A Perugia sto benissimo: abbiamo cominciato a vincere dei trofei, la squadra è in crescita continua, la città è splendida e accogliente, e il tempo è sempre buono. Ecco perché ho intenzione di fermarmi qui ancora a lungo”. Al sesto anno nella Sir Safety Conad Perugia, Aleksandar Atanasijević non ha perso l’entusiasmo e parla con il sorriso: “Il merito va anche di voi italiani. Siete appassionati, generosi e tosti come noi serbi. Il carattere simile mi ha aiutato a integrarmi subito e sentirmi a casa” dice l’opposto nato a Belgrado nel 1991, che vanta numeri da capogiro. Da quando gioca in SuperLega, “Magnum” ha mancato il titolo di migliore attaccante soltanto una volta, nella stagione 2016-2017.
A proposito di carattere, in campo tiri fuori tutta la tua grinta. Quando non giochi come sei?
“Un’altra persona: tranquillo, disponibile, sorridente. Sotto rete mi trasformo, perché odio perdere e sfrutto ogni mezzo che ho a disposizione per conquistare un punto o il match. Risultato: tanti avversari non mi sopportano, però cambiano idea appena mi conoscono fuori dal palazzetto. Come Filippo Lanza: a inizio stagione era arrivato a Perugia prevenuto nei miei confronti, mi ha detto chiaramente che gli stavo sulle scatole. Ora, invece, siamo amici.
Con gli arbitri, invece, come va?
“Meglio, mi scontro di meno: sto lavorando su me stesso per assumere un atteggiamento diverso, più pacato, durante le partite. Non solo con loro”.
Quando hai cominciato a giocare a volley?
“A 10 anni, per puro divertimento. Poi lo sport ha occupato un posto sempre maggiore nella mia vita e mi sono trovato a un bivio”.
Quale?
“Ascoltare i miei genitori o fare di testa mia. Ho scelto la seconda opzione: trasformare la passione in lavoro”.
Mamma e papà cosa desideravano?
“Avrebbero voluto che mi dedicassi totalmente agli studi. Loro sono medici, mio fratello è biologo: in pratica, l’unico stupido della famiglia sono io (sorride, ndr).
Sei uno dei giocatori più forti del mondo: la tua famiglia avrà approvato la tua decisone.
“Sì, e sono tutti orgogliosi. Non ho deluso del tutto i miei: se ho dato la precedenza assoluta alla pallavolo, mi sono comunque iscritto all’università di Belgrado, Facoltà di Giurisprudenza”.
Come procedono gli esami?
“Me ne mancano dieci, ma è da un anno e mezzo che sono in pausa forzata: giochiamo due volte a settimana ed è impossibile trovare il tempo e la concentrazione per mettermi sui libri. Però non rinuncio alla laurea: dopo avere vinto tutto, tornerò a studiare”.
Per diventare avvocato?
“No, procuratore sportivo: spero che la mia carriera di atleta mi fornisca gli strumenti per muovermi nell’ambiente”.
Hai altri progetti?
“Non vedo l’ora di iniziare il Play Volley Camp, che si svolgerà a luglio a Vrnjačka Banja, meno di 200 km da Belgrado. Io e Nikola Rodic, mio compagno in Nazionale, trascorreremo due settimane con tanti giovani pallavolisti: sono stati oltre 600 i partecipanti delle prime tre edizioni. Le giornate a contatto con i ragazzi restano nella mente e nel cuore: vederli gioire per una schiacciata o piangere dopo un errore è un’emozione fortissima”.
Hai detto che sei sempre molto impegnato: qualcosa che ti piacerebbe fare, ma non riesci?
“L’elenco è lungo, ho un sacco di arretrati. Mi piacerebbe vedere più spesso i miei cari e seguire con maggiore attenzione i miei investimenti, non ho le mani bucate e non mi interessano le auto di lusso o il guardaroba super firmato: penso al futuro e a costruire basis solide.
Qualcosa di meno serio? Andare a un concerto. Il primo della lista è quello di Marco Mengoni: sono suo fan e conosco tutte le sue canzoni a memoria. La mia preferita è ‘A occhi chiusi’. Chissà che non riesca a vederlo in un tappa del tour che finisce a maggio. Magari per festeggiare il successo in Champions League”.
*credito foto: Michele Benda/Sir Safety Conad Perugia