A livello giovanile vi sono moltissimi giocatori e Allenatori che davanti ad una situazione importante, come ad esempio una partita “tosta”, non riescono a tradurre in comportamenti positivi, le proprie potenzialità.
E’ il caso tipico di giovani giocatori che, pur possedendo mezzi atletici e tecnici idonei ad affrontare la partita, vivono una situazione di disagio talmente forte, da non riuscire a dare tutto ciò che hanno dentro di sé.
Lo stesso dicasi per molti Allenatori che vivono intensamente il pre‑partita e la partita stessa: non sono sereni, hanno paura della competizione (vittoria, sconfitta o incertezza) e scaricano sui giocatori la loro tensione nello spogliatoio e durante la gara (insulti, imprecazioni).
La capacità di comunicazione dell’Allenatore incide molto sullo stato ansioso dei giocatori: bisogna essere calmi, parlare tranquillamente, non enfatizzare troppo la partita, senza però tralasciarne l’importanza.
Da come si esprime l’Allenatore nello spogliatoio, i giovani giocatori ne ricavano le spinte per prepararsi alla gara e lo stesso dicasi durante la partita (nei time‑out).
Aver lavorato bene durante gli allenamenti con i singoli e con il gruppo, significa creare le basi affinché il giocatore abbia un buon rapporto con il proprio corpo e con le proprie pulsioni.
Essere in grado di discriminare le diverse differenze di tonicità nel corpo, permette alla persona (giocatore e Allenatore), di avere un parametro in più per riconoscere il proprio stato d’animo e quello degli altri.
Contrazione e decontrazione sono l’effetto sul corpo di stati d’animo diversi e l’imparare a riconoscerli su se stessi e sul corpo degli altri, è possibile solo si è lavorato bene e correttamente su queste tematiche e sulla gestione delle pulsioni nel periodo che va dai 6 agli 11 anni (multilateralità, educazione motoria di base, giocosport) e dai 12 ai 15‑16 anni (passaggio dal giocosport allo sport, sviluppo delle capacità motorie, perfezionamento dei fondamentali individuali e collettivi di attacco e di difensivi).
L’aggressività se non è educata ad essere scaricata con modalità adeguate, può diventare un pericoloso nemico in futuro.
Troppo spesso, ad un’educazione che tende a reprimere sul nascere qualsiasi forma di aggressività, corre in aiuto solo l’attività sportiva che offre al giovane la possibilità di evitare il pericoloso meccanismo che porta a dirigere l’eccesso di energia pulsionale contro se stessi, realtà che a lungo andare produce le malattie psicosomatiche.
Educare l’ansia e incanalare lo stress attraverso lo sport, sono gli obiettivi principali di un Allenatore a livello giovanile. La partita deve essere vissuta positivamente, l’agonismo deve essere inteso come confronto e non come scontro e il cercare ogni volta di migliorarsi, mettono in condizione l’Allenatore (capace, competente, preparato e profondo conoscitore delle tematiche relative allo sviluppo dell giovane) di operare bene.
Un aspetto forse un poco trascurato, è invece quello della personalità degli Allenatori a livello giovanile. L’esperienza ci insegna che le caratteristiche di personalità sono di primaria importanza nella valutazione su chi è preposto all’allenamento dei giocatori.
Un Allenatore positivo è colui che ha fiducia in se stesso, possiede una mentalità elastica, è intelligente e disponibile verso gli altri, è un leader, possiede un buon livello culturale, conosce bene se stesso, sa comunicare bene, è “curioso” verso il nuovo, non trasmette ansia e stress, sa gestire bene i rapporti interpersonali.
Un bravo Allenatore, per comunicare con la squadra e con i singoli giocatori, deve essere una persona sicura delle proprie possibilità, convinta delle proprie idee e capace di metterle in discussione, senza mai farsi prendere dal panico e dall’ansia.
L’autocoscienza (capacità di conoscere chi è realmente, che cosa vuole ottenere) e l’autostima (avere fiducia nelle proprie possibilità, conoscere quali sono i propri limiti, possedere equilibrio, indicare agli altri la strada giusta da percorrere per poter ottenere dei risultati), sono due elementi di personalità che determinano la possibilità o meno di essere un buon Allenatore a livello giovanile.
Se non c’e autostima ci saranno mille paure, troppi dubbi, che prima o poi genereranno ansia, stress e difficoltà nella gestione della squadra.
CONCLUSIONI
In passato l’attività sportiva era caratterizzata da valori, quali l’essenzialità, la lealtà, l’agonismo, il rispetto delle regole e dell’avversario, l’accettazione e la gestione dello sforzo fisico e mentale, valori che oggi appaiono soppiantati dalla ricerca del successo ad ogni costo e dalla sovrapposizione dell’immagine che ne deriva.
La sicurezza nei propri mezzi è quella virtù che permette l’elasticità mentale, che è da ritenersi un attributo fondamentale per la personalità dell’Allenatore. Più un Allenatore sarà insicuro e più si arroccherà su una filosofia sportiva rigida, diventando incapace di modellarla, in funzione del materiale umano a disposizione.
Se un Allenatore sarà sicuro di se stesso, conquisterà la fiducia dei suoi giocatori e quindi, il gruppo accetterà di farsi guidare senza paure, ansie o stress.
Troppo spesso molti Allenatori, guidando una squadra, tendono a porsi nei confronti dei giocatori con un atteggiamento autoritario (rifiuto della squadra a seguirlo), invece sarebbe molto meglio adottare lo stile della “leadership”.
L’Allenatore deve possedere la capacità di cogliere il mondo interiore delle persone nei suoi significati più intimi e personali come se fossero i propri, senza dimenticare che in realtà non lo sono (empatia). Questa qualità può essere accostata alla sensibilità, cioè alla capacità di percepire cosa una persona prova e come si sente di fronte ad una situazione.
L’Allenatore empatico riuscirà a comprendere la sofferenza di chi sta in panchina, la paura del giocatore ansioso e in questo modo il suo rapporto con i giocatori diventerà più intenso e positivo.