I Mondiali di pattinaggio artistico su ghiaccio, appena conclusi a Montpellier, tarpati dalla “vendetta” ai danni degli atleti russi e bielorussi, hanno purtroppo confermato di essere stati i più scarsi dell’intera storia di questo sport, a dispetto dei tanti record di punteggio che i giudici hanno voluto assegnare, quasi a voler dimostrare che anche senza i russi il valore delle gare è stato eccelso. Al di là di tutto, l’ennesima conferma che le giurie del pattinaggio su ghiaccio avrebbero bisogno di una bella ripulita, ma questo è un altro discorso che dovrà pur essere fatto prima o poi.
Ma il punto essenziale, oltre ai risultati delle gare che vedremo alla fine di queste considerazioni, è l’assurdità di certe decisioni che vanno contro qualsiasi principio dello sport, assurdità messa ancor più in evidenza dalle enormi contraddizioni che l’esclusione di atleti innocenti ha portato come conseguenza. Infatti, sulla pista di Montpellier hanno pattinato ben 22 atleti russi, sia pure sotto bandiera diversa da quella della loro terra di origine. Ecco l’elenco suddiviso per gare, con città russa di nascita e nazione che hanno rappresentato:
UOMINI 5
Vladimir Litvintsev (Ukhta Komi), Azerbaijan
Morisi Kvitelashvili (Mosca), Georgia
Nikita Starostin (San Pietroburgo), Germania
Aleksandr Vlasenko (Tiumen), Ungheria
Vladimir Samoilov (Mosca), Polonia
DONNE 3
Ekaterina Ryabova (Mosca), Azerbaijan
Anastasiia Gubanova (Togliatti), Georgia
Ekaterina Kurakova (Mosca), Polonia
COPPIE 4
Pavel Kovalev (San Pietroburgo), Francia
Karina Safina (Cheliabinsk), Georgia
Luka Berulava (Mosca), Georgia
Daria Danilova (Mosca), Olanda
DANZA 10
Ekaterina Kuznetsova (Mosca), Azerbaijan (con Oleksandr Kolosovskyi, di Odessa, Ucraina)
Ekaterina Mitrofanova (Mosca), Bosnia
Vladislav Kasinskij (Volgograd), Bosnia
Maria Kazakova (Mosca), Georgia
Georgy Reviya (Odintsovo), Georgia
Mariia Ignateva (Ekaterinburg), Ungheria (con Danijil Leonyidovics Szemko, di Odessa, Ucraina)
Boyisangur Datiev (Kirov), Kazakistan
Anastasia Polibina (Mosca), Polonia
Pavel Golovishnikov (Belgorod), Polonia
Nikita Lysak (Klin), Slovacchia
Insieme a questi, poi, vanno ricordati due atleti della gara maschile che sono figli di russi emigrati: Nikolaj Majorov, in gara per la Svezia, e Ilia Malinin, per gli Usa. E, ovviamente, da notare le due coppie di Danza con una atleta russa, sia pure sotto il nome di un’altra nazione, e uno ucraino, a rimarcare in modo assoluto l’idiozia perbenista e ipocrita di escludere qualcuno, che niente ha a che fare con i crimini di chi comanda nel suo Paese, per esprimere indignazione e reclamare giustizia.
L’aspetto più stupido di questa situazione, particolare nel mondo dello sport, è che il principio di creare danni alla Russia per convincerla a smettere di invadere l’Ucraina alla fine crea danni irreversibili solo nello sport. E già, perché i soldi non scompaiono, i soldi non vengono “bruciati” quando la Borsa scende (come viene detto nella più ignorante descrizione giornalistica dei fatti di economia), i soldi restano “sospesi” e tornano ad avere il loro valore, se non addirittura più alto, quando la guerra finisce, perché prima o poi finisce, e i titoli in Borsa, se uno li ha mantenuti, risalgono. Del resto, basta guardare cosa sta succedendo in questi giorni, in piena guerra, alla moneta russa, il rublo, che è tornato a salire di valore non appena la Russia ha deciso di non accettare più pagamenti in euro per il gas. E i tanto reclamizzati sequestri di beni agli oligarchi russi saranno cancellati quando la guerra finirà, i giganteschi yacht torneranno nelle loro mani, così come le megaville che possiedono in tutto il mondo e qualsiasi altra proprietà di valore.
Ma per gli sportivi non è così. Nessuno restituirà ai paralimpici russi e bielorussi la Paralimpiade di Pechino, per moltissimi di loro l’unica e ultima possibilità di vincere una medaglia o anche soltanto di partecipare. Nessuno restituirà a russi e bielorussi i titoli (e i premi in denaro) che hanno perso perché è stata vietata loro la partecipazione alle gare. Lo sport è la vera vittima delle sanzioni con cui il mondo occidentale si gonfia il petto per dimostrare che sta combattendo contro un criminale che osa invadere un’altra nazione.
