Auguri Sandro.
Per i tuoi primi ottant’anni ho pensato di regalarti un ricordo, quello della vittoria contro Ki-Soo Kim a San Siro per il mondiale superwelter Wba, Wbc. Allora la banda dell’alfabeto ancora non esisteva. Lo so non è un pensiero originale, ma forse lo è la motivazione che mi ha spinto a sceglierlo.
Woody Allen si chiede e ci chiede: “Cosa è un ricordo? Qualcosa che hai o qualcosa che hai perso per sempre?”.
Io credo che il ricordo di quel match lo porterai eternamente dentro di te, nella testa e nel fisico. Hai pagato caro quel successo. La mattina dopo il match faticavi anche ad alzarti dal letto, me l’hai raccontato tu. Ogni centimetro della tua pelle reclamava la pace e offriva quella sofferenza in pegno alla gioia che ti aveva regalato.
La corrida era stata crudele, selvaggia, ma onesta. Se non avessi provato a salirle quelle scale alte e ripide che portavano verso la realizzazione di un sogno, oggi a farti compagnia avresti avuto avuto solo il rimorso per aver rinunciato o il rimpianto per non essere riuscito a scalare la montagna.
A spingerti sono stati altri ricordi, quelli della paura di un bambino sotto le bombe, dello smarrimento di un uomo davanti alla tragedia, dell’angoscia un papà che lotta per la famiglia. Il ricordo per te è la spinta che ha generato tutto quello che hai.
La carriera, quello che sei riuscito a ottenere, il piacere di una bella famiglia accanto, l’amore della gente che non dimenticherà mai quello che sei stato capace di fare su un ring.
Per te Sandro, il ricordo è la vita stessa.
Per questo ho voluto regalartene uno.
Auguri, campione.
Se riuscirà a vincere, il titolo lo dedicherà solo a se stesso. Di questo ne è certo. Ha sofferto, gioito, di nuovo sofferto. Ha patito delusioni, attraversato tragedie e diviso sempre con qualcuno la felicità, quando c’è stata. Ma adesso sente di essere arrivato a un punto della vita in cui si trova da solo davanti al futuro. Prendere o lasciare. Se ce la farà, almeno per questa volta non ci sarà nessuno con cui spartire il trionfo. Sarà tutto per lui.
Pam-pam, pa-pam, pa-pam.
E poi ancora pam-pam, pa-pam, pa-pam, pa-pam.
Sembra che non vogliano prendere tempo neppure per respirare. Vanno avanti in apnea. Le braccia sempre in movimento. La schiena curva, la testa incassata, i corpi che oscillano lentamente e i guantoni che vanno a colpire tutto il possibile. Testa, corpo, mento, braccia. Un colpo, un altro ancora e poi un destro che doppia un sinistro, uno, due, cento pugni in fila per costruire un sogno.
Ha ragione Sandro, nel pugilato il successo arriva attraverso il dolore.
È felice. Il titolo mondiale torna a casa.
La faccia è una maschera di sofferenza.
I capelli, non più folti e ricci ma radi e lisci, sono appiccicati alla fronte dal sudore. Gli occhi sono gonfi, un taglio profondo e sanguinante segna brutalmente lo zigomo destro.
È il volto di un eroe appena tornato dalla battaglia. Una lotta antica che solo guerrieri senza paura possono combattere.
Anche l’altro porta i segni dello scontro.
Ha l’occhio destro chiuso, gli zigomi gonfi e un taglio sulle labbra.
Una foto meravigliosa cattura per sempre l’immagine dei due gladiatori.
Pesti, stanchi, sanguinanti e distrutti dalla fatica e dai colpi subiti. Ma vicini. Testa contro testa, guardano la macchinetta fotografica. Le mani vanno ad accarezzare il volto di quello che fino a poco prima è stato un nemico da distruggere e ora è solo un compagno di viaggio sulla difficile strada della boxe.
(da Anche i pugili piangono e dal sito https://dartortorromeo.com)