La gente del Roland Garros e ancor di più del centrale, il Philippe Chatrier, è la più passionale e facinorosa del tennis. Ha anche cambiato le sorti di un torneo. Ma l’americano non ci sta!
Che pensare davanti alle ultime immagini che arrivano dal cuore del tennis mondiale, dal Philippe Chatrier di Parigi? Che dire davanti alle foto di Fritz-Rinderknech, con l’americano che zittisce vistosamente il pubblico schiacciandosi l’indice contro le labbra dopo aver eliminato l’ultimo rappresentante di casa dal torneo maschile? Come commentare l’impossibilità del vincitore di pronunciare le due parole di commento di prammatica in cui in genere si ringrazia pure, comunque, il pubblico, malgrado i tentativi dello speaker ufficiale e dell’ex pro francese, Marion Bartoli, di placare gli assordanti “Buuhh” dagli spalti? Come non sorridere amaramente davanti alla sua chiosa ”Vi amo, ragazzi” del californiano, con la mascella serrata e la rabbia malrepressa di chi sente di aver subito una seconda ingiustizia, solo per aver vinto la sua partita di tennis?
DIRITTI
“E’ così bello avervi a favore, mentre siete così difficili da gestire quando tifate contro e siete schierati per l’avversario”, confessa Sasha Zverev che batte uno slovacco, Molcan, e ha un credito aperto preso i sostenitori di casa, non solo le donne che l’adorano, ma anche i tanti che ricordano come 12 mesi fa abbia lasciato il campo con le stampelle dopo essersi storto una caviglia scivolando sul terreno. “Grazie a voi che sostenete delle spese per venir qui al torneo, senza di voi non ci sarebbe tutto questo”, applaude Almaier nel giorno tennistico più bello della sua vita che coincide, ahinoi, con la caduta di Jannik Sinner. E ancora e ancora. Su tutti i campi è un tentativo continuo dei giocatori di ingraziarsi il pubblico. Che, al Roland Garros, è particolarmente appassionato e competente, impetuoso e massiccio, e ha tutto il diritto di tifare per chi gli pare. Ma, c’è un ma, la massa fa massa, e la folla del Philippe Chatrier – lo stadio intitolato al più illuminato dirigente mondiale delle racchette – è dichiaratamente e dannatamente giacobino. Si schiera, detta le regole, è viziato e violento, e ha influenzato più di una volta partite ed edizioni intere della seconda tappa stagionale dello Slam, facendo pollice verso o trascinando letteralmente i protagonisti dell’arena, come se il tempo si fosse fermato ai gladiatori al Colosseo. Non è il peggiore e non è il migliore degli altri pubblici, ma sicuramente ha una sua spiccata personalità ed una capacità di diventare decisivo. Specifichiamo bene: ci sono stati e ci sono sempre cattivi comportamenti anche di altri pubblici, ovunque, in particolare modo, da quello di Roma – lo elenchiamo per primo, anche se le sue pagine nere appartengono ad un lontano passato – a quello di Barcellona e Madrid, da quello dell’altro torneo di Parigi, Bercy – “che alcuni tennisti proprio francesi hanno definito “di animali”” -, da quello di Buenos Aires e di altre città sudamericane, soprattutto in coppa Davis, dove s’è visto di tutto. Senza dimenticare la guerra sonora che la folla di New York ha regalato sistematicamente a Daniil Medvedev durante e dopo le sue partite degli US Open 2019.
DOVERI
In generale, non dev’essere piacevole sentirsi ingiuriare da vicino dalla gente, essere disturbati ogni qual volta si alza la palla al servizio, essere dileggiati per l’errore accompagnato sempre dagli applausi mentre i propri colpi vincenti si accompagnano al silenzio. Fritz, che è un bravo ragazzo di buona famiglia, non ha reagito per tutta la partita, tutte le emozioni sotto vuoto spinte gli sono esplose appena ha vinto la partita nella partita e, nell’esultare, nell’andare verso rete a stringere la mano all’avversario, ha reagito per la prima volta zittendo tutto quel tifo contro. Non per il suo gioco, che è offensivo e non certo sparagnino in attesa dell’errore dell’avversario, ma solo perché la sua bandiera non è francese. Ha sbagliato? Avrebbe dovuto ridere dentro di sé e di quanti, tantissimi, i più, nel discorsetto di fine partita, l’avrebbero applaudito dopo averlo trattato così male per ore? Non è facile controllare così bene le proprie emozioni. Parliamo sempre di esseri umani, di ragazzi, che come primo impegno hanno quello di governare sè stessi, come persone, come atleti e come tennisti, l’avversario e un contesa sportiva. Figurati che pressione subiscono se dall’eterno arrivano sollecitazioni così importanti e difficili.
ERRORI
I social citano qualche provocatore, qualche personaggio che i guai se li va a cercare, come Holger Rune a Montecarlo. Il danese è stato redarguito sul campo dall’arbitro e sicuramente è stato avvicinato dal supervisor poi, perché ragionasse su certi atteggiamenti sbagliati e pericolosi. Che possono accendere la folla e rendere ingestibile una partita di tennis. Ma come impedire a lui e a Medvedev di invitare la gente a fare silenzio quando la palla è in gioco? Non è forse un comportamento legittimo? E non è invece scorretto quello di chi, dall’esterno, cerca di danneggiare la regolarità dello spettacolo solo perché non gli piace il risultato? Dove si fermano i diritti di chi pagare il biglietto e le altre spese connesse (trasferimenti, vitto)? Negli stadi di calcio sono sempre più attivi i sistemi video di controllo per individuare i disturbatori ed espellerli dalla tribuna. Questa dev’essere la strada, insieme all’educazione alla corretta partecipazione alla gara. Noi a Parigi ricordiamo come il pubblico, nella, finale del 1999, linciò Martina Hingis la bambina proterva che stava dominando la vecchia campionessa elegante, la dolce Steffi Graf. La gente si schierò così massicciamente da cambiare l’esito di un match che sembrava scritto, facendo saltare i nervi della più giovane che, se non fosse stato per la mamma, non si sarebbe nemmeno presentata alla premiazione. Ricordiamo il brasiliano Guga Kuerten, uno dei campioni più amati, che fu salvato letteralmente dalla folla nel 2001 quand’era sotto due set e un match point contro il qualificato Russell, tanto che poi disegnò un cuore sul terreno e ci si stese dentro, regalandosi a quel mitico stadio e alla sua gente. Ricordiamo anche il giudizio sull’ucraina Marta Kostyuk che in quest’edizione del torneo non ha stretto la mano alla vincitrice, la bielorussa Aryna Sabalenka, accusandola di non essersi schierata dichiaratamente contro l’invasione del suo paese. La gente sapeva in anticipo che non ci sarebbe stato il saluto classico sul net ma ha fischiato comunque la mancata stretta di mano. Dando un segnale inequivocabile. Benvenuti a Parigi e nel suo cuore tennistico più pazzo e violento che ci sia.
Vincenzo Martucci (tratto da supertennis.tv)