Il mondo della ginnastica più che sulle imprese e le medaglie olimpiche si è soffermato su un solo argomento: i guai di Simone Biles all’Olimpiade di Tokyo, che hanno poi avuto un ulteriore strascico nei mesi successivi per le dichiarazioni della stessa atleta statunitense, insieme a ex compagne di nazionale, nella testimonianza davanti alla Commissione Giustizia del Senato Usa a proposito degli abusi sessuali di cui si è reso responsabile Larry Nassar, ex medico della nazionale di ginnastica. E’ stato un accavallarsi di episodi, accuse, problemi tecnici e psicologici che hanno prodotto una sola versione della storia, la commiserazione della Biles e l’accettazione, senza alcun approfondimento, delle sue spiegazioni sul fallimento olimpico a Tokyo.
LA MALATTIA AMBIGUA
Ttutto ciò che riguarda l’atleta americana, considerata da molti la più grande nella storia della ginnastica artistica, se non altro per i record di ori olimpici e mondiali, ha sempre un lato oscuro che rischia di prevalere su quello osannante che tanto piace a chi ha bisogno di storie “eroiche”. Ma quella che ci è stata presentata da “mezzi di informazione unificati” è la vera storia o ne nasconde un’altra più complessa e meno esaltante? I dubbi sono parecchi e molti di questi si basano su dati ben precisi e inconfutabili che avevo messo in evidenza in un articolo dopo i Mondiali del 2018 a Doha, quelli del ritorno della Biles alle gare dopo un anno sabbatico seguito all’Olimpiade di Rio 2016 e alla scoperta, grazie agli hacker russi, del fatto che questa pluri-vincitrice di medaglie è stata autorizzata, sin da quando aveva 15 anni ed era ancora junior, ad assumere farmaci classificati come doping con la motivazione della necessità per “deficit di attenzione”. Ecco il link per l’articolo in cui tutto questo viene spiegato in maniera approfondita: https://www.sportsenators.it/01
In breve: a 15 anni, nel 2012, la Biles comincia a prendere il Focalin (15 mg al giorno di anfetamine); nel 2014 chiede che le venga aumentata la dose di altri 10 mg e le viene concessa l’autorizzazione fino a tutto il 2018; questo farmaco, che agisce in pochissimo tempo, in mezzora acuisce le capacità di concentrazione e coordinazione, dimostrandosi particolarmente efficace proprio nelle prove brevi, come quelle della ginnastica, che vanno da una durata di 5-6 secondi (volteggio) a un massimo di un minuto e mezzo (corpo libero); il deficit di attenzione, al di fuori degli Stati Uniti, non viene quasi mai prescritto, sia perché non è facile appurare quanto sia reale questo disturbo, sia perché i medici europei e del resto del mondo preferiscono intervenire con altri sistemi e non con il Focalin o altri farmaci che nello sport rientrano nella lista delle sostanze dopanti.
I VANTAGGI ILLECITI
Questa differenza di trattamento medico si traduce in un handicap per le atlete non statunitensi e in generale per quelle alle quali i medici non riconoscono la necessità di quel tipo di farmaco, che negli Stati Uniti è di uso comune non solo fra gli atleti, della ginnastica e di altri sport, ma è diventato quasi una droga per gli studenti di Liceo e Università. Certo, si può sostenere che se la Biles ha davvero questo problema, il deficit di attenzione, non è una sua colpa se negli Usa viene prescritto in maniera più estesa rispetto al resto del mondo, ma il punto su cui insistono i medici europei (molto interessante nel pezzo del link l’opinione di un italiano, del Ministero della Salute, che stronca questo sistema) è che il disturbo in questione può essere una grande truffa. Fra l’altro, che questi sospetti non siano soltanto fumo è acuito dal fatto che il prolungamento dell’autorizzazione all’uso del Focalin per la Biles, nel 2014, sia stato concesso da un dirigente della Federazione internazionale ginnastica che in quel momento era squalificato e non avrebbe potuto firmare quell’atto. E’ una successione ininterrotta di episodi dubbi e stranezze che si verificano tutti in una sola direzione, quella a favore della Biles, e tutto viene tenuto segreto con la scusa della privacy. Non ci deve essere privacy? Non sostengo questo. Ma se la stessa Biles, dopo le rivelazioni degli hacker russi, dice pubblicamente che non ha alcunché da nascondere e finalmente parla del farmaco che prende da quando aveva 15 anni, perché mai allora lo ha tenuto nascosto per tutto quel tempo? E, naturalmente, a proposito del tenere nascosti particolari della propria vita, non mi riferisco alle accuse di molestie sessuali rivolti poi a Nassar, che è giusto restino segrete a meno che le stesse persone che ne sono state danneggiate decidano di rivelarlo. Qui stiamo parlando del disturbo ufficialmente più diffuso fra i giovani nella società statunitense, che non è causa di discriminazione, anzi, è un paravento utilizzato senza alcun timore. Perciò, di quale privacy stiamo parlando? Il problema è che usare il farmaco che cura il deficit di attenzione non è un modo per consentire all’atleta interessato di non partire svantaggiato nei confronti degli altri, è un modo per consentirgli di partire con un vantaggio evidente.
