“Dieci francesi in tabellone al via, zero il mercoledì sera”, piange l’Equipe, il quotidiano di sport spesso elogiativo per i suoi eroi. Parigi Bercy conferma la crisi dei “galletti” ad una ventina di giorni dalla finale di Coppa Davis contro la Croazia a Lille, mettendo in crisi le scelte di capitan Yannick Noah. Anche lui in uscita come la vecchia generazione. Anche lui perplesso dalla brusca frenata del pupillo Pouille e dalla mancanza di ricambi fra i giovani, a dispetto di un apparato tecnico-organizzativo all’avanguardia, sorretto dagli introiti del Roland Garros. Anche lui però affatto sorpreso dalle ultime vicende, al culmine di una stagione davvero povera di risultati per i nipotini dei “Moschettieri”. Cioè i mitici Lacoste, Borotra, Cochet e Brugnon, che negli anni venti conquistarono 20 Slam in singolo e 23 in doppio, strapparono la Davis agli Stati Uniti di Bill Tilden, diedero il la alla creazione dello stadio Roland Garros e quindi ai pilastri del torneo dello Slam che frutta milioni di euro, sovvenzionano un apparato tecno-scientifico-organizzativo all’avanguardia. Ma, evidentemente, non sforna più giocatori di primissima qualità. Dov’è finita la grandeur?
Quest’anno, nei Majors, i tennisti di Francia hanno raggiunto al massimo gli ottavi a Wimbledon, con Simon, Mannarino e Monfils0, e nei Masters 1000 hanno toccato i quarti a Montecarlo con Gasquet, gli ottavi a Indian Wells di Herbert e Chardy, a Miami di Chardy, a Roma di Paire. Cedendo tutti già al terzo turno agli Australian Open, al Roland Garros e agli Us Open, e addirittura al secondo a Madrid, Toronto, Cincinnati, Shanghai e ora Bercy. Morale: al di là due colpi sfiorati dal solito mago Monfils sia al Roland Garros che a Wimbledon, al di là dell’infortunio che ha messo fuori gioco Tsonga, per la prima volta dal 2004, nessun francese accede alle semifinali di un Masters 1000 e, per la prima volta dal 2006, la Francia maschile non ha alcun rappresentante fra i “top 20” della classifica mondiale ATP. Anche se sono tutti ammassati subito dopo: Gasquet è numero 28, Monfils 30, Simon 31, Pouille 32, Chardy 40, Mannarino 46, Paire 56, Herbert 57, Benneteau (che a fine anno si ritira) 72 e Humbert 99.
Gasquet, sorretto dal talento, ma sempre legato ai su e giù di rendimento, e comunque classe 86, è il numero 1 di Francia che, davanti al pubblico giacobino di Bercy, ha perso netto contro quel Jack Sock che quest’anno ha vinto appena sette partite e ha deviato verso il doppio. Simon ha rischiato la catastrofe contro bum-bum Thiem, che ha servito per il primo set sul 5-0 e per il secondo sul 5-1, abbellendo la sconfitta con un più dignitoso 64 62, senza però migliorare di tanto la sostanza: ha perso le ultime cinque partite contro i top ten, ha perso le ultime sei contro il nuovo Muster. Tsonga è stato l’unico a dare la scossa al pubblico, con le sue fiammate di potenza e i suoi balletti di felicità, ma comunque si è arreso d’acchito anche se al tie-break del terzo set a un Raonic che, subito dopo, s’è ritirato per l’ennesimo problema fisico (stavolta al gomito). Mentre Paire, ultima versione coi capelli viola, Mannarino dal gioco difficile, Chardy che ha pagato lo sprint d’inizio stagione e Monfils che è il solito punto interrogativo non danno affidamento come titolari di singolare contro i temibili Cilic e Coric nella sfida di Lille. Peraltro l’ultima col formato tradizionale della Davis.
La crisi di Pouille preoccupa forse più di tutto. Dopo il fantastico avvio di stagione con tre finali nei primi cinque tornei (Montpellier vinta, Marsiglia e Dubai perse), il 24enne dal gran servizio s’è proprio smarrito e non è più riuscito ad aggiudicarsi più di due match nello stesso torneo. Tsonga, che s’era infortunato il 10 febbraio, proprio contro Pouille nelle semifinali di Montpellier, e s’è operato sette settimane dopo al ginocchio sinistro, è rientrato alle gare solo a settembre e sta dando buoni segnali di ripresa. Ma certamente ha bisogno di una eccezionale preparazione invernale per riaffacciarsi da protagonista al prossimo anno. Anche per via della classifica che, dal numero 19 è scaduta addirittura al 256, e lo costringerà quindi a ulteriori sforzi attraverso le qualificazioni.
Perciò, malgrado il campo bollente dello stadio Pierre Mauroy riempito di terra rossa, malgrado l’abilità di psicologo, di leader e di stratega di Noah, malgrado l’orgoglio e la classe dei giocatori di casa, che hanno un punto quasi certo garantito dal doppio, i pronostici della finale di Davis pendono oggi dalla parte dei croati col bombardiere Marin Cilic, 7 del mondo, e Borna Coric, 13, rivitalizzato alla Piatti Academy di Bordighera, che sembrano molto ma molto più affidabili dei francesi.
*articolo ripreso da federtennis.it