(Foto in copertina © Gazzetta dello Sport)
Domenica, alle 16 italiane, i motori della classe regina, la F1, tornano a ruggire sul circuito di Manama,
Bahrain. Per carpire sensazioni, aspettative e possibili sorprese ci siamo affidati ad una personalità che di monoposto, paddock e circuiti ne ha visti tanti: Cesare Fiorio è stato anche direttore sportivo della Ferrari in Formula 1 dal marzo 1989 all’inizio del 1991.
Domanda obbligata: la Ferrari è pronta per tornare a vincere il Mondiale costruttori dopo 15 anni?
“Fino alla stagione 2021 la Ferrari si è rivelata poco competitiva; le posizioni di testa sono spesso risultate irraggiungibili per la scuderia di Maranello. Mattia Binotto, nel corso dell’ultima stagione, ha avuto un grande merito: dare il giusto impulso, ripensare la macchina dalle fondamenta e riportare la rossa a poter ambire alle primissime posizioni e, di conseguenza, insidiare Red Bull e Mercedes nella lotta al titolo”.
Dove ha fallito la Ferrari nella passata stagione: che cosa non ha funzionato a dovere?
“Il Cavallino ha pagato principalmente i troppi errori di pianificazione al “muretto”. Non si devono, però, dimenticare alcuni errori di troppo sia da parte di Leclerc (n.d.R. ritirato quando era in testa al GP di Francia per essere finito a muro) che di Sainz. Il pilota spagnolo è stato poi anche tormentato dalla scarsa affidabilità della meccanica (n.d.R. l’ultimo episodio in questo senso, è il ritiro al GP d’Austria con la monoposto divorata dalle fiamme). La stagione non può, però, essere considerata del tutto negativa: un secondo posto, tenendo presente la storia recente della scuderia di Maranello, non può essere considerato un fallimento”.
Quali sono, secondo lei, le principali differenze tra la passata stagione e quella imminente?
“Ogni stagione vede l’ingresso di aspetti differenti. Sta alle scuderie riuscire a risultare competitive anche in presenza di cambiamenti tecnologici, novità di regolamento o inserimenti in calendario di nuovi circuiti. Bisogna tener presente, poi, che la macchina non è mai definitiva: muta più e più volte nel corso della stagione. Basti pensare a che cosa è riuscita a fare la Mercedes la scorsa stagione: partendo da una monoposto totalmente inadeguata per tenere testa alla Red Bull di Max Verstappen, ha saputo gradualmente aggiustate il tiro e regalarsi un finale di stagione da protagonista. Sta alle varie scuderie e alla loro predisposizione all’evoluzione minimizzare gli effetti potenzialmente negativi di cui i cambiamenti possono essere forieri. Nel caso della Ferrari, le prime gare ci diranno il livello di competitività della monoposto rispetto alle concorrenti, ma non possono certamente rivelarci con quali esiti si concluderà la stagione. Molto dipenderà dalla capacità di tenersi al passo con gli altri”.
Frédéric Vasseur ha rivelato alla stampa di essere già stato contagiato dalla passione per la rossa e di attendere con impazienza il debutto della Ferrari in Bahrain. È l’uomo giusto al momento giusto?
“Binotto si è dimostrato molto bravo, soprattutto sotto il profilo tecnico: come detto, la monoposto della passata stagione era competitiva. La Ferrari ha tutte le carte in regola per essere performante. Vasseur nella sua storia non si è rivelato fino ad ora un vincente. Ha sempre navigato nell’anonimato della classifica. L’aver portato il team Alfa Romeo al sesto posto finale non è certamente un risultato banale, ma neanche così significativo. Il suo curriculum deve ora arricchirsi di risvolti di peso. Sono ormai trent’anni che è in immerso in questo ambiente e qualcosa avrà sicuramente imparato. Pochi dubbi sulla sua competenza nelle formule minori. Ora, però, deve dimostrarsi adatto alle pressioni del “muretto” della classe regina”.
C’è un favorito al titolo: lei punta più su Max Verstappen o su un ritorno prepotente di Lewis Hamilton?
