Dai Mondiali di Doha viene fuori un autentico mistero buffo per l’atletica italiana, in
particolare per il settore della velocità: perché mai Filippo Tortu, un autentico
talento dei 200 metri, deve sprecare la sua bravura in una gara, i 100 metri, in cui
non ha e non avrà mai la possibilità di vincere medaglie olimpiche e mondiali?
Descrizione un po’ cruda per un giovane che è sceso, unico italiano di sempre, sotto
i 10” nei 100 metri? Beh, è inutile prendersi in giro quando sono le cifre, i tempi in
pista, a descrivere nei termini più precisi la situazione. E, tanto per chiarire meglio,
non è una bocciatura delle qualità di Tortu, ma soltanto la definizione migliore di
una carriera che potrebbe garantire tanti successi.
Andiamo quindi con le indicazioni concrete. Nella finale dei 100 metri, a Doha, Tortu
è arrivato settimo in 10”07, suo miglior tempo dell’anno. Il punto è che anche se
avesse ripetuto quello del suo record italiano, 9”99, avrebbe guadagnato una sola
posizione, perché dal quinto in sù si è corso dal 9”97 al 9”76 del vincitore Coleman.
Per andare a medaglia Tortu sarebbe dovuto scendere almeno a 9”90 (il bronzo di
De Grasse), tempo che, realisticamente, non è alla sua portata nemmeno in futuro. E
non lo è perché le caratteristiche fisiche e tecniche di Tortu sono diverse da quelle
dei velocisti della distanza più breve. Al contrario, sono ideali per i 200, a cominciare
da un finale di gara che ricorda molto quello devastante di Mennea e che
caratterizza i grandi campioni di questa distanza ancor più della bravura in curva.
Che poi siano esistiti ed esistano atleti in grado di andare al massimo in entrambe le
distanze è anch’esso un fatto concreto, ma quanti ne troviamo nella storia
dell’atletica? Owens, Morrow, Borzov, Lewis, Greene, Bolt ad aver fatto la doppietta
fra Olimpiadi e Mondiali (Gay e Gatlin non li considero per ovvi motivi legati al
doping), pochi.
Purtroppo, negli ultimi due anni Tortu ha messo un po’ da parte il lavoro sui 200
puntando tutto sui 100, anche a causa di un infortunio che ha indotto suo padre, che
lo segue da sempre come allenatore, a non caricare troppo lo sforzo per evitare
danni maggiori. Ma i segnali lanciati da Tortu sui 200 erano più che incoraggianti:
20”34 nel 2017 al Golden Gala a Roma, con miglioramento di ben 58 centesimi sul
suo precedente miglior tempo, e sfiorando il record nazionale junior di Andrew
Howe, distante soli 6 centesimi. Nello stesso anno Tortu corre i 100 in 10”14,
migliorandosi di 4 centesimi, entrambi i tempi record nazionale junior. Se poi si è
migliorato di 15 centesimi in un anno sui 100, arrivando a 9”99 nel 2018, di quanto
sarebbe potuto scendere sui 200 applicandosi marcatamente su questa gara? In
proporzione, ben più dei 15 centesimi guadagnati sui 100. Insomma, non è
fantascienza ipotizzare un tempo vicino ai 20” netti.
Tutto questo non vuole assolutamente dire che il lavoro svolto in questi anni sia
sprecato, perché il miglioramento sui 100 è la base per un incremento di velocità di base che poi serve a lanciarlo sui 200. Lo spreco cui si accennava all’inizio è
nell’abbandono dei 200, che pregiudicherebbe le possibilità di medaglia. E arriviamo
così a vedere quali siano davvero queste possibilità. Guardiamo i tempi di tutte le
finali delle 17 edizioni dei Mondiali sui 100 e sui 200 e verifichiamo cosa ci voglia per
agguantare una medaglia. Prendendo come riferimento l’attuale 9”99 di Tortu sui
100, si può constatare che sarebbe servito per prendere il bronzo 7 volte, l’argento 6
volte e l’oro 2 volte. Considerando però solo l’ultimo decennio o poco più, per via
della naturale evoluzione dei tempi, il 9”99 avrebbe fruttato appena un argento nel
2011, niente altro. Per sperare in un solo bronzo dal 2007 a oggi bisognerebbe
scendere a 9”96. E chiunque dei tecnici e degli esperti di atletica sa che sforzo
enorme sia necessario per passare da 9”99 a 9”96, e questo per un bronzo nel 2007,
ammesso che Tortu sia in grado di scendere a 9”96. Quindi, realisticamente, quali
possibilità ha Tortu sui 100?
