“Dopo l’incidente a Silverstone, la mia gamba destra aveva la forma di una ‘s’. Ho perso molto sangue e mi sono spaventato molto, ma non ho mai pensato al peggio”. Tito Rabat, campione del mondo di Moto2 nel 2014, torna per un attimo alla gara di settembre: porta ancora le conseguenze della tripla frattura a femore, tibia e perone, ma le condizioni continuano a migliorare, sebbene lentamente. “Devo ancora recuperare al 100 per cento e le prime gare sono state difficili anche per quello. Di sicuro l’entusiasmo non mi manca, l’ho dimostrato presentandomi ai test di Valencia, a nemmeno tre mesi dall’infortunio, e sulla Desmosedici GP18 mi trovo bene” spiega il rider catalano del team Reale Avintia Racing.
Qual è il tuo obiettivo per questa stagione cominciata nelle difficoltà?
“Vorrei iniziare a salire sul podio, so che non accadrà a breve, però; e terminare il campionato tra i top ten”.
A fine mese compirai 30 anni, di cui hai trascorso la metà in pista: cosa ti ha insegnato la moto?
“Tantissime lezioni. Da ragazzino, nelle categorie inferiori, ho imparato a lavorare duro: ho capito presto che ricevi ciò che dai. Nella classe regina mi sono reso conto che la disciplina è indispensabile, come la lealtà e il rispetto nei confronti degli avversari.
Ultimamente, poi, sono arrivato a una conclusione: uan volta mi allenavo come un pazzo e restavo sempre concentrato sulla moto. Sbagliato: prendere una pausa, guardarmi intorno e riflettere su ciò che sta accadendo mi dà risultati più utili del lavoro senza sosta. La calma, l’atmosfera positiva all’interno del team, le semplici chiacchiere con i tecnici, per esempio, mi fanno stare bene e mi aiutano a rendere di più in gara”.
Hai mai pensato a un piano B?
“No, corro da quando avevo 6 anni, non vedevo l’ora che suonasse la campanella della scuola per raggiungere la pista di kart. Mi madre ha creduto subito nella mia passione e mi ha dato il suo sostegno. Sento molto la sua mancanza, è scomparsa nel 2012 e la porto sempre nel cuore, insieme ai nostri ricordi bellissimi, anche quando mi preparo sulla griglia di partenza”.
Avevi dedicato a lei la tua prima vittoria e il titolo della Moto2.
“Sì, il giorno della mia prima vittoria, tra l’altro, era la festa della mamma. Il suo ricordo mi dava e mi dà ancora la motivazione più grande a dare il massimo ogni giorno”.
Di tuo padre cosa ci racconti, invece?
“È il mio punto di riferimento, ci ho messo un po’ a convicerlo che era questo il mio destino, poi anche lui mi ha appoggiato in ogni modo. Al punto che mi segue nei circuiti da anni e in questa stagione non si perde un round: è perché vuole starmi accanto in un periodo così complicato. Pensa che si è comprato una videocamera e mi riprende in pista. All’inizio l’idea mi faceva sorridere, poi ho scoperto che è una tecnica che adottano diverse scuderie: in effetti, rivedere la gara permette di scoprire punti deboli e forti”.
Il futuro come lo immagini?
“Non ho ancora fatto progetti. A volte penso che non sarebbe male avere un team tutto mio, dopo che mi ritirerò, oppure aprire una scuola di moto per ragazzi. Omagari diventerò un manager della MotoGP”.
Una seconda carriera sulle orme di papà? La tua famiglia è un’icona della gioielleria.
“Non è la mia strada; per fortuna mio fratello continua la tradizione, sarebbe stato un peccato interromperla. Sono cresciuto in quell’ambiente e gioielli e orologi mi piacciono, ma non ne vado matto. Il mio unico amore è la moto”.
Hai mai festeggiato una vittoria con un regalo prezioso?
“È capitato, ma non era niente di particolare. Il regalo più prezioso è la vittoria stessa”.
Sei superstizioso?
“Abbastanza. Oltre a toccare legno se ho qualche cattivo presentimento, sto attento a maneggiare il sale a tavola. Attentissimo. Non potrei fare altrimenti”.
Perché?
“A Vallelunga, stavo pranzando con i meccanici. A un certo punto, mi hanno detto di non giocare con il sale, perché porta male. Pura verità: in quel weekend mi sono capitati quattro high-side assurdi e, in una delle quattro cadute, si è incendiata la moto. Direi che di avvertimenti per smettere ne ho ricevuti a sufficienza, no?”
Credito foto: Reale Avintia Racing