L’Atalanta è quasi fuori
Una vittoria per la Juventus con gol di Higuain, Bernardeschi e Ronaldo. Un’altra sconfitta per l’Atalanta, stavolta non dominata ma beffata, e con un rigore sbagliato da Ilicic. Stasera l’Inter e il Napoli.
Giornata 2 Real Madrid-Bruges 2-2, Galatasaray-PSG 0-1 | Stella Rossa-Olympiakos 3-1, Tottenham-Bayern 2-7 | Atalanta-Shakhtar 1-2, Manchester City-Dinamo Zagabria 2-0 | Juventus-Bayer Leverkusen 3-0, Lokomotiv Mosca-Atlético Madrid 0-2 | Stasera Genk-Napoli, Liverpool-Salisburgo | Slavia Praga-Borussia D., Barcellona-Inter | Lipsia-Lione, Zenit-Benfica | Lille-Chelsea, Valencia-Ajax
Juventus-Bayer Leverkusen
Il Pipita che volevano vendere
Onomatopee
Tah! Il rumore del pallone calciato in porta dal Pipita Higuain è anche una delle cause del primo gol della Juventus. Jonathan Tah sbaglia alla Jonathan Tah – palla colpita male di testa al limite dell’area – e Gonzalo fa quello che fa un Higuain in queste situazioni: mette la palla prima per terra, poi in porta. Tutto col destro in tre secondi, senza dare il tempo a difensore e portiere di intervenire. Così fanno i grandi attaccanti. Allargando l’inquadratura, è il caso di valutare tutta la partita e scrivere con il pennello grande che il Pipita è ancora un grande numero 9. Potrebbe vestire il 21, il 99 o anche il 3, ma il discorso non cambierebbe.
Luca Bianchin, Gazzetta dello sport
L’essenza. E se il pallone lo tiene più spesso il Bayer della Juve, poi che se ne fa se c’è Higuain nella parte giusta del prato? Numeri e statistiche, diagrammi e disegnini vengono spazzati via dal tornado della classe, è questa l’unica vera tattica del calcio: avere i più bravi e dargli il pallone. ~ Maurizio Crosetti, Repubblica
Atalanta-Shakhtar
Perdere all’ultimo tiro
I vuoti d’aria
In campionato specialista nell’ andare sotto per poi ribaltare la partita, ieri a San Siro ha subito un contrappasso. In vantaggio col centravanti (testata su assist di Hateboer), ha continuato a volare alto, subendo dei vuoti d’ aria. Che sono risultati decisivi.
Matteo Magri, Corriere della sera
Ora che quasi tutto è perduto e c’è poco altro da perdere, forse anche in Europa vedremo l’Atalanta sciolta, irriverente, sfacciata che ammiriamo in campionato. ~ Fabio Bianchi, la Gazzetta dello sport
L’Atalanta è un modello di calcio europeo, ma di questo calcio prende sia tutto il meglio che tutto il peggio. Il peggio è la superficialità nelle coperture preventive, quella strana idea che non si possa difendere mai in posizione ma solo in avanti, andando a mille all’ora. ~ Claudio Savelli, Libero
Tottenham-Bayern
Pochettino da fenomeno a discusso in 4 mesi
Allegri incombe
Il manager argentino ha il contratto valido fino al 2023, ma questa botta può lasciare il segno. In tribuna, in vacanza, era segnalato Max Allegri: è lui la prima soluzione in caso di ribaltone
(…) L’atletica leggera ha forse perso un campione, ma il Bayern da ieri sera si ritrova con un fuoriclasse in più: il poker calato da Serge Gnabry, sprinter in tenera età poi conquistato dal fascino del calcio, è il diamante del 7-2 ottenuto dal club tedesco nella tana del Tottenham. ~ Stefano Boldrini, la Gazzetta dello sport
A scuola. Il Guardian scrive che Allegri sta prendendo lezioni di inglese, con la consapevolezza di essere in una ristrettissima rosa di candidati a prendere il posto di Solskjaer al Manchester United.
Barcellona-Inter
Conte visto dalla Spagna
Un uomo insoddisfatto
I suoi giocatori lo sanno, divisi tra chi lo adora e chi lo odia, ma uniti in una convinzione: poche volte vedranno il loro allenatore felice. È guidato dall’ossessione per i dettagli, la perfezione, da tre pilastri che rivendica senza stancarsi: testa, cuore e gambe
Francisco Cabezas, El Mundo, ieri
Ha cercato di costruire un’unità coesa per rafforzare lo spirito di squadra negli ultimi tre mesi, una mossa che ha funzionato con i tifosi. ~ Belen Lazaro, Marca
Dategli un quarterback
Il calcio che offre non è spettacolare ma estremamente competitivo. Preparare le partite al dettaglio, come se fosse una partita di football americano, quasi giocata per giocata. ~ Juan B. Martínez, La Vanguardia
Cholista? A me?
