medvedev, il candidato numero 2 ad alternativa alla fenomenale triade Djokovic-Nadal-Federer (in ordine di classica), dovrebbe essere quindi Alexander “Sascha” Zverev. Che, una volta superata la causa legale con l’ex manager, una volta metabolizzate le due brucianti questioni della precoce paternità e delle accuse di violenza domestica dell’ex fidanzata, sarà più libero e sicuro e molto più motivato nel tennis.
Del resto, malgrado portasse questo pesante fardello, quest’anno, malgrado dovesse sopportare sempre imbarazzanti domande personali, il tedesco dalla gran potenza ha comunque raggiunto le semifinali di Melbourne cedendo di poco a Thiem, l’avversario col quale ha ceduto solo al tie-break del quinto set nella finale degli Us Open. Alla ripresa, ha deluso al Roland Garros perché avrebbe dovuto trovare un’alternativa contro un avversario molto più inesperto, ma Jannik Sinner ha poi fatto soffrire anche Rafa Nadal dimostrandosi già competitivo e confermandosi un prospetto di sicuro avvenire. Comunque sia, Zverev è stato bravo a reagire subito, aggiudicandosi i due tornei di Colonia, così come a superare Wawrinka e Nadal a Bercy. Poi a Londra è stato travolto ancora una volta dai problemi personali e comunque ha perso contro avversari di grandissima levatura, come Medvedev e Djokovic. Per la versatilità e per i grandi margini di progresso, ma anche per i miglioramenti che ha fatto con mastro David Ferrer, si è auto-inserito nella rampa di lancio per un grande 2021
Per scaramanzia, ci asteniamo sugli italiani. Ma viene naturale sorridere già per il fatto che ci siano tante aspettative, per motivi diversi, su addirittura cinque azzurri, da Berrettini a Sinner, da Fognini a Sonego, a Musetti. Sulla strada delle prime ATP Finals nel nostro paese, il 14-21 novembre al PalaAlpitour di Torino.
*articolo e foto (da Getty Images) ripresi da www.supertennis.tv