Subito dopo aver fatto 13 al Roland Garros accentuando con un altro incredibile trionfo il dominio nello Slam sulla terra rossa di Parigi ed ultimando l’impensabile aggancio-record con Roger Federer a quota 20 Slam, Rafa Nadal aveva confessato di non sapere in quale torneo sarebbe tornato in pista. Ora, com’è ormai consuetudine fra i tennisti, nel mostrarsi in allenamento sul cemento della sua Academy di Maiorca ha annunciato sui social media i prossimi impegni: Masters 1000 di Parigi-Bercy dal 2 all’8 novembre e poi ultima delle 12 edizioni di Londra delle ATP Finals del 15-22 novembre, prima del trasloco per almeno cinque edizioni fra dodici mesi a Torino.
La notizia non è affatto ovvia. Perché Rafa, che fra gli 86 tornei vinti in carriera, ne vanta appena uno, a Madrid 2005, sul veloce indoor, non solo non si è mai aggiudicato i due maggiori tornei sul veloce indoor europeo di fine stagione ma, da quelle partecipazioni, ha ricavato alcune delle più cocenti delusioni.
La maledizione a Bercy è partita subito: dopo aver disertato la prova fino al 2007, ha subito raggiunto la finale. Che però rimane ancor oggi l’unica in sette partecipazioni. E la sconfitta contro David Nalbandian, col netto 6-4 6-0, è ancora ben infissa nei suoi occhi. Anche perché, da allora, per lui, sono state solo rinunce a singhiozzo alternate a tre quarti e tre semifinali. A testimonianza non solo di problemi tecnici sulla superficie più veloce, ma anche fisici, nel torneo che il calendario colloca al termine di estenuanti stagioni. Che, per lui, sono sempre state improntate sulle maratone sulla terra rossa, vincenti, ma anche lunghe.
Anche l’anno scorso, Nadal ha disertato clamorosamente, dopo aver raggiunto la semifinale, e ha lasciato all’ultimo momento a Dennis Shapovalov il posto per la sfida decisiva contro Djokovic. Dopo tanti malanni alle ginocchia, ai piedi e al polso, a cedergli, nell’ultimo allenamento, erano stati i muscoli addominali troppo sollecitati dal servizio, così decisivo sul veloce.
L’ennesimo problema fisico non gli ha poi impedito di gareggiare alle ATP Finals di Londra coi primi 8 del mondo, dove però, battuto da Zverev, pur avendo superato Medvedev e Tsitsipas, si è fermato già ai round robin.
In realtà, la notizia vera è quando lo spagnolo si presenta ai nastri di partenza della passerella di fine stagione. Perché, per qualificarsi fra i primi 8 del mondo del circuito, ci riesce ininterrottamente dal 2005, ma proprio da quella prima volta e ancora nel 2008, 2012, 2014, 2016 e 2018, non ha partecipato perché infortunato. O, come nel 2017, si è ritirato dopo una sola partita.
E, comune sia, poi, si è arreso ben quattro volte già nei gironi all’italiana ed è arrivato in finale appena due volte, nel 2010 e 2013, peraltro rovinandosi la bocca dopo annate fantasmagoriche. Subendo contraccolpi psicologici importanti nella stagione che sarebbe cominciata da lì a un paio di mesi, cedendo nei quarti contro Ferrer agli Australian Open del gennaio 2011 e in finale contro Wawrinka in quello del 2014.
Che cos’è quindi che spinge ora Nadal a cimentarsi nel doppio impegno che l’ha sempre bocciato? Quale ragionamento gli fa mettere in discussione l’enorme spinta psicologica del successo di Parigi, sbaragliando la strada, al punto da umiliare Djokovic in finale?
Insieme a Miami e Shanghai, quello di Bercy è l’unico torneo Masters 1000 che manca alla sua collezione. Sfatando uno dei pochi tabù che ancora gli restano, Rafa potrebbe ulteriormente incrementare la dote di forma e di fiducia, insieme a 640 punti ATP che ne ricaverebbe, con cui ridurre il distacco dal numero 1 in classifica, oggi saldamente in mano al rivale Djokovic. Il quale invece salta Parigi e prepara le ATP Finals al torneo di Vienna.
Ma, soprattutto, in questa impressionante ed unica evoluzione che l’ha portato negli ultimi quindici anni a trasformarsi da giocatore mono-dimensione – così tanto legato al micidiale dritto in top, così carente nel servizio, nel rovescio e nella volée – a campione capace di vincere su qualsiasi campo, attuando qualsiasi tattica e sfoderando qualsiasi colpo, Rafa si sente molto più sicuro di sè.
E, nello stesso tempo, all’inseguimento del famoso GOAT del tennis, al di là del 20-20 nel computo degli Slam, sa che questa cifra è sbilanciata dai 13 successi sulla terra del Roland Garros, e vuole colmare il buco nero della carriera sulle superfici veloci indoor. Che caratterizzano peraltro il tennis maschile. Lo fa un po’ per se stesso, un po’ per i rivali, un po’ per la gente. E moltissimo per la storia. Oltre che per superstizione e per cominciare con le migliori sensazioni anche la prossima stagione e proseguirla a modo suo. Alla grandissima.