“Faber est suae quisque fortunae” (ciascuno è artefice del proprio destino), dicevano i latini. E Matteo Arnaldi, coraggioso e consapevole, se l’è davvero costruita ad hoc la sorte contro il mancino Cameron Norrie (16 ATP), punto dopo punto, sempre lucido negli scambi, macinando vincenti. L’obiettivo dell’azzurro ad inizio stagione era varcare la soglia della top 50. Detto, fatto. Sempre al comando, Matteo – n. 61 del mondo ma ora proiettato al n. 47 – , infligge al britannico un 6-3 6-4 6-3 in poco meno di due ore, con un tennis estremamente solido, chirurgico e martellante.
Grande solidità, dicevamo. Matteo si rivela un muro negli scambi, anche quando Norrie tenta di sorprenderlo e farlo spostare intensificando la spinta; il ligure è bravo a contenere i tentativi dell’avversario, rimandando sempre la palla con una soluzione ragionata e precisa. Ottimo negli spostamenti, tonico e ben piantato con i piedi, Arnaldi accelera a sua volta appena possibile, soprattutto con il dritto assassino, con cui mette a segno 19 vincenti (ne sbaglia solo otto non forzati) e, in particolare, con il lungolinea. Con il rovescio va a segno 12 volte (Norrie invece con il rovescio fa punto solo in tre occasioni). Chirurgico e incisivo anche con lob e volé (vince il 79% dei punti a rete), Matteo realizza un totale di 37 winner (24 per Norrie) ma, soprattutto, contiene il numero dei gratuito, 16 (8 dritti, 7 rovesci e un doppio fallo), a fronte dei 29 da parte di Cameron.
Lucido e serafico, l’azzurro adotta uno schema tattico impeccabile; è paziente nel palleggio e coraggioso al momento opportuno, verticalizzando per andarsi a prendere il punto, senza disdegnare il serve & volley. Con la prima di servizio conquista il 69% dei punti, mentre Norrie ne racimola solo il 60% e raccoglie pochissimo con la seconda (42%), facendosi sorprendere molto spesso da un Arnaldi particolarmente aggressivo. In generale, la percentuale delle prime palle non è altissima (il 66%), ma il ligure serve bene al momento giusto. Se osserviamo però il rendimento al servizio dall’inizio dell’anno ad oggi, abbiamo la conferma di come Matteo abbia trasformato via via la battuta in un punto di forza, con una prima palla che gli ha reso, finora, il 68% di punti, la vittoria del 78% dei game alla battuta e ben 94 ace (Us Open escluso).
Insomma, grande autorevolezza da parte di Arnaldi, in particolare nei momenti chiave dell’incontro; complice anche un Norrie falloso e discontinuo, certo, ma la maturità dimostrata in campo dall’azzurro ricorda quella dei campioni navigati; niente male per un 22enne alla terza partecipazione in uno slam. Decisamente una stagione da incorniciare per questo ragazzo che, zitto zitto, sta dimostrando però una tempra da gladiatore. Un 2023 in crescendo, appunto, con tre titoli Challenger e, soprattutto, l’ingresso in Top 100 grazie alla bella prestazione al Masters 1000 di Madrid, dove supera le qualificazioni e raggiunge il terzo turno, regalandosi la prima vittoria in carriera contro un top 10 (Casper Ruud). Al Roland Garros si qualifica per il suo primo tabellone major, per poi esordire anche sui sacri prati di Wimbledon. Gestisce ottimamente il passaggio dall’erba alla terra perché a Umago sorprende tutti issandosi in semifinale, sconfitto dal futuro vincitore del torneo, Alexei Popyrin. Finora, sono 13 le vittorie dell’anno a livello ATP e slam (Challenger esclusi), tessere di un mosaico che si sta ingrandendo e impreziosendo sempre più.
Ora si regala l’accesso agli ottavi di finale dello US Open. Lo aspetta un certo Alcaraz. Un test difficilissimo ma Matteo non ha nulla da perdere, Carlos invece moltissimo.