Ma la cosa ancora peggiore in questo ostracismo a russi e bielorussi non è materiale, è di principio. Tutti questi atleti non sono stati esclusi da ogni gara per quello che fanno e che pensano, ma solamente per quello che sono, russi e bielorussi appunto.
Non sono stati esclusi perché appoggiano Putin, perché fanno propaganda per lui, perché spingono altri russi a prendere le armi e attaccare l’Ucraina, uccidere un altro popolo, ma solo perché sono nati nella stessa nazione in cui Putin è il padre padrone.
Non sembra di ricordare, in altri ambiti storici ben più tragici, lo stesso principio che ha portato a massacri e genocidi? Non sembra di ricordare criminali che hanno deciso di sterminare popoli interi per il solo fatto di essere “quel” popolo?
Certo, quando si parla di sport e di esclusione dalle gare, per fortuna, si parla di avvenimenti e storie in cui “non si muore”, perciò non si sta facendo un parallelo fra le grandi tragedie della storia e questa ingiustizia ai danni degli atleti russi e bielorussi, ma il principio fondamentale è lo stesso: colpire qualcuno per quello che è e non per quello che fa. E noi non possiamo trasformare il disprezzo per Putin in odio per tutti i russi cogliendo l’occasione per vendicarsi di quello che un criminale sta compiendo. E, tornando ai Mondiali di pattinaggio su ghiaccio, non confondiamo il gareggiare per un’altra nazione con la volontà di fuggire dalla Russia e quindi dare una giustificazione al fatto di escludere i russi rimasti in Russia e celebrare quelli che sono andati via, così, tanto per ripulire la nostra coscienza e dire che stiamo facendo una cosa giusta. Soprattutto nel pattinaggio, la maggior parte dei russi “emigrati” lo fa perché non ha spazio nella sua nazione, visto l’enorme numero di praticanti e di atleti fortissimi che escludono la possibilità di arrivare in Nazionale e gareggiare alle grandi manifestazioni internazionali, a cominciare da Olimpiadi, Mondiali ed Europei. E chi se ne va semplicemente perché gli piace un’altra nazione ha tutto il diritto di farlo, non può essere messo, suo malgrado, in giochi più grandi che non ha mai considerato. Né si può obbligare un atleta russo (o qualunque altro russo in qualsiasi altro campo lavorativo e artistico) a fare una pubblica dichiarazione di distacco da Putin, considerando proprio quello che la Russia è oggi, quindi con tutti i pericoli che correrebbe chi si mettesse ufficialmente contro Putin. Gli occidentali vorrebbero dimostrare come ci si comporta da eroi, ma lo fanno con il fondoschiena degli altri!
Infine, le gare. Come già detto, un livello basso se si escludono alcune individualità. Nelle Coppie, l’assenza delle tre migliori russe e quella dei cinesi campioni olimpici (tutta la squadra cinese ha rinunciato, avrebbe dovuto fare 21 giorni di quarantena al ritorno in Cina) è micidiale, mai una gara così scarsa, vinta dagli statunitensi Knierim-Frazier. Negli Uomini, assenti lo statunitense Nathan Chen, campione olimpico e mondiale, e il giapponese Yuzuru Hanyu, potrebbe essere l’occasione per Yuma Kagiyama, che ai Giochi di Pechino si è candidato a nuovo uomo di punta per il Giappone, ma viene fuori un redivivo Shoma Uno, per la prima volta senza errori o sbavature, probabilmente alleggerito dall’assenza dei due più forti e quindi senza quel nervosismo che lo ha condizionato in tante occasioni precedenti. Nelle Donne, il risultato è nobilitato soltanto dalla giapponese Kaori Sakamoto, bronzo a Pechino e oro in questi Mondiali, ma l’assenza delle tre russe è una macchia enorme su questa gara. Infine, nella Danza, messa a fine programma per celebrare i francesi Papadakis-Cizeron, oro a Pechino, c’è la solita squallida storia della classifica decisa a prescindere da quello che accade in gara. E’ l’ultima gara degli statunitensi Hubbell-Donohue, i più bravi di tutti ma sempre penalizzati dai giudici per dare spazio a Francia e Russia, che arrivano secondi. A Papadakis-Cizeron la giuria riserva punteggi assurdi, record mondiali in tutti i segmenti, nonostante nella loro prova si distinguano per essere, come al solito fra le coppie di testa, i meno veloci, i meno fantasiosi e, soprattutto, quelli con le difficoltà più basse nell’esercizio. Ma tutti a esaltarli per la loro “arte”, che in pratica si traduce in “banalità sul ghiaccio”. Anni fa, ci fu una revisione dei sistemi di giudizio e dell’intero sistema delle giurie, si credeva di aver messo a posto le cose. Nella Danza, scandalosamente, non è così. Le Federazioni più forti comunicano chi è la loro coppia più forte e i giudici si adeguano, e purtroppo lo fanno anche tutti gli altri. Su questo ghiaccio si continua a scivolare e a cadere pesantemente.
(foto tratta da facebook)