Il potere cieco, prepotente, intransigente, cattivo del burocrate, del dirigente, dell’arbitro che impone una regola e stravolge lo spirito del gioco, è quello che l’atleta odia di più, insieme agli infortuni. Peggio ancora, quando il potere di cui sopra, quello tutto chiacchiere e distintivo, di De Niro-Capone negli Intoccabili cinematografico, per intenderci, si scatena contro un ex grande, una Tigre diventata gattino. Sì, troppo il famoso Tiger Woods che ha appena confessato: “E’ possibile che non giocherà più a golf”.
Succede a Jersey City (New York), nella Presidents Cup, la gara che si disputa negli anni dispari fra una rappresentativa degli Stati Uniti e una del Resto del mondo ad esclusione dell’Europa (che invece disputa la più famoso Ryder Cup biennale), dove le regole salgono in cattedra squalificando un giorno Anirban Lahiri per aver violato una piccola norma e un altro giorno il più famoso Jordan Spieth, numero 2 della World Ranking, per averne ignorata una ancor più oscura. Ma la circostanza antipatica non è quella che ha visto il 24enne asso statunitense, già campione di tre Slam, colpevole di aver tirato su dal green una palla colpita da Louis Oosthuizen che aveva nettamente sbagliato il putt, superando di due metri abbondanti la buca, ma che ancora non s’re fermata. “Rules are rules”, come direbbero gli inglesi, “dura lex sed lex”, reciterebbero i latinisti. Ma il web s’è scatenato lo stesso accusando l’arbitro di lesa maestà. L’esperto giudice dell’European Tour, Andy McFee, dopo aver discusso via walkie talkie con giocatori e capitani delle due squadre, ha applicato, sì, fermamente il regolamento ma, mentre Tiger Woods, vice capitano degli statunitensi gli chiedeva lumi, ha risposto, allontanandolo con il braccio: “Questo è fra me e Spieth”, per porre la domanda classica al giocatore: “Hai sollevato la palla? E quando l’altro ha risposto “Sì, perché il pubblico mi diceva di sbrigarci”, lo ha squalificato alla dodicesima buca, con perdita della stessa, per aver violato la regola 1-2, cioè per “aver esercitato influenza su una palla dell’avversario”!?!?!
Se andate a caccia del fattaccio su youtube, il sorrisetto di Spieth è il commento più eloquente. L’arbitro non è stato sgarbato, non è stato violento, ma il suo gesto è stato colto dagli appassionati come una prepotenza verso il gioco e la sportività dei suoi veri attori, e come uno schiaffo al GOAT, l’ennesimo segnale di decadenza del campione di 14 Slam, poi bloccato dal 2014 da infortuni personali e fisici. Vedere Tiger così dimesso, così maltrattato, così impotente è suonato come l’ennesimo affronto per i suoi fans, fra i quali ci sono Spieth e tutti i protagonisti della Presidents Cup.
Per la cronaca, Oosthuizen e Day, alla buca successiva, erano talmente in difficoltà per l’accaduto, che hanno offerto agli statunitensi di concedergli la buca, così da tornare in parità. Ma Spieth ha rifiutato. “C’è stata tanta buona volontà e sportività fra di noi, è una regola di me…”, ha commentato il capitano ospite, Nick Price. “E’ stato davvero un peccato, mi dispiace per Jordan. Dispiace a tutti noi, perché non ha agito con malizia”.
Lo sport, comunque, vince sempre: Spieth e Reed hanno vinto il confronto 2 & 1, coi birdies alla 16 e 17. E le regole del golf così antiquate e spesso incomprensibili hanno perso ancora, insieme agli arbitri. Indispensabili, ma… Cercate voi l’aggettivo.
VINCENZO MARTUCCI