Giovanni Malagò è volato all’Olimpiade coreana (del Sud) con la sensazione che questa volta, a differenza di quanto accadde a Sochi, i suoi Giochi d’esordio, i metalli preziosi usciranno dalla miniera delle gare. Ultimamente va alla grande, il presidentissimo. E’ scivolato via con nonchalance nella guerra persa con Paolo Barelli, presidente della Federnuoto, ha ottenuto dal Governo la possibilità di regnare fino al 2025, ha rinserrato le fila delle sue divisioni e, infine, si è annesso la Federcalcio e la Lega di serie A, cedendo la prima al sodale segretario Roberto Fabbricini e tenendosi la seconda per sé. Diventare commissario della Federcalcio è stato un colpo di genio. Una vera architettura delle beffe, tanto per stare in tema. Malagò è diventato commissario (per interposta persona) di una federazione che ha contribuito in maniera determinante a mandare nel caos.
Come tutti sanno, per quando enorme sia stata l’eliminazione della Nazionale di calcio dai Mondiali, non esiste che un risultato sportivo sia motivo per la caduta di un presidente federale. Vogliamo parlare di un altro sport di squadra? Il basket non va all’Olimpiade dal 2004 e non si è qualificato agli ultimi due Mondiali. Certo, non è il calcio, ma non è nemmeno la cippa lippa. Eppure non mi pare che il presidente sia in discussione. La Federcalcio è ottimamente organizzata, ha bilanci a posto, talmente a posto che ha accantonato 5 milioni di euro per il nuovo tecnico. “Perfino troppi” ha commentato il sub comandante federale Billy (Costacurta). A questo proposito geniale anche la par condicio applicata: un sub di Sky (il suddetto) e uno di Mediaset (Corradi).
La Federcalcio ha un direttore generale apprezzato in Italia e soprattutto in Europa, Michele Uva, non a caso posizionato bene nella gerarchia Uefa. Con Evelina Christillin nella Fifa, erano anni che la nostra federazione non riscuoteva così tanti crediti internazionali. Senza contare dei progetti già avviati a livello di calcio giovanile e di quello femminile.
Paradossalmente, se la Federcalcio fosse stata amministrata alla carlona, ma l’Italia fosse andata ai Mondiali, Tavecchio l’avrebbe sfangata. Questa è l’Italia, bellezza. Più dell’efficienza, conta l’apparenza.
Anyway, come dicono a Londra, Malagò si è presentato da Fazio, sei giorni dopo il tracollo con la Svezia e ha sfiduciato Tavecchio su Rai1, ammiraglia della tv di Stato. In quella sede ha elogiato pubblicamente solo una componente del mondo del calcio: la Lega Nazionale Dilettanti. E il giorno dopo il presidente Sibilia è stato determinante nello sfilare la seggiola da sotto i glutei di Tavecchio, caduto non per l’uscita dal Mondiale ma per una congiura di palazzo. Lo sprofondo azzurro è stato il pretesto, non la motivazione.
Due mesi dopo ecco le elezioni, protagonisti tutti coloro che sedevano insieme con Tavecchio e che si sono presentati come se fossero delle novità assolute. Ognuno arroccato nella proposta di se stesso. L’assenza di una maggioranza e il commissariamento sono stati la logica conseguenza della farsa. Cioè quello che Malagò voleva fin dal principio. Niente da dire, un’operazione condotta con estrema abilità. Complimenti. Ora che controlla il calcio italiano, speriamo che questa abilità gli sia utile per migliorare qualcosa. Rifondare è un verbo avventuroso, già fare un po’ meglio sarebbe una conquista.
PIATTO CONSIGLIATO
Abbacchio per i commissari a Roma, costoletta alla milanese per i commissari a Milano. Perché bisogna stare su.