Passiamo ai 200. Ovviamente, abbiamo a disposizione solo il 20”34 che non può far
testo, né possiamo essere sicuri di quale sia il tempo che Tortu è in grado di
ottenere adesso sui 200. Perciò, vediamo soltanto le possibilità di medaglia con
tempi che variano dai 19”80 ai 20” netti. Quindi, non si deve nemmeno pensare a
Tortu che supera Mennea anche sui 200 come ha fatto nei 100, lasciamo stare il
19”72 al posto suo, pur augurando a Filippo di superarlo un giorno, e proviamo a
pensare che possa arrivare almeno a 20” netti, un traguardo non impossibile.
Cominciamo da 19”80 e proseguiamo poco alla volta.
Con 19”80, si prenderebbe il bronzo in TUTTE e 17 le edizioni dei Mondiali, l’argento
in 14, l’oro in 11. Con 19”85 il bronzo in 16, l’argento in 13, l’oro in 9. Con 19”90 il
bronzo in 14, l’argento in 13, l’oro in 9. Con 19”95 il bronzo in 14, l’argento in 11,
l’oro in 8. Con 20” il bronzo in 12, l’argento in 10, l’oro in 8. Quindi, nell’ipotesi
peggiore, un 20” netto che sfido chiunque a non considerare alla portata di Tortu, le
speranze di medaglia ai Mondiali sono all’incirca il triplo di quelle sui 100 in 9”99. E
chiunque capisca di atletica sa che il 9”99 sui 100 metri “produce” tempi inferiori ai
20” sui 200 metri.
Stessa procedura per le Olimpiadi, prendendo quelle dal 1980 in poi, stessa “era” dei
Mondiali, che cominciarono nel 1983. Sui 100, col 9”99, si otterrebbe il bronzo in 5
delle 10 edizioni considerate, l’argento in 4, l’oro in 2. E passiamo ai 200. Con 19”80
si prenderebbe il bronzo in TUTTE e 10 le edizioni, l’argento in 9, l’oro in 4. Con
19”85 il bronzo in 8, l’argento in 7, l’oro in 3. Con 19”90 il bronzo in 8, l’argento in 7,
l’oro in 3. Con 19”95 il bronzo in 8, l’argento in 7, l’oro in 3. Con 20” il bronzo in 7,
l’argento in 5, l’oro in 3. E qui siamo al doppio delle speranze di medaglia a favore
dei 200 metri.
E’ anche vero che il confronto con edizioni troppo lontane può apparire improprio
perché, per esempio, non si può dire in assoluto che il 20” avrebbe dato una
medaglia quando i velocisti più forti dell’epoca correvano ancora sopra quel tempo.
Ma la teoria, in questo caso, ha qualche limite, legato alle condizioni della gara, non
solo meteorologiche, ma anche mentali, nervose, di condizione fisica degli atleti in
un certo momento anziché in un altro. Nel concreto, il 20”04 del bronzo del 1988
varrebbe il bronzo anche nel 2016, oltre al fatto che il 19”80 varrebbe una medaglia
in qualsiasi edizione. In ogni caso, anche solo prendendo in considerazione l’ultimo
decennio, in cui i tempi si equivalgono perché si è arrivati ai limiti delle capacità
umane, l’analisi non cambia. Così, il 20” netto, ipotesi peggiore che abbiamo preso
in considerazione, rappresenta una probabilità altissima di medaglia a prescindere
dall’anno di svolgimento di Mondiali e Olimpiadi. E comunque, cosa più importante,
è che lo sia in questi anni perché è adesso che Tortu gareggia, come si è fatto notare
prima quando si è detto che il 9”99 garantirebbe davvero poche speranze
nell’ultimo decennio.
E allora, Tortu è libero di scegliere la gara che preferisce, ascoltando i consigli del
padre-allenatore, dei tecnici della Federazione, ma è giusto che lo faccia sapendo
bene quali sono le prospettive e quindi facendo i giusti calcoli. Si sa già che dopo
questi Mondiali la Federazione parlerà con Tortu e suo padre per approntare un
piano di lavoro per l’Olimpiade di Tokyo e in generale per il futuro. Si sa che il padre
di Tortu preferirebbe, almeno per il momento, che Filippo corresse una sola gara fra
100 e 200, scelta che appare anche ragionevole. Ma quello che non andrebbe bene
è rinviare ancora la decisione su quale sia la distanza su cui puntare. Le qualità di
Tortu, le sue caratteristiche tecniche e fisiche, l’analisi delle possibilità di medaglia
nelle gare più difficili, tutto porta alla scelta dei 200, per il bene di questo potenziale
campione innanzitutto, per il bene dell’atletica italiana e della Federazione, per la
gioia dei tifosi. Perdere altro tempo sarebbe davvero un peccato.