L’INCANTESIMO SI ROMPE
A Tokyo la Biles si presenta ancora una volta come grande protagonista. Ai Mondiali 2019 a Stoccarda ha vinto 5 ori su 6 gare, fallendo solo alle parallele asimmetriche (quinta). Lei stessa annuncia, il 21 luglio, pochi giorni prima dei Giochi di Tokyo, che all’Olimpiade presenterà un nuovo movimento di straordinaria difficoltà nell’esercizio al volteggio, il doppio carpiato Yurchenko, che finora è riservato soltanto agli uomini. Sembra tutto pronto per l’ennesimo trionfo. Nella finale a squadre, però, proprio al volteggio, la Biles commette un errore, all’arrivo sulla pedana, un passo lungo per ritrovare l’equilibrio e fermarsi, il che le vale un voto inusuale per lei, 13.766. Di qui comincia il dramma. A sorpresa, gli Stati Uniti annunciano che la Biles non prosegue nella finale a squadre. Sembra che si sia infortunata alla caviglia, che infatti viene fasciata, ma subito dopo ecco l’ufficialità: si ritira a causa di un “cedimento mentale”. Si comincia a parlare dei famigerati “twisties”, il cui significato letterale è “tortuoso”, che fanno perdere all’atleta, quando effettua una rotazione laterale in aria, il controllo del corpo, situazione tanto più pericolosa perché non si sa più dove ci si trovi. Le dichiarazioni della Biles servono a descrivere cosa lei prova: “Non ho capito cosa sia successo, non sapevo dove fossi nell’aria, avrei potuto farmi male”. E poi, più in generale sulla pressione che dice di sentire: “Non appena metto piede sul tappeto siamo solo io e la mia testa e ho a che fare con i demoni. Devo fare ciò che è giusto per me e devo concentrarmi sulla mia salute mentale”.
LE GRANDI CONTRADDIZIONI
Di qui una gara a chi ha più compassione per lei. Qualcosa, però, non è chiara. Una settimana prima dice di voler eseguire un movimento finora riuscito solo agli uomini, di difficoltà inaudita, una settimana dopo dice di sentire troppa pressione. Nessuno le ha chiesto di provare cose impossibili, ha fatto tutto lei: l’annuncio di un esercizio incredibile e poi il lamento per le aspettative del mondo su lei.
Ma c’è altro che fa dubitare della sincerità della Biles. Nessuno fa notare che per arrivare alla Finale, anche se sembra stupido dirlo, c’è la gara di qualificazione, due giorni prima. In qualifica, la Biles, nella stessa prova in cui fallisce in finale, il volteggio, non ha avuto alcun problema: 15.183 il voto totale, media fra le due prove che eseguono le atlete che puntano alla finale individuale in quell’attrezzo (le altre eseguono un solo salto), 14.966 il primo, 15.400 il secondo. Non c’è pressione? Non ci sono i twisties? E cosa cambierà poi in due giorni? In qualifica la Biles ottiene anche 14.566 alle parallele asimmetriche, 14.066 alla trave, 14.133 al corpo libero, prova in cui commette un errore inusuale per lei e va fuori pedana. Non è il massimo del rendimento, ma questo, lo vedremo meglio fra un po’, potrebbe anche far parte di un decadimento naturale delle prestazioni man mano che l’usura fisica si fa sentire. Resta il fatto che, quantomeno al volteggio, è in linea con i voti avuti all’ultima edizione dei Mondiali prima dell’Olimpiade, nel 2019.
