I Fab Four spuntano sempre fuori: vuoi in una foto, vuoi in una dichiarazione diretta o indiretta, vuoi in una statistica. Federer è un’icona del lusso e del papà e marito ideale, e culla la chimera di un altro urrà Slam; Nadal si ribella all’ennesimo infortunio e riappare come un fantasma sulla Rod Laver Arena dove ha scritto pagine epiche; Robocop-Murray insiste, prigioniero di un sogno e dello spirito degli errori scozzesi alla Braveheart; Djokovic sfoglia la margherita: vado/non vado, mi vaccino/non mi vaccino, cedo/non cedo, schiavo del solito inferno interiore.
Ma la nuova stagione australiana, il primo mese dell’anno, down under, dall’altra parte del mondo, così come gli ultimi mesi del 2021 guarda soprattutto a Sascha Zverev e Daniil Medvedev, i più seri candidati al trono ATP Tour. Con la sostanziale differenza che il tedesco suscita rispetto, ammirazione e anche timore per la micidiale potenza e l’ego da campione, ma è freddo, non trasmette travolgenti passioni, mentre il russo incuriosisce sempre più per la sua diversità. Non solo stilistica, con gambe e braccia lunghissime che si intrecciano quasi sul campo inscenando situazioni sempre uniche e inimitabili, ma proprio come personaggio.
Daniil ha armi tennistiche portentose: dal servizio ai continui cambi di ritmo e direzione da fondocampo, vanta il record di vittorie dell’anno scorso, 63, contro 13 sconfitte, con 4 titoli (Masters 1000 di Toronto, Maiorca, Marsiglia, US Open), ha firmato il clamoroso sgambetto al numero 1 proprio all’ultimo ostacolo del Grande Slam, dominandolo nella finale di New York, e a fine stagione s’è conquistato la possibilità almeno aritmetica di scalzare re Nole I di Serbia dal trono della classifica. Intanto, mantiene la straordinaria e spontanea capacità di restare umano, umanissimo, e quindi di non tradire mai se stesso.
Come gli riconosce lo stesso Djokovic, che forse – come suggerisce quella volpe di Mats Wilander – si approfitta anche della stima del rivale, più giovane di 9 anni, rubandone qualche segreto nei sempre più frequenti allenamenti e blandendolo: “Mi somiglia, non deraglia dai suoi principi, non si fa influenzare, ho grande rispetto di lui”. Daniil sorride sornione e restituisce i complimenti: “Novak, sei il più grande di sempre, mi dispiace di averti fermato nel Grande Slam”. Si dà e non si dà, dribbla etichette e rivelazioni: “Non saprei come definirmi, che decidano gli altri se gli sembro calmo, stupido, intelligente o pazzo, come mi ha chiamato Goffin col quale mi sono allenato, tempo fa, e mi ha visto dare di matto. Io direi che sono una persona interessante, nella vita come nel tennis. Il mio gioco è noioso? E’ strategico. Di certo viene dalla testa, magari dagli scacchi: ci ho giocato tanto da piccolo”.
“TROPPO CALDO-UMIDO, SI SUDA TROPPO”
Sì, ma poi, dimenticando la brutta scena dei soldi che sparse polemicamente sotto la sedia dell’arbitro di Wimbledon dopo una sconfitta (che gli costarono una forte multa) e i riferimenti razzisti contro un giudice di sedia (che lo fecero uscire subito dal campo, espulso), la tv americana rilancia spesso le sue impavide dichiarazioni belliche contro il pubblico degli US Open nella miracolosa campagna 2019, quando si arrese solo in finale e solo al quinto set contro Rafa Nadal, e tutti i giorni al microfono in campo aizzava la folla: “Io vi ringrazio per il vostro tifo contrario, è proprio così che mi date la forza per vincere, continuate, continuate, per favore”. Lui ha cercato di emendarsi, almeno a parole, è diventato più scaltro, ma proprio non si trattiene. Appena è ricomparso in campo, nell’ATP Cup di Sydney, costretto all’angolo dal tennis champagne di Ugo Humbert, dalle condizioni estreme dell’estate australiana e da una condizione fisica da rifinire, a un cambio campo, quando il punteggio gli si è rovesciato contro, dal 7-6 3-0 iniziale, ha vomitato l’anima dentro un cestino. Bella l’Australia, stupendo rigiocare le partite, fantastico l’avveniristico tetto della Ken Rosewall Arena di Sydney? Macché: “E’ una tortura, là dentro è terribilmente caldo ed umido. E’ incredibile. L’ultima volta che mi sono sentito così è stato all’Olimpiade di Tokyo: non c’è aria, non si respira, si suda solo, avrò cambiato 4/5 magliette. Complimenti però a Hugo che sembrava invece fresco, o forse fingeva”.
