Immagine di copertina © Corriere della sera
“Poteva andare peggio. Molto peggio!” – avranno sospirato, al termine del GP di Baku, i milioni di ferraristi sparsi in tutto il pianeta. Non capita tutti i giorni, canterebbe Bennato, di vedere la rossa, e soprattutto Leclerc, ora sesto in graduatoria piloti, parcheggiarsi in prima fila davanti alle Red Bull, vetture degne di un cannibale. E, invece, è successo.
Certo, la sprint race prima e il GP poi hanno ribadito, nel caso ce ne fosse ancora bisogno, il clamoroso gap che continua a persistere tra le rosse di Maranello e le monoposto degli Asburgo delle bibite energetiche. L’aver saputo, però, tener testa all’Aston Martin di Fernando Alonso, con l’asturiano sempre più a suo agio in questa nuova realtà, è più di una magra consolazione. Senza contare la pessima prova offerta da Hamilton, sesto, e dal compagno di scuderia Russell, ottavo, che muovono non solo la classifica piloti, ma anche quella costruttori e danno anche un po’ di colore alla prestazione di Carlos Sainz, quinto sia al termine della gara che in classifica piloti, apparso un po’ contratto per le vie del seducente centro storico azero. Cauto ottimismo, dunque. Niente proclami, zero caroselli e testa alla splendida Florida, che per l’occasione ha deciso di rifare il look al manto della pista.
La Ferrari arriva al GP di Miami al quarto posto in classifica costruttori. Emerson Fittipaldi giustifica l’avvio zoppicante del Cavallino come conseguenza del clima carico di aspettative che si percepisce, lato piloti, in Ferrari:
“Storicamente, i piloti sono stati incolpati per le scarse prestazioni della Ferrari, il che crea pressione”.
In quel di Maranello, spiega la leggenda brasiliana della F1, i piloti sono sempre stati sotto la lente d’ingrandimento e in una Ferrari che non vince nulla dal 2008 [N.d.R. Titolo costruttori firmato dal tandem Raikkonen – Massa], la smania di risorgere come araba fenice dalle ceneri e le ansie da prestazione non posso che essere elevate. “Chi sbaglia in fretta”, però, “piange adagio”.
“Credo che Carlos Sainz e Charles Leclerc abbiano subito la pressione delle aspettative che derivano dalla Ferrari. Le aspettative che provengono da tutta l’Italia, da tutti i tifosi della Ferrari nel mondo”.
I piloti come capri espiatori al Tempio di Gerusalemme. Una dinamica che ricalca in tutto e per tutto quella tra club calcistico, tifosi e allenatore. Un triangolo delle Bermuda pallonaro che ha bruciato nomi su nomi, specialmente in Italia, alcuni dei quali anche illustri. Quando le cose vanno male, la colpa ricade inevitabilmente sulla guida tecnica. E in F1 le cose non vanno diversamente. A farne le spese è chi impugna ogni maledetto fine settimana il volante della monoposto, al massimo rotola la testa del team principal.
Il fascino del marchio, il peso delle aspettative della dirigenza, della stampa e degli appassionati, il sogno di una vita che, però, può tramutarsi nel peggior incubo: le vittorie che non arrivano, l’ambiente che inizia a mugugnare e a voltarti le spalle, l’insicurezza che prende il sopravvento ed ecco che ogni curva, anche quella meno impegnativa, mette apprensione. Guidare per la creatura di Enzo Ferrari è contemporaneamente un ònere e un onore. Nessuna scuderia è così esigente sotto il profilo psicologico.
“C’è una cosa che succede quando la Ferrari non va bene. Si dice: ‘è colpa del pilota’. È una cosa storica. È molto difficile essere un pilota della Ferrari. Ho sempre sognato di essere un pilota della Ferrari, ma so a quale tremenda pressione sono sottoposti”.
Prosegue Fittipaldi:
“Questo crea una pressione sul pilota che è maggiore di quella di un pilota di qualsiasi altra squadra. Questa è la mia opinione. I piloti della Ferrari sono più sotto pressione di quelli di tutte le altre squadre di Gran Premio esistenti. Devono fare prestazioni e risultati. C’è un’aspettativa derivante dalla storia, dal nome, da tutto e questo crea una pressione enorme su di loro”.
Gli inciampi, nel recente passato, sotto il profilo strategico della Ferrari non hanno fatto altro che accrescere la pressione su Leclerc e Sainz, chiamati perennemente a rincorre piloti a bordo di vetture più competitive e con alle spalle uno sviluppo più puntuale, figlio di un clima disteso e collaborativo. Aggettivi, questi, sconosciuti al vocabolario del Cavallino.
“Penso che quello che è successo negli ultimi due anni con la strategia della Ferrari, gli errori, tutto questo ha creato ancora più pressione sui piloti. È una posizione difficile per loro. Non è facile essere lì”.
Ferrari, un marchio, anzi, un mito costruito sui successi ottenuti nelle corse automobilistiche, significa giocoforza passione, nello sport sempre un’arma a doppio taglio, ma anche una fame di vittorie e di risultati enorme. Gargantuesca. Un abbinamento inscindibile. Una peculiarità dell’ambiente che, però, si trova a fare i conti, in questo frangente, con la necessità di programmare, ricostruire, ripartire e inaugurare una nuova era di successi. Serve pazienza e ciò, però, non vuol dire procrastinare. Questa deve essere la convinzione di tutti, dal primo dirigente all’ultimo impiegato.
“È un sogno essere un pilota della Ferrari, sì, ma comporta anche un’enorme pressione. Carlos Sainz è sottoposto a una pressione enorme, da parte della stampa italiana, dei tifosi, della squadra. Quando si va in un paddock di F1, i meccanici Ferrari sono molto orgogliosi di avere quella divisa rossa che ha molta storia. Sono molto orgogliosi”.
La lucidità di tutti per un futuro brillante come la candida carrozzeria della Testarossa monospecchio di Miami Vice. Charles Leclerc e Carlos Sainz come i detective Tubbs e Crockett. Sognare, del resto, non costa nulla…