MEDICINE E FILMATI
Per dimostrare ancor più che la Biles soffre di questi twisties, lei stessa diffonde un video di un suo allenamento alle parallele asimmetriche in cui, dopo l’uscita conclusiva, cade pesantemente sul tappeto.
Guardandolo bene, si può osservare che non perde la posizione in aria, come dovrebbe essere a causa dei twisties, accade invece che non conclude l’ultima rotazione in avanti e va di schiena sul tappeto anziché cadere sui piedi. Questo si nota particolarmente nel secondo dei tre salti inclusi nel video, quando la rotazione in avanti è praticamente conclusa, quindi potrebbe finire in piedi senza problemi, ma la Biles tiene le gambe raggruppate, invece di stenderle, col risultato di finire anche stavolta di schiena sul tappeto, ma dopo che le gambe, per prime, lo toccano. Quindi, dopo le rotazioni laterali che dovrebbero provocare i twisties, la Biles è in posizione frontale e potenzialmente di controllo, deve solo accelerare la rotazione in avanti se è in ritardo o semplicemente concludere la distensione delle gambe per tornare a terra senza problemi. E invece non lo fa. Ma le rotazioni laterali non hanno provocato quel disorientamento di cui lei parla, tant’è che si trova nella posizione ottimale per chiudere l’esercizio in sicurezza, ma non lo fa perché non porta a compimento la rotazione frontale o non distende le gambe quando l’ha portata a compimento. E allora, che cosa c’entrano i twisties chiamati a riprova delle difficoltà della Biles?
Viene fuori, inoltre, che in Giappone certe medicine non possono entrare, fra cui, stando a quanto riportato dai giapponesi, anche quella per il deficit di attenzione, e si ritorna così alle vecchie questioni. In una conferenza stampa verso la fine dei Giochi, viene chiesto alla Biles se assume ancora quel farmaco e lei dice che dal 2017 non lo prende più. E questo è già sospetto perché vorrebbe dire che non lo prende più solo dopo che è venuta fuori, dagli hacker russi, la notizia che lo assumeva sin da quando aveva 15 anni, ogni giorno. E allora, se davvero le serviva, che senso ha avuto smettere di prenderlo solo perché è stato reso ufficiale? E se ha potuto smettere di prenderlo, aveva davvero avuto questa necessità fino al 2016? Peccato che non sia stata fatta un’altra domanda in quella conferenza stampa: l’esenzione per quel farmaco valeva fino alla fine del 2018, è stata rinnovata? Dalle “voci di dentro” del mondo della ginnastica, si viene a sapere che l’esenzione è stata rinnovata. Ma allora, se davvero la Biles non assumeva più quel farmaco, perché ne sarebbe stata chiesta di nuovo l’esenzione dalla lista di quelli dopanti? Per arrivare a Tokyo? Purtroppo, sempre con la scusa della privacy, la Federazione internazionale ginnastica non ha mai fatto e non fa chiarezza su questo punto e si continua ad andare avanti con segreti e sospetti, finché, magari, altri hacker andranno a scoprire nuovamente il pentolone del doping.
