Impressionante, schiacciante, stra-sicuro, imbattibile. Daniil Medvedev ha dominato i primi due turni degli Us Open, contro Richard Gasquet e Dominik Koepfer, con una facilità e una superiorità tecno-tattica ed emotiva che non gli avevamo mai visto prima. Al di là dei due facili punteggi, 6-4 6-3 6-1 all’esordio contro il francese e 6-4 6-1 6-2 contro il tedesco, il dominio da fondocampo del 25enne russo è talmente forte che soffoca letteralmente gli avversari. E, appena ha un minimo problema, sfrutta le due armi paralizzanti del gioco moderno, servizio e risposta, in modo micidiale, scoraggiando qualsiasi ulteriore velleità di chi sta di là del net. Così diceva l’espressione del viso e la gestualità del corpo di Gasquet e così ha confermato quella di Koepfer. Entrambe erano evidentemente sconfortati dalla piovra dalle lunghissime e snodabili gambe che, come il Kraken dei Pirati dei Caraibi cinematografico, avviluppava pian pianino anche la loro anima, ingoiandoli nella su bocca vorace.
Non è una novità che il numero 2 del mondo abbia queste peculiarità tecniche da fondocampo, dal 2017 è il terzo giocatore dell’ATP Tour con più punti vinti da quella parte del campo, dopo i due Fab Four, Novak Djokovic e Rafa Nadal, con una percentuale emblematica delle attuali gerarchie mondiali. Se infatti l’indiscusso numero 1 del ranking, Nole I di Serbia, vanta un bel 57% di punti vinti da fondo, il grande di Spagna è vincente al 56.9%, davanti al numero 1 di Russia, col 55.7% e quindi Dominic Thiem, col 55%, ma al momento in bacino di carenaggio col polso spezzato.
Se andiamo ad analizzare la tabella della consistenza nei colpi da fondocampo, poi, ecco spuntare fuori il vero motivo degli importantissimi progressi del giocatore che più degli altri si avvicina ai più forti di sempre anche negli Slam: Daniil risulta infatti primo col 90.8%, davanti a Roberto Bautista Agut col 90.5% e Novak Djokovic col l’89.8%.
Questo dato si traduce nella assoluta necessità dell’avversario di fare qualcosa in più, nel forzare i proprio gioco per uscire dalla ragnatela del numero 2 del mondo. Ecco quindi che è costretto ad attaccare, anticipando, forzando, rischiando i colpi. Peccato che a quel punto si trovi davanti un altro muro perché Medvedev è anche bravissimo in difesa, come dice il 45% dei punti contro Koepfer. E come dicono le statistiche ATP sulla risposta al servizio, dove compare al quinto posto, con 158.2, contro il 169.98 del primatista Nadal, il 169 di Schwartzman, il 167.4 di Djokovic e 161.8 di Alcaraz.
Su questo tema, una ricerca di Craig O’Shannessy rileva come Daniil, alla risposta, si posizioni lontanissimo dalla riga di fondo, scelta sbagliata nella maggior parte dei casi da parte degli altri giocatori ma azzeccatissima per lui. Visto che quest’anno ha il record di guastatore con più break di servizio del circuito.
Un’analisi Infosys ATP Beyond The Numbers sui campi in cemento rivela infatti che Daniil è riuscito nell’impresa 75 volte in 20 match, fermandosi proprio l’amico e connazionale e Andrey Rublev a Cincinnati. Rispondendo così da lontano, Medvedev trova l’equilibrio migliore e tira praticamente un normale colpo da fondo campo, come in uno scambio, prendendo subito il comando delle operazioni contro il battitore: la sua qualità è talmente alta che gli consente di ottenere una velocità media di risposta sulla prima di battuta di 110 chilometri all’ora, che poi corrisponde alla media del secondo servizio dell’avversario. E sicuramente scoraggia qualsiasi giocatore.
Del resto un altro campo in cui Medvedev eccelle è a sua volta il servizio: la sua prima palla che in generale viaggia a una media di 196 chilometri l’ora, nei primi due match degli US Open, visto che non ha avuto bisogno di forzarla, si esprime a una media di 186 all’ora. Creando un ulteriore problema e soprattutto un evidente, ulteriore, apporto fisico all’avversario, chiamato a una continua e possente pressione dall’uno-due, servizio-colpi da fondo.
E’ chiaro che l’antidoto per contrastare questa formidabile macchina da guerra sia un avversario molto potente. E scorrendo i nomi che Daniil potrebbe incrociare nel prossimo futuro a New York vediamo quello di Alexei Popyrin, il 22 australiano, che potrebbe avere queste caratteristiche.
Ma, se mai la sfida di quarto turno avverrà davvero, il numero 73 del mondo che in altezza rende appena due centimetri al pivot Medvedev – 196 contro 198 – dovrà risolvere gli altri problemi tecno-tattici che ha incontrato nei tre precedenti contro Daniil, perdendoci tre volte su tre, sempre su superfici veloci, da Wimbledon 2019 agli Australian Open 2020 a Miami 2021.
Dalla visuale dei quarti è scomparso Kevin Anderson, che ha perso con Schwartzman. Quindi, se continuerà così, col suo “piano A”, Medvedev sembra lanciato verso la semifinale della parte inferiore del tabellone dove già troneggia da numero 2 del mondo e finalista 2019.
Quando, alla prima esperienza Slam di quel livello, perse, non dimentichiamolo, soltanto dopo una finale epica, per 7-5 6-3 5-7 4-6 6-4 in 4 ore e 51 minuti contro uno strepitoso Rafa Nadal.
Due anni dopo, Daniil ha una presenza e una sicurezza diverse ma, soprattutto, agli Us Open, sta dimostrando anche un’attitudine e un comportamento da sicuro protagonista, e da autorevole pretendente al trono. Anche se l’altro nome della semifinale dovesse essere Tsitsipas o Rublev.
Non dimentichiamo poi che il cemento in assoluto è la sua superficie preferita: ci ha vinto 11 dei 12 tornei ATP, 6 all’aperto come a Flushing Meadows dove si disputano gli US Open. E quest’anno è il primo come punti sul duro col 54.7% (1637/2992) contro il 54.6% (1791/3279) dell’amico Rublev.
Che potrebbe ritrovare in semifinale a New York nella rivincita della semifinale di Cincinnati quando Daniil fece a botte con una telecamera che non sarebbe dovuta essere così dentro il campo e poi si perse, fors’anche impaurito dai dolorino che sentiva e dalle conseguenze che avrebbe potuto avere quello scontro imprevedibile sulla strada degli US Open. Dove sogna di conquistare il primo Slam.
Vincenzo Martucci (Tratto da supertennis.tv)