“Max e Lewis sono due piloti molto capaci. In pista sbagliano pochissimo e questo è fondamentale per ambire al titolo. Hanno sicuramente una macchina molto performante alla quale dare quel quid in più che solo i grandi nomi dell’automobilismo riescono a dare alle loro vetture”.
Quale può essere l’outsider da monitorare?
“Dico, in primis, la coppia Leclerc – Sainz, un duo di talento. La grande novità di quest’anno si chiama Oscar Piastri (n.d.R australiano, 21 anni) in McLaren. Attenzione, però: il suo curriculum fatto di trionfi nelle serie minori, non deve far pensare ad un pilota immediatamente pronto a sfondare nel panorama del circus. Sono tanti i piloti in F1 ad aver vinto gli stessi titoli messi in bacheca da Piastri e che hanno poi deluso le aspettative della stampa e degli appassionati. Detto questo, il ragazzo ha sicuramente le capacità per fare bene e speriamo che possa mettere in mostra il meglio del suo repertorio”.
Come giudica la scelta di Mick Schumacher di firmare per Mercedes come terza guida?
“Schumacher porta un cognome davvero troppo pesante nel mondo della F1. Un cognome di un pilota che ha segnato indelebilmente questo sport e che ha mostrato a tutti come si doveva correre, raggiungendo prima in Benetton e poi in Ferrari risultati eccezionali. Mick è nato e cresciuto probabilmente con l’obiettivo di emulare il padre, ma evidentemente non era destino”.
Leclerc e Sainz sono la coppia più forte sulla piazza?
“Sicuramente. Ferrari dispone di due ottimi piloti. Sainz è riuscito alle volte a interpretare meglio le gare rispetto al monegasco. Charles, però, è più forte in qualifica e speriamo che in questa stagione possa riuscire a conquistare buoni piazzamenti e soprattutto a mantenerli nel corso della gara”.
Domenica in Bahrain che gara si aspetta?
“Il circuito è velocissimo per essere un tracciato simile per caratteristiche a quelli cittadini. Credo che sarà il terreno di prova per capire quale monoposto partirà avvantaggiata rispetto alla concorrenza, tenendo sempre presente, però, che è ancora troppo presto per emettere verdetti. Sicuramente brilleranno Red Bull, Ferrari e Mercedes. Poi, spazio alle sorprese: parlano molto bene dell’Aston Martin di Fernando Alonso, grandissimo interprete del ruolo di pilota e trascinatore di uomini. Non penso, però, che la scuderia britannica possa avere le chance per giocarsela con le tre sorelle là davanti”.
Se potesse, quali modifiche apporterebbe all’universo F1?
“La F1 in questo momento è molto competitiva. Le gare sono sempre incerte. Abbiamo almeno tre/quattro macchine che possono ambire ogni domenica al gradino più alto del podio. L’evoluzione è stata negli anni molto positiva. Se dovessi trovare l’anello debole, direi che oramai la riuscita o meno di una stagione in F1 è determinata da un insieme di fattori, tra i quali, ricordavamo prima, il costante aggiornamento della monoposto gara dopo gara. I piloti, dunque, sono protagonisti fino ad un certo punto e quando si parla di affidabilità della meccanica non è che possano farci molto. Mi piacerebbe vederli tornare più protagonisti e determinanti”.
Il 20 febbraio scorso ricorreva il compleanno di Enzo Ferrari. Che cosa ha rappresentato questo gigante dell’imprenditoria italiana per lei?
“Ho avuto una prima occasione di gestire una squadra di Enzo Ferrari quando la scuderia metteva sullo stesso piano Formula 1 e sport prototipi. Quando a Maranello si dava la stessa importanza a tutte le competizioni nelle quali ci si trovava impegnati. La gara era la Targa Florio, valevole per il campionato del mondo. 11 giri di 72 km di strade sterrate, rallystiche ed Enzo diceva che io avevo maggiore esperienza su quella tipologia di fondo stradale rispetto agli uomini che aveva solitamente in squadra all’epoca. Non ho poi potuto collaborare con lui più a lungo a causa della sua scomparsa (n.d.R. il 14 agosto 1988). Pochi mesi dopo la sua morte, Fiat mi ha poi mandato a dirigere la Ferrari in F1”.
