“Non popolo arabo, non popolo balcanico, non popolo anticoma nazione vivente, ma nazione europea:e cosa sei? Terra di infanti, affamati, corrotti,governanti impiegati di agrari, prefetti codini,avvocatucci unti di brillantina e i piedi sporchi,funzionari liberali carogne come gli zii bigotti,una caserma, un seminario, una spiaggia libera, un casino!Milioni di piccoli borghesi come milioni di porcipascolano sospingendosi sotto gli illesi palazzotti,tra case coloniali scrostate ormai come chiese.Proprio perché tu sei esistita, ora non esisti,proprio perché fosti cosciente, sei incosciente.E solo perché sei cattolica, non puoi pensareche il tuo male è tutto male: colpa di ogni male.Sprofonda in questo tuo bel mare, libera il mondo.”
Pier Paolo Pasolini: il poeta con gli scarpini
Il 2 Novembre 1975 Pier Paolo Pasolini fu ucciso brutalmente travolto dalla sua stessa auto sulla spiaggia dell’Idroscalo di Ostia, nel comune di Roma.
A 43 anni della sua morte ci piace ricordarlo come un personaggio dalle mille sfumature, un eclettico che si è misurato in diversi campi dalla scrittura alla poesia, dalla sceneggiatura alla regia, esponendo con criticità le sue idee riguardo ai cambiamenti della società italiana dal secondo dopoguerra sino alla metà degli anni settanta non preoccupandosi mai delle forti polemiche e degli accesi dibattiti per la radicalità dei suoi giudizi.
Pasolini aveva una passione per il calcio illimitata fu infatti calciatore e dirigente di squadre giovanili.
Lo sport era il suo modo di sentirsi libero,la libertà tipica del bambino, che può galoppare senza remore dietro al pallone anche con il vestito della festa e i mocassini, perché non si può vedere una palla che spicca ruzzola e rimanere fermi a guardare senza far nulla.
Pasolini era un atleta sicuro, aveva un atteggiamento combattivo e i piedi buoni. Giocava mediano, oppure ala. Correva e si metteva a disposizione del gruppo e pur non avendo l’istinto del gol sapeva come aiutare i compagni: aveva intuiti brillanti, da numero dieci. La sua squadra del cuore era il Bologna.
Lo salutiamo con una splendida poesia, “Alla mia nazione” che racchiude tutta la carica della denuncia sociale, politica e culturale pasoliniana e che pur essendo stata composta intorno al 1960 è ancora sorprendentemente attuale.
Pier Paolo Pasolini, La religione del mio tempo, 1961
Anna Rita Cancia