“GIOCO PER LA RUSSIA, NON PER ME STESSO”
La gente ride e scherza, lui si lamenta ma tiene botta, alla fine cede solo per 6-7 7-5 7-6: “Ho avuto i crampi già dal secondo set, eppure per poco non vinco lo stesso”. La piovra implacabile e anche un po’ inquietante, tipo Kraken dei Pirati dei Caraibi cinematografico, si addolcisce e si avvicina all’Orso Baloo del Libro della Giungla, ugualmente goffo e pericoloso, con una vena di sana e simpatica autoironia, e slanci di appassionata generosità. Così, è sempre più prossima alla gente, o almeno allo spirito più puro e giusto dello sport. Anche perché, subito dopo la battaglia persa in singolare, si ripresenta in campo per il doppio decisivo di Russia-Francia: “Quando ho saputo che avevo 25 minuti per il doppio non ero molto contento. Mi sono detto: “Sicuramente non è un riposo sufficiente dopo una partita di tre ore e i crampi. Ma qui non gioco per me stesso, gioco per la mia nazione. Se devo morire in campo, proverò a farlo e proverò a vincere”.
La gente apprezza eroi così, impara ad amarli, e gli australiani che sono sportivi nell’animo hanno subito adottato l’eroe Baloo, così diverso e imprevedibile, così alternativo da piazzare la zampata del 2-1 accanto a un partner senza pedigree come il 24enne Roman Safiullin, campione junior degli Australian Open 2015, oggi 157 ATP, che deve sostituire i ben più noti Rublev e Karatsev, e prima vince il derby dei numeri 2 contro Rinderknech e poi fa l’impresa in doppio a sostegno di un Medvedev stremato ma impavido. Parola di Daniil: “Ho avuto tante emozioni nella mia carriera, ma quelle di oggi entrano nelle top 3/5, guarda solo Roman come ha reagito (salvando 15 palle break su 19!, n.d.r.), come ha giocato, è stato irreale. Sì, forse non siamo i migliori doppiasti al mondo ma il livello che abbiamo giocato oggi e il modo in cui abbiamo vinto mi ha regalato così tante emozioni che non posso spiegare anche se è decisamente meglio vincere sempre 6-0 6-0, facile, ma così non avrai mai queste emozioni”.
“TIENI LA MIA MAGLIETTA, AMICO”
Safiullin ha giocato il doppio con la maglietta di Medvedev: “E’ stata la prima volta che mi succede, da pro, forse fra gli juniores succede qualcosa del genere, ma così sembravamo ancor di più una squadra”. Safiullin ha riportato indietro nel tempo Medvedev: “Nei tornei under 18 Roman era super difficile da battere, quando sapevo che era dalla mia parte di tabellone tremavo. Abbiamo giocato molte finali, semifinali, molte partite, alcune erano di tre ore e tre set. Ci siamo divertiti tanto”.
Così Medvedev cresce, migliora, sale, aumento di spessore e, da numero 2 del mondo nel ranking, nell’hit parade della passione popolare s’avvicina sempre più al numero 1. Anzi, per gli australiani così spontanei ed emotivi, l’Orso Baloo è già in vetta.
Chissà se sanno che l’ultimo aggregato alla nazionale russa falcidiata dalle rinunce, il 21enne Alexander Shevchenko, è soprattutto un compagno di Playstation di Daniil. “E’ un bravo ragazzo, sembra molto divertente e semplice, l’ho appena conosciuto di persona”. Per la cronaca, è appena 328 del mondo, come garanzia ha il coach, il guru Gunther Bresnik, e l’amico Medvedev.
*articolo ripreso da supertennis.tv