Tirare una palla da golf da 3466 metri, giù nel vuoto per cento metri e raggiungere un green, un lenzuolo verde duecento metri più in là, sulla neve. E’ stata un’esperienza unica, sia pur sfortunata perché la nebbia si è messa di traverso nascondendo l’esito della sfida “Nearest to the Pin”, i drive dei pro Corrado De Stefani, Niccolò Quintarelli, Michele Ortolani, Guido Migliozzi, Alessandro Grammatica, dei super dilettanti Andrea Romano e Charlotte Cattaneo dalla Terrazza di Punta Helbronner. Non da un tee qualsiasi, ma da un gioiello italiano, “l’ottava meraviglia del mondo” che si incunea in paradiso, lassù, fra il Dente del Gigante, il Bianco e il Bianco di Courmayeur, Les Dames Anglaises e, girando lo sguardo, il Cervino, il Rosa e il Gran Paradiso. Un miracolo architettonico che la vicina Francia ha pensato che l’Italia non riuscisse a portare a termine e che presto copierà. Dopo aver tentato di soffiarci in extremis l’idea del tee shot simbolico dalle Alpi della Ryder Cup. Cioè la storica sfida Europa-Usa che, nel 2018, sarà ospite dei nostri cugini e nel 2022 si disputerà al Marco Simone Roma. Per dare, si spera, la svolta turistica e culturale (golfistica) a tutto il nostro meraviglioso paese utilizzano la terza gara più seguita in tv del mondo, dopo i Mondiali di calcio e le Olimpiadi.
Ora non conta che a vincere il tee shot nel cielo grigio sia stato il bravo Grammatica: con quel cognome può fare quel che vuole. Nè che i ragazzi italiani si siano impegnati in una sfida inedita, sferzati dl D.T dei professionisti, l’inedito ed ottimo conduttore dell’evento, Massimo Scarpa. Non conta che lassù, sul Monte Bianco, con la Ryder Cup in bell’evidenza, facesse un gran freddo. Quel che conta è che, con un anno di ritardo per via del terremoto che ha sconvolto il centritalia, il gruppo di Gian Paolo Montali, dei due Alessandro, Costa e Rogato, e delle due Barbara, Monteduro e Zonchello, ha rispettato la promessa col comitato di Ryder Cup, nella persona dell’intraprendente e passionale Richard Hills. E, dopo il tee shot simbolico nella Valle dei Tempi, in Sicilia, nel punto più in basso del nostro magnifico paese, abbiamo effettuato il secondo tee shot nel punto più alto, appunto, dal Monte Bianco. E questo, in questo momento politico e sociale così delicato del paese, è un gran bel segnale, in vista dei prossimi, fondamentali passi. E cioè dei lavori strutturali al Marco Simone per garantire “non uno, ma due dei prossimi Open d’Italia con 7 milioni di montepremi nella sede di gara della Coppa”, come garantisce il direttore generale del progetto Ryder Cup 2022, Montali. Così da assicurare ai giocatori il test ideale richiesto di parametri della competizione che, dal via del 1927, caratterizza il golf, insieme al British Open e al Masters.
Dopo la Pro Am nel delizioso Golf Club di Courmayeur, giù a valle, che chiede legittimamente alla regione Val d’Aosta di allargarsi da 9 a 18 buche, il progetto Ryder 2022 parte decisamente per garantire quel miliardo di euro di ritorno turistico dalla Ryder Cup che ha convinto il governo e la società Infront a sostenere la Federazione, più delle promesse di fare dell’Italia un paese a vocazione golfistica. Al di là degli slogan, il viaggio itinerante per l’Italia saranno, inatnto, gli Open Days con circoli aperti a tutti nel Lazio il 23 settembre, il golf in piazza a Monza l’8 ottobre in avvicinamento all’Open d’Italia e a fine ottobre una tappa nel centro di Firenze. Oltre a due nuove gare giovanili ad hoc: la Baby e la Junior Ryder Cup.
Per arrivare pronti al 2022 e ai 300 mila spettatori che dovranno premiare quei giorni a Roma, non si punterà al solito allo stellone, all’improvviso miracolo, ma su un lavoro profondo e impegnativo di promozione, turismo e convincimento nel tessuto del nostro paese, regione per regione, progetto per progetto. Forti del solito, impagabile, ingegno italiano e in più – si spera – di un’unità ed di un orgoglio che forse il nostro paese non ha più avuto dal Mondiale di calcio del 1982. Quando davvero i più bravi giocarono e vinsero, e poi tutti sventolarono fieri la bandiera.
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Vincenzo Martucci