Conte non è interessato al possesso e al controllo del gioco, ma piuttosto riduce l’abilità dell’avversario e in questo ha una forte somiglianza con lo stile dell’Atlético di Simeone. È una squadra competitiva al massimo, con il volto del suo allenatore. Se ha subito solo due gol in Serie A un motivo deve esserci. ~ Sergi Solé, Mundo Deportivo
Quando saltò tutto con il Real
Un intermediario dice che, avendo visto non gli avrebbero praticamente dato alcun potere, e dopo aver saputo che Sergio Ramos aveva fatto riferimento a lui in termini aggressivi alla fine del Clásica (“Il rispetto non si impone. il rispetto si guadagna”), Conte avrebbe sparato alto imponendo cinque condizioni. ~ Diego Torres, El País, 14 novembre 2018
Come si presenta al Camp Nou. Conte si è smarcato da Mou in un altro modo: «Non siamo venuti con l’elmetto». Chi ci ha visto del veleno, esagera. Antonio ha in mano una squadra giovane che dev’ essere educata al coraggio, alla costruzione, al gioco e non all’epoca della resistenza. ~ Luigi Garlando, la Gazzetta dello sport
Parola di de Jong
A proposito di olandesi, con De Vrij è in contatto?
«Sì, ci sentiamo e non vedo l’ora di sfidarlo. Era contentissimo dell’arrivo di Conte, e mi parla di una squadra solida dove tutti lavorano per gli altri. Penso sia merito dell’allenatore».
Cosa pensa della difesa a 3 dell’Inter?
«Che ha tre grandi giocatori: dobbiamo studiarla bene, individuare dove lasciano spazi e provare a entrare in quei buchi. Se ci sono…».
Intervista di Filippo Maria Ricci, la Gazzetta dello sport
Nel frattempo ha segnato Icardi. È anche con partite così che ci si conquista il posto in squadra e nei cuori dei tifosi. Quest’ ultimo, in particolare, non un compito semplice vista la concorrenza frontale con l’ idolo degli ultrà Cavani. Ma Icardi ieri, al rientro dopo l’esordio da titolare al primo turno di Champions, si è guadagnato una buona dose di rispetto del popolo parigino. ~ Alessandro Grandesso, la Gazzetta dello sport
Genk-Napoli
Il senso di Ancelotti per i colpi di testa
Come sta cambiando il DNA in attacco
[S] A voler essere drastici si potrebbe dire che il Napoli sta chiudendo la stagione dei piccoletti, oppure in modo meno brusco che sta vivendo una mutazione genetica sul fronte d’attacco. L’addizione di Llorente alla rosa sta consentendo ad Ancelotti di accelerare un processo già avviato con Milik un anno fa: il Napoli cerca la porta anche per via aerea, e non solo palla a terra, con una frequenza e una continuità mai avuta negli ultimi anni.
Nelle prime 6 giornate di campionato, le conclusioni di testa sono state 23. Un numero che offre una proiezione finale di 145. Sarebbero più del doppio rispetto a un anno fa – il primo di Ancelotti – chiuso con 57 tentativi di testa. L’Inter che fu prima in questa classifica si fermò a 130.
Il sarrismo – quasi per definizione, per adesione ideologica a un modello – produceva un numero assai ridotto di colpi di testa verso la porta, sebbene nell’arco dei tre anni del ciclo (2015-2018) ci sia stato un crescendo: 42 – 56 – 57. Ma nel guardare da vicino queste conclusioni si scopre che avevano poco di strutturale. Nell’ultimo anno di Sarri i principali colpitori di testa in attacco sono stati i due centrali di difesa, Albiol e Koulibaly: segno di saltuarie e specifiche situazioni di gioco. L’anno precedente era stato Hamsik. Ancora prima Higuain: ma solo con 13 colpi di testa. Mai un giocatore del Napoli è stato fra i 10 con più conclusioni aeree del campionato fino all’arrivo di Ancelotti: Milik l’anno scorso (31 per lui) ha chiuso quarto. Llorente in queste sei giornate è primo.
Era stato già Benítez ad abbassare quota all’altitudine del gioco del Napoli. Il suo arrivo gettò il seme di uno stile che Sarri avrebbe poi raffinato. Al primo anno dello spagnolo (2013/14) le conclusioni di testa crollarono a 34, anche in quel caso erano considerate come delle alternative a un canovaccio: il più frequente finalizzatore era un difensore, Federico Fernández, seguito da Duván Zapata – all’epoca un panchinaro, la riserva di Higuain. Nel 2012/13, ultimo di Mazzarri in panchina, il Napoli aveva avuto Cavani, che con 27 colpi di testa aveva chiuso al secondo posto dietro Amauri fra gli specialisti, in un Napoli che si spinse a 72. L’ultimo Napoli che non considerava il colpo di testa come un’eccezione. Ora la sterzata con Ancelotti. E con Llorente.
