Stasera a Parigi l’assegnazione del Pallone d’oro, il premio al miglior giocatore dei campionati europei. Nei giorni scorsi è cresciuta la voce di una nuova vittoria di Messi, nonostante nel 2019 gli siano sfuggite sia la Champions sia la Coppa America con la nazionale. Ieri ha risolto la partita Atlético Madrid-Barcellona e la stampa catalana (sia Mundo Deportivo sia Sport) in prima pagina stamattina titola: “Gol de oro”.
La beffa per il Liverpool. Il titolo del servizio d’apertura del quotidiano sportivo francese, stessa proprietà di France Football che assegna il premio, ci mette sulla strada: “Tappeto rosso ma non red?”. Come un anno fa accadde alla Francia campione del mondo, il Liverpool campione d’Europa potrebbe restare senza Pallone d’oro, perché “la consacrazione di un progetto collettivo può avere il suo aspetto negativo”. Scrive l’Equipe che “sarebbe un’ingiustizia, senza dubbio, in un anno in cui il il calcio inglese ha dominato il dibattito e portato 2 squadre nella finale della più prestigiosa competizione per club. Ma sarebbe anche la perpetuazione di una lunga storia”.
Regis Dupont aggiunge: “Se non uno del Liverpool, chi altro? Difficile, evidentemente, non guardare verso il Barcellona” e nel caso specifico Messi, definito “uno specialista di questi sacri furtarelli ai meritevoli come nel 2010 a Sneijder”. Che altro ci dovevano dire di più?
Stasera saranno consegnati anche il premio al miglior portiere, al miglior giovane, alla miglior giocatrice.
Uno sport in pasto a due creature
[S] Come nel caso del quinto Pallone d’oro a Cristiano Ronaldo di due anni fa, il sesto a Leo Messi mette il calcio di fronte a qualche domanda su se stesso. Fa una certa impressione scoprire che i trofei dell’argentino sono gli stessi di Eusébio, Zidane, Best, Ronaldinho, Baggio e Rivera messi assieme (oppure di Di Stefano + Beckenbauer + Ronaldo il brasiliano); (oppure Cruyff + Platini). Se era fatale cercare la faccia di CR7 e Messi dentro ogni Coppa alzata dalle loro squadre, quale faccia cerchiamo per il calcio – e perché sempre la loro – anche negli anni in cui non era inevitabile premiarli, anche quando non hanno una Coppa da sollevare? Perché il Pallone d’oro, che secondo l’articolo 9 del suo regolamento dovrebbe premiare il miglior calciatore dell’anno, finisce sempre negli stessi salotti di due appartamenti uguali?
Questa diarchia ultra-decennale tra due fenomeni alla fine ha ridotto il calcio da gioco di squadra a esposizione di due brand. Lo spettacolo ha le sue leggi. Eppure non ci sono attori che hanno vinto cinque o sei Oscar. Hollywood non lo avrebbe permesso. Sarebbe stato un atto di cannibalismo da parte di una propria creatura. Quando una decina d’anni fa la giuria del Pallone d’oro finì sotto il cappello della Fifa, allargandosi a ct e giocatori, cominciò a imporsi la cultura della viralità. I lampi di CR7 e Messi erano adattissimi all’età delle clip e dei Vine, alla loro diffusione fino alla periferia dell’impero. Erano luci capaci di diffondere il concetto secondo cui il calcio è un bagliore, a discapito di giocatori più classici, potremmo dire analogici, alla Xavi, Iniesta, Pirlo, giocatori sarti, che cuciono e non strappano, giocatori che non vivono di frammenti. Gli 11 Palloni d’oro a due uomini soli, a due uomini immagine, sono il frutto della cultura degli highlights. Aggiungiamo pure un’altra ingiustizia alla catena, che solo per restare a questi ultimi anni comprende Sneijder (2010), Iniesta (2012), Neuer (2014) e Bale (2016).
Tratto da www.loslalom.it
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