C’è qualcosa che l’ha colpito particolarmente quando ha incontrato per la prima volta Ayrton Senna? Il suo mancato approdo in Ferrari è per lei un rimpianto?
“Senna è stato almeno uno dei tre più grandi piloti mai transitati in F1. Il mio obiettivo da quando ho assunto la direzione della scuderia Ferrari in F1 era quello di poter disporre di lui e soprattutto di non averlo più come avversario (n.d.R. nel 1990 Cesare Fiorio sfiorò il titolo con Alain Prost, quando il francese fu buttato fuori da Senna all’ultima gara in Giappone). Con lui abbiamo avuto un lungo rapporto di collaborazione per la stesura del contratto che l’avrebbe poi legato alla rossa di Maranello. Sono stato a casa sua in Brasile e nel suo appartamento a Montecarlo. Avevamo messo tutto per iscritto. Poi, purtroppo, i vertici Ferrari mi hanno impedito di portare a termine questa operazione. C’era già un pre contratto che ho reso pubblico, quando ormai non c’era più nulla da nascondere, vent’anni dopo. Il suo mancato approdo alla corte del Cavallino ha cambiato per sempre le nostre vite: Ayrton si è accasato altrove e io, non avendo raggiunto l’obiettivo che mi ero prefissato, ho lasciato Ferrari nel 1991”.
Tra F1, rally ed Endurance quale preferisce?
“Sono tutte gare. Io sono per la competizione. In tutte e tre bisogna cercare di interpretare al meglio i regolamenti, conoscere bene i piloti e non commettere errori”.
All’inizio del 2000 la F1 si è arricchita di un pilota di talento come Fernando Alonso, al cui arrivo nella classe regina lei ha contribuito non poco. Che ricordi ha di Fernando Alonso e che cosa dobbiamo aspettarci da questa sua nuova avventura in Aston Martin?
“Fernando Alonso l’ho messo su una F1 a diciassette anni, quando aveva alle spalle un solo campionato in una specie di Formula 3 spagnola. Prese parte a un test di cinque/sei piloti che sarebbe stato utile a definire la squadra per la stagione successiva. Quel giorno pioveva ed ero molto incerto se dare il via libera alle prove. Avevo timore che qualcuno finisse a muro e distruggesse la macchina. Tutti i piloti, invece, si comportano bene. Fernando, però, mi impressionò maggiormente, mostrando una padronanza sul bagnato non da tutti. Appena terminò il test, capii subito che un giorno si sarebbe laureato campione del mondo. E così è stato. Purtroppo, in Ferrari, Fernando non ha trovato una monoposto competitiva ed entrambi non hanno potuto approfittare di quello che l’altro poteva offrire. Ho molta fiducia in Fernando, ma l’Aston Martin non ha mai sortito vetture competitive. Alonso può dare un piccolo contributo ma molto dipende da quello che la scuderia gli metterà a disposizione. Fernando non può inventarsi, sviluppare una monoposto. Non rientra nei suoi compiti”.
Che ricordo custodisce della traversata atlantica del suo Destriero nell’agosto del 1992 compiuta in 58 ore, 34 minuti e 50 secondi?
“Ho corso diciotto anni in motonautica. Una vera e propria vita parallela al mondo delle corse sull’asfalto. Avevo già fatto un tentativo in precedenza con Benetti ma avevamo dovuto sospendere perché si era rotto un motore. Fu, in ogni caso, un’esperienza formativa nella quale compresi che cosa bisognava fare e che cosa bisognava, invece, evitare. L’esperienza col Destriero è stata il coronamento della carriera in motonautica. Il mio record è tuttora imbattuto”.
Crede che la strada intrapresa da Lancia (n.d.R. futuro elettrico con rimandi ai grandi
modelli del passato) possa giovare ad un marchio fuori ormai da tempo dalle strategie di mercato di FCA prima e Stellantis poi?
“Mi auguro che il marchio Lancia ritorni a essere quello che era un tempo. Bisogna restituirgli
la giusta importanza. Se Lancia ritornasse un brand interessante, il mercato automobilistico
ne gioverebbe sicuramente. Sono sicuro che molti lancisti non aspettano altro. Se questo
avrà luogo o meno è tutto da scoprire”.
(Intervista a cura di Samuele Virtuani)