“Non mi sembra che in giro ci sia così tanto calcio-champagne. Io sto a mio agio nell’area altrui ma persino meglio nella nostra. Io nel fortino ci sto bene”
Carlo Ancelotti
Però gioca Mertens. Non è facile rinunciare a Mertens, in questo momento, è il giocatore più in forma ma, soprattutto, sta garantendo la continuità sotto porta. L’attaccante belga è a un gol dal secondo posto nella classifica dei marcatori di tutti i tempi del club, occupato da Diego Maradona. ~ Maurizio Nicita, la Gazzetta dello sport
Come funziona uno spogliatoio con Klopp
Four Four Two ha dedicato la copertina e un imperdibile servizio di 11 pagine all’allenatore tedesco, incontrato nel suo ufficio e intervistato dal comico John Bishop per un progetto il cui ricavato andrà in beneficenza. La frase da titolo: “Quando sono arrivato, il Liverpool era come un giardino che aveva bisogno di un po’ di lavoro per tornare a dare fiori”.
Klopp ha svelato di aver saputo da un giornalista francese che George Weah e altri ex calciatori si sono sentiti sottostimati e discriminati dai compagni e hanno attribuito la ragione al razzismo. “Wow. Non potevo crederci. Non è la mia visione del mondo. Per quanto mi riguarda, a uno spogliatoio interessa se sai giocare a calcio o no, indipendentemente dal tuo colore, la religione o la razza. O sai giocare o non sai giocare. Questo conta. Al resto non bada nessuno. Noi abbiamo una sala di preghiera per Mo Salah e Sadio Mané. Ci sono altri precetti islamici che rispettiamo, incluso lavarsi prima della partita. Tutti qui accettiamo che siamo differenti, ma siamo al 100% dalla stessa parte”.
“Quando giocavo a Mainz, la Jugoslavia collassò e c’erano giocatori croati e serbi in squadra. Erano unitissimi. L’unica cosa di cui non parlavano era la guerra. Guardavano le news a casa ma quel che pensavano i serbi dei croati e viceversa non è mai diventato un problema nello spogliatoio. Non sto dicendo che non ce ne fossero fuori”.
“Pensavo davvero che gli abusi razzisti fossero spariti dal gioco. Quando ho sentito quello che è successo in Montenegro, con Callum Hudson-Odoi e Danny Rose vittime di cori razzisti, sono rimasto scioccato. Io guardo le partite senza audio perché non mi interessa quello che dicono gli opinionisti, perciò non afferravo come mai Sterling avesse le mani alle orecchie davanti ai tifosi montenegrini dopo il quinto gol. Dopo ho letto. Posso immaginare come si sentano questi ragazzi. È folle che sia ricominciato tutto questo. Diamo la colpa dei nostri fallimenti agli altri. La Brexit ne è un esempio. Perché abbiamo la Brexit? Perché vogliamo un confine. Perché gli altri non entrino nel nostro paese. Ecco perché non capisco il razzismo nel calcio. Il calcio riunisce persone da tutto il mondo per giocare insieme lo stesso gioco. Funziona bene anche se parli un’altra lingua. Certo, devi imparare – Naby Keita non sta giocando tanto perché capisce il 30% delle cose di cui parliamo. Lui piace a tutti ma non lo capisce abbastanza”.
“Io credo che il mio lavoro sia fare da serbatoio di riserva per i ragazzi, quando il loro livello di energia cala. Io glielo ripeto: Vi darò la mia forza. Io non ne ho bisogno. Vi prenderò a calci in culo se sarà necessario. Vi urlerò quando vi sentirete deboli. Meglio per loro essere aggressivi e affamati che non reagire e pensare: Oh, ho sbagliato. È meglio che pensino: il boss è un coglione, e poi vadano a dimostrare quel che sanno fare”.
Invece Claudio Lotito. «Non sempre i buu sono un atto discriminatorio o razzista. Ricordo che quando ero piccolo, spesso a chi non era di colore, che aveva la pelle normale, bianca, gli facevano buu. Andrebbe interpretato. Noi abbiamo tanti giocatori di colore, non penso che la Lazio faccia distinzione del colore della pelle».
Il Real Madrid in Champions non vince in casa da un anno
Dopo due giornate, la squadra di Zidane ha un solo punto in classifica. Nulla è compromesso visto che il Psg ne ha 6 e al secondo posto ci sono proprio i belgi con 2. Diario As titola: “Il Real affonda nell’abisso”. El Mundo Deportivo scrive di notte delle streghe. Per L’Equipe “il Real sfiora la catastrofe”.
Proprio El Mundo Deportivo ricorda che in Champions il Madrid non vince in casa da un anno, da 345 giorni per la precisione. Era il 23 ottobre e fu vittoria per 2-1 contro il modesto Viktoria Plzen. Seguirono due sconfitte: 0-3 contro il Cska e 1-4 dall’Ajax.
Tratto da loslalom.it
Il meglio del racconto sportivo. Scelto e commentato