La classifica mondiale è uno strumento asettico che funziona secondo criteri oggettivi. A valle di un calcolo elaborato, fornisce una posizione che presume un determinato valore agonistico. Stando così le cose, dunque, parliamo di numeri e non di sensazioni. La classifica ignora se il giocatore quel giorno ha dormito male o ha mangiato bene, se si trascina dietro qualche acciacco o è in perfetta forma. Non sa nulla dell’equilibrio emotivo al seguito di errori gratuiti e forzati o a vincenti di diritto e svarioni di rovescio. Come il cinese sul fiume, essa attende di veder passare un vinto e un vincitore ed emette sentenze che rende note soltanto il lunedì successivo. Una valutazione sterile che il giocatore ics in quella specifica settimana vale tot e che per la conferma se ne riparlerà tra 365 giorni.
Tutta questa filippica per dire che neanche la classifica di Matteo Berrettini (n. 8 del mondo) tiene conto della sua fase di consolidamento tecnico-tattico. Grazie a una serie di risultati strabilianti, l’algoritmo ha stabilito che il suo valore attuale sia otto del mondo e fin qui non ci piove. Ma per una serie di ragioni, fisiche, tecniche ed emotive, quel valore potrebbe consolidarsi presto al dieci piuttosto che al cinque o al tre, chissà!. Il ragazzo è alla ricerca del suo effettivo livello, qualcosa che nessuno può ancora sapere.
L’ esperienza insegna che nei periodi di ascesa il grafico del rendimento si impenna ma non è detto che dica il vero. In realtà bisogna attendere che il trend si sposti di lato o leggermente verso il basso per acquisire certezze, magari perdendo qualche match come sta accadendo al nostro giocatore di punta.
Quello che scrivo, naturalmente è materia scontata per Vincenzo Santopadre, ex giocatore e ottimo coach, ma agli appassionati è il caso di dire che il grande lavoro che aspetta Matteo è quello di ritrovarsi presto nel suo range ideale, in modo da avere uno zoccolo duro dal quale spiccare il volo. Il caso Cecchinato racconta che in caso contrario si può andare incontro a momenti di grande confusione.
Massimo D’Adamo