Come in tutti gli anni dispari, si è concretizzato anche nel 2019 il Grande Flop dell’Olimpia di Giorgio Armani, buttata fuori 3-0 da Sassari nelle semifinali scudetto, dopo l’esclusione dai playoff di Eurolega e il k.o. nei quarti di coppa Italia. Nella classifica delle stagioni più deludenti di Milano, che dal 2014 conquista lo scudetto col nuovo allenatore maimplode nel secondo anno con lo stesso tecnico, quella appena conclusa vince a mani basse il titolo di Peggior Risultato Assoluto, per la grande qualità della squadra rispetto ai risultati (non) ottenuti. E, soprattutto, per l’eccellente pallacanestro giocata nella prima parte della stagione, che ha fatto intravedere tutte le enormi potenzialità della squadra, prima di una picchiata tecnica e mentale diventata irrefrenabile dalla coppa Italia in poi.
Inutile cercare colpevoli singoli: una sconfitta così è figlia di tutti, nessuno escluso, con quote dipendenti dal ruolo, importanza nelle decisioni e nella gestione in campo e fuori di ognuno, dal presidente Proli al magazziniere (si tira sempre in ballo il magazziniere, ma esiste, poi?). E infatti non voglio parlare di squadra, leader, scelte sbagliate, futuro, responsabilità, lo fanno già tutti in queste ore. Penso ad altro.
Mi chiedo, ad esempio, come mainonostante l’esperienza del 2015 e 2017, tutti ma proprio tutti abbiano (o abbiamo) dato Milano ancora strafavorita alla viglia dei playoffnonostante mille segnali negativi. Vero, ha un roster sulla carta inarrivabile e spende il doppio della più ricca delle inseguitrici. Ma come si calcola, in pratica, il budget della squadra quando scende in campo? Cominciamo a dire che in Italia, due stranieri dell’Armani non possono giocare se non in rotazione. Quindi, in una sfida secca, dal budget generale si devono togliere due stranieri importanti (Jerrells e Omic contro Sassari). Più Gudaitis ma qui il discorso va nella direzione infortuni, la madre di tutte le scuse di Milano quest’anno e di cui non voglio più sentir parlare per pietà (infortuni decisivi, per carità, soprattutto quello di inizio stagione di Nedovic e di Gudaitis: ma allora Sassari che ha perso il suo top scorer Bamforth o Avellino arrivata al Forum a pezzi, senza un potenziale Mvp della stagione come Green, cosa dovrebbero dire?). Poi dal budget di Milano vanno sottratti Amedeo Della Valle e Simone Fontecchio messi completamente da parte da Simone Pianigiani e di fatto non utilizzati nell’ultima parte della stagione. Milano s’è accorciata clamorosamente la panchina e ha “buttato via” un’altra parte del suo budget. Quindi la corazzata Armani si è presentata contro Sassari con 9 giocatori, esattamente quelli messi in campo dalla Dinamo. Come ottavo e nono per minutaggi, Gianmarco Pozzecco ha schierato McGee e Carter, Pianigiani Cinciarini e Burns, scegliete voi a chi va il vantaggio.L’Armani ha speso tre volte Sassari per fare la squadra, ma la differenza economica con gli avversari non è stata più 3-1 ma molto meno. Colpa dell’Olimpia, ovviamente, se non è stata così forte come tutti diciamo. Ma visto come andavano le cose, era prevedibile. Poi è piovuto sul bagnato. E questo è già un buon motivo per spiegare come si sbaglino i pronostici senza andare nel gossip, sui cattivi rapporti tra Mike James e il mondo, o fare grandi analisi tecniche (si è discusso tanto di quanto siano pesati i falli di Tarczewski, ma se la palla di Sassari va sempre in post basso, mi dite un gioco dell’Olimpia per sfruttare il suo pivot a parte il rolldopo il pick ogni tanto?).
Un altro motivo per cui sbagliamo i pronostici con Milano potremmo chiamarlo condizionamento, nel bene e nel male. Ormai viviamo in un’epoca nella quale qualsiasi vittoria normale è dipinta dagli stessi protagonisti come un’impresa, qualsiasi obbiettivo alla portata (tipo i playoff di Eurolega per Milano) diventa una sfida impossibile. Nell’Olimpia di oggi, tutto questo è portato all’eccesso. E siccome i protagonisti si arrabbiano con chi non è così enfatico nel descrivere le loro gesta, e siccome tutti tengono famiglia e non possono rischiare di avere “cattivi rapporti” con la squadra più ricca, potente e inserzionista pubblicitaria d’Italia, Milano ha continuato a vivere in un mondo virtuale nel quale la critica costruttiva è vissuta sempre come nemica e i nemici vanno possibilmente allontanati. Quante volte leggendo le dichiarazioni dei milanesi, vi siete chiesti che partita avessero visto, in che mondo vivessero? Sembra una banalità, ma il consenso finto nello sport è pericoloso più che nella vita perché poi c’è un immediato riscontro col risultato ottenuto.
E’ vero anche il contrario. Quando poi Milano perde, viene stracriticata, a babbo morto, quasi come fosse un gestoliberatorio. L’Armani ha perso 3-0 con Sassari che le è stata superiore, ma ha ceduto due volte ai supplementari, una dopo aver buttato nel water la vittoria in gara-2 per non aver fatto un fallo banale avanti di tre punti. In gara-3 a Sassari ha giocato un’ottima partita al netto dell’atteggiamento da Calimero di Mike James (ce l’avete tutti con me, sarete contenti che ho perso…) anche mentre giocava e non solo su Twitter. Non è stata insufficiente come è apparso su molte pagelle, ha giocato meglio che in tante altre occasioni, è andata a un passo dall’essere 2-1. L’impressione è che le si facciano pagare le scelte sbagliate fatte durante la stagione, ma allora certecritiche andavano fatte prima.
Cosa succederà adesso? Anche qui, lascio la preveggenza agli altri. Mi piacerebbe, però, che all’Olimpia cambiassero le cose, fossero azzeratele scuse e le giustificazioni che nessuno ne può più di sentirle, che non spiegassero sempre al mondo cos’è la pallacanestro e che venisse bandita dal loro vocabolario la parola budget, proprio e degli avversari. E che non dessero (velatamente, si intende) dopo ogni sconfitta la colpa agli arbitri, al brutto tempo, allo spread, alle mezze stagioni che non ci sono più salvo poi continuare sulla stessa strada, senza far tesoro mai delle esperienze. Bisogna intendersi: l’Olimpia è una grande società sotto mille aspetti fondamentali. Il pubblico numerosissimo che l’ha seguita e ha pagato 35 volte il biglietto quest’anno per vederla lo dimostra. Basti solo dire che, anche senza l’intervento economico diretto di Armani, l’Olimpia per incassi e sponsor sarebbe comunque la società n.1 d’Italia. Chiudo con un aneddoto: negli anni Ottanta, Milano perse un brutta partita in casa, se non ricordo male a inizio playoff, tipo quest’anno Avellino. Dan Peterson venne da noi giornalisti, che allora rappresentavamo l’unico media per raggiungere l’opinione pubblica e disseprima di ogni nostra domanda: “ok, ragazzi… tirate fuori le mazze da baseball”. Con una frase espressetutto, la responsabilità sua e della squadra, la disponibilità ad accettare anche le critiche più feroci e che non ci fosse una scusa al mondo per spiegare quel risultato. Ovviamente ci disarmò. Poi vinse. La grande Olimpia funzionava così.