IL RENDIMENTO CHE CALA
Ma torniamo a un altro aspetto cui avevo accennato prima. I punteggi della gara di qualificazione a Tokyo, per la Biles, non sono stati fallimentari al punto da provare l’esistenza dei problemi mentali e dei twisties, ma qualcosa in meno rispetto al passato c’era e poneva il dubbio sull’effettiva efficienza della Biles. Andando a guardare bene la storia dei suoi punteggi in Mondiali e Olimpiadi, però, si nota un leggero ma costante decadimento, che si acuisce dopo il 2016. Nel 2017 la Biles non gareggia. Nel 2018 riprende, ma in media i suoi voti sono più bassi di mezzo punto rispetto al 2015 e 2016, quando esprime il massimo della potenza. E anche ai Mondiali 2018, con 4 ori e un bronzo, e ai Mondiali 2019, con 5 ori, ottiene voti di circa mezzo punto più bassi in confronto ai Mondiali 2015 e all’Olimpiade 2016. Al volteggio passa dal 16 al 15 basso, con un massimo di 15.400; al corpo libero dai 15.800 e 15.966 ai 14.993 con un massimo di 15.333; alla trave da 15.633 ai 14.800 e solo una volta a 15.066; resta sullo stesso livello solo alle parallele asimmetriche, da 14.900 a 14.700, ma solo perché questa non è mai stata la sua prova di punta, quindi il calo è partito da vette meno alte, tant’è che è arrivata solo una volta a sfiorare i 15, con 14.966 a Rio 2016 nella finale Allround individuale. Quindi, già nel 2018 e 2019, pur rimanendo con un vantaggio di sicurezza sulle avversarie, mostrava piccoli segni di cedimento. Dovuti al fatto che dal 2017, come sostiene lei, non prendeva più il farmaco dopante? Non possiamo saperlo. Ma sicuramente un’usura fisica comincia a notarsi. Che poi sia questa consapevolezza a farle perdere fiducia quando commette un errore nella prova in cui si sente più sicura, tanto da annunciare il quasi impossibile salto Yurchenko pochi giorni prima dei Giochi, è una possibilità da non sottovalutare. Ma se così fosse, a maggior ragione le spiegazioni sui twisties e sulla pressione mentale si rivelerebbero solo scuse. E comunque, se dice che non prende più farmaci dal 2017 e da allora le sue prestazioni sono di qualità inferiore, diventa automatico pensare che quelle di qualità superiore fossero dovute proprio ai farmaci, che, ripeto, erano inseriti nella lista ufficiale delle sostanze dopanti. In un caso e nell’altro, si tratta di prestazioni non naturali e ottenute grazie a vantaggi irregolari nei confronti di altre atlete.
L’ULTIMO DRAMMA
Ma a tutto questo, come si vedrà subito dopo l’Olimpiade di Tokyo, si aggiunge un ulteriore motivo di disagio dichiarato dalla Biles, il ricordo degli abusi sessuali da parte di Larry Nassar, medico della Nazionale statunitense di ginnastica dal 1996 al 2015. Il 15 settembre, la Biles testimonia davanti alla Commissione Giustizia del Senato non solo sugli abusi sessuali di cui è stata vittima, ma anche dell’omertà tenuta dagli agenti Fbi ai quali le atlete si erano rivolte per accusare Nassar, comportamento che aveva di fatto salvato il medico da indagini accurate e gli aveva permesso di continuare nei suoi atti criminali contro ragazze per la maggiorparte minorenni. Nassar alla fine è stato perseguito e condannato a 176 anni di carcere per aver abusato di circa 500 atlete. Nella stessa audizione hanno parlato altre ginnaste come Mckayla Maroney (molestata quando aveva 13 anni), Maggie Nichols (quando ne aveva 15) e Aly Raisman (anche lei quando ne aveva 15).
La Biles, poi, torna sulle sue difficoltà a Tokyo in una intervista al New York Magazine e dice: “Avrei dovuto smettere prima di Tokyo, quando Larry Nassar è stato al centro dell’attenzione per due anni. Era troppo. Non gli avrei però mai permesso di prendermi qualcosa per cui ho lavorato da quando avevo sei anni. Non gli avrei permesso di portarmi via quella gioia. I twisties? Quel giorno sono atterrata in piedi per miracolo, se fosse stata un’altra persona sarebbe uscita in barella. Una volta terminato il volteggio sono andata dal mio allenatore e gli ho detto che non potevo continuare”.
GLI ULTIMI DUBBI
E anche qui, però, c’è qualcosa che non va. Ovviamente, per eliminare qualsiasi equivoco, non mi riferisco alla testimonianza in Senato e alle accuse di abusi sessuali, che sono assolutamente vere, accurate e verificate. Altro chiarimento preliminare. La Biles è entrata in Nazionale alla fine del 2012, quando aveva 15 anni, Nassar è stato costretto a lasciare la Nazionale nel 2015, dopo le prime accuse di abusi sessuali ed è tornato nel suo stato, il Michigan, a svolgere l’attività di medico sportivo, fino a quando viene arrestato nel 2017. Quindi, l’ultimo contatto fra Biles e Nassar, nel senso di trovarsi nello stesso ambiente sportivo, è a inizio 2015. Non voglio assolutamente sostenere che la Biles, se avesse risentito degli strascichi di quegli abusi, non avrebbe potuto avere le prestazioni di eccellenza ai Mondiali 2015 e all’Olimpiade 2016, e poi ai Mondiali 2018 e 2019, perché è evidente e documentato scientificamente che le ripercussioni di questi traumi possono restare celate per anni e anni e spuntare all’improvviso dopo tantissimo tempo. Perciò può accadere che vengano di nuovo alla luce mentre è in gara a Tokyo nel 2021 e incidano sulle sue prestazioni. Quindi, non metto in dubbio sia la verità degli abusi sessuali, sia il fatto che possano avere avuto ripercussioni dopo tanti anni.
Ma il vero dubbio scaturisce proprio dalle dichiarazioni della Biles al New York Magazine, oltre che a tanti altri mezzi di informazione. Lei stessa ammette chiaramente che avrebbe dovuto smettere prima di Tokyo quando il caso Nassar era al centro dell’attenzione, con il suo arresto e la sua condanna. Quindi, il risentire il peso di quel trauma era già un atto cosciente ben prima dell’Olimpiade, tanto da suscitare persino una reazione forte in contrapposizione, descritta nelle parole “Non gli avrei però mai permesso di prendermi qualcosa per cui ho lavorato da quando avevo sei anni. Non gli avrei permesso di portarmi via quella gioia”.
Eppure, in qualsiasi dichiarazione della Biles prima e durante i giorni dei Giochi di Tokyo, questo problema non viene mai menzionato. E nemmeno dopo la conclusione dell’Olimpiade. La Biles ne parla solo a metà settembre, dopo l’audizione in Senato. Prima, durante e dopo l’Olimpiade, lei insiste sugli stessi due punti: la pressione per la gara e i twisties. Neanche un accenno a Nassar e agli abusi sessuali, sul fatto che quei ricordi non le avrebbero impedito di prendersi qualcosa per cui aveva lavorato da quando aveva sei anni, come ha dichiarato molto dopo l’Olimpiade. E allora, se quei ricordi e quei traumi le erano ben presenti prima di Tokyo, come si fa a sostenere che invece sono spuntati proprio durante la gara, dopo tanti anni, e l’hanno indotta ad abbandonare? O l’uno o l’altro.
SAYONARA TOKYO
La versione lacrimevole della storia della Biles attira di più, quindi è stata scelta questa, ma i dubbi, sostenuti da riferimenti precisi e deduzioni logiche, non possono essere messi in secondo piano. Certo, c’è anche da considerare che una manifestazione come l’Olimpiade distribuisce non solo medaglie agli atleti, ma anche riconoscimenti e notorietà a chi le racconta, quindi c’è un’ulteriore possibilità, la “verità drogata” a seconda che una storia segua certi canoni, più graditi o più conformisti, o altri, più crudi o dissacranti. L’Olimpiade di Tokyo ha avuto tante storie, ognuno può scegliere quella che preferisce, dalle disfunzioni organizzative alla versione “tutto va bene”, dal mito vero o falso che sia alle verità nascoste, quello che resta è comunque il fascino di un Paese che, quando la pandemia sarà finita, sarà di nuovo bello visitare in libertà. L’ultima immagine è il saluto “Arigato” apparso sullo schermo dello stadio al termine della Cerimonia conclusiva dell’Olimpiade, il “grazie” per essere venuti qui nonostante il Covid. Ma nell’animo, in quel momento, c’è un’altra immagine, il ricordo struggente ed emozionante dell’arrivederci dei giapponesi, ultimo abbraccio dell’Olimpiade del 1964, con la loro parola più dolce: Sayonara.
(quarta parte – fine)