Ascolta la puntata del podcast “Fiocchi di Ghiaccio”:
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Quando scendi da un budello ghiacciato, la forza centrifuga è così forte da far sembrare leggera qualsiasi altro tipo di pressione. Eppure Valentina Margaglio preferisce questa alle aspettative provenienti dall’esterno che troppo spesso hanno impedito all’atleta delle Fiamme Azzurre di ottenere un grande risultato.
La 30enne di Casale Monferrato ha però dimostrato di valere il gradino più alto del podio e, dopo esser diventata la prima italiana a salire sul podio della Coppa del Mondo di skeleton, è riuscita un bronzo ai Mondiali ad Altenberg nel 2020. Ora l’asticella si è alzata e Valentina punta conquistare le Olimpiadi Invernali di Milano-Cortina 2026.
A Innsbruck è tornata sul podio di Coppa del Mondo dopo due anni. Come si è sentita a occupare un posto fra le prime tre posizioni dopo così tanto tempo?
E’ sempre un’emozione poiché non è mai scontato. Sapevo di poter far molto bene perché avevo avuto ottime risposte in allenamento e, mi duole ammetterlo, è una delle mie piste preferite. Ero consapevole di poter centrare la medaglia, ma al tempo stesso non ero a conoscenza di quale colore. In quest’ultimo periodo sono molto brava a non vincere, in qualsiasi contesto. Ho avuto la fortuna di commettere un grave errore in pista uscendo dalla traccia principale, ma rientrando nell’altra, e ciò ha permesso di continuare la mia corsa. La seconda manche è stata un po’ più conservativa, ma mi ha consentito di vincere questa medaglia d’argento.
L’abbiamo vista avvicinarsi parecchio a Kimberly Bos senza però riuscire a contrastarla. Cosa serve per riuscire a battere la fuoriclasse olandese?
Mi sono impegnata molto questa volta per non vincere e mi sono giocata il jolly della stagione in spinta. Kimberly sembra però inarrivabile su alcune piste e, da qualche anno a questa parte, il meccanico fa una grande differenza in questo sport. Ci stiamo arrivando anche noi, però c’è ancora qualcosa da sistemare.
A proposito di slitte, ci lavorate direttamente voi oppure ci pensano esclusivamente i meccanici?
Ci sono nazioni che hanno fatto grandi passi in avanti come Gran Bretagna e Olanda dove sulla slitta lavorano solo i meccanici. Noi cerchiamo di dar il feedback al meccanico al fine di lavorare in simbiosi. E’ un processo molto lungo, a volte un po’ tortuoso, ma che sicuramente porta a grandi risultati.
Visti i miglioramenti rispetto allo scorso anno, quanto ha aiutato la preparazione estiva?
La componente estiva è fondamentale perché si allena la spinta che negli ultimi anni si è alzata parecchio di livello. Io ho la fortuna di arrivare dall’atletica leggera, anche se anche le altre nazioni stanno pescando parecchio da questo sport. Il mio preparatore atletico è anche il mio fidanzato per cui non avevo vie di fuga. Tuttavia, anche se sono un po’ continuando a inciampare sulla slitta, la preparazione è andata molto bene.
Lei è passata dall’atletica leggera allo skeleton. Com’è nata quest’idea di trasferirti dal tartan al ghiaccio?
In questo tipo di sport si pesca ormai da un po’ tutti gli ambienti perché bisogna essere sia dei velocisti che al tempo stesso essere parecchio potenti. E’ di conseguenza un mix che si trova ormai in ogni regione d’Italia, non serve più avere la montagna vicina. Sicuramente è più difficile adattarsi al freddo, soprattutto con temperature massime che non vanno oltre i -2° centigradi. Non mi sono ancora completamente abituata, ma il gioco vale la candela.
Aveva già avuto delle esperienze sul ghiaccio prima del suo trasferimento sul budello?
Avevo già fatto le Olimpiadi Giovanili nel 2012 con il bob e questo mi aveva spinta ad allontanarmi dal ghiaccio. E’ stata una stagione veramente dura e freddolosa. L’ambiente degli sport invernali dà molta possibilità a chi potrebbe non averne anche economicamente nella vita privata, per cui è uno sport che, al di là di esser appassionata, mi ha consentito di star fuori di casa e di esser totalmente spesata dalla Federazione. E’ un’enorme fortuna per chi voglia spostarsi in questi sport.
Come si visualizza il mondo “a testa bassa” ? Le è mai capitato di avere paura nell’affrontare una pista in quella posizione?
Assolutamente sì, anche perché all’inizio scambiavo l’adrenalina pre-partenza con paura e ansia. E’ qualcosa che non passa mai, che impari a conviverci, ma soprattutto che non è paura, ma qualcosa che ti consente di rimanere più concentrato. Rimane però una pista che ancora mi fa paura ed è quella di Whistler, che stiamo scampando da anni e che prima o poi dovrò affrontare. E’ uno dei tracciati più veloci e più tecnici, motivo per cui spero il prossimo anno di superare questa paura.
Guardando la classifica di Coppa del Mondo si può osservare come la presenza di nazioni sia parecchio “variegata”. E’ possibile pensare di vincere anche senza un impianto sul proprio territorio?
E’ un tasto un po’ dolente perché tutte le persone che stanno gareggiando per nazioni che non hanno a che fare con la montagna e la neve, comunque vivono in luoghi dove c’è una pista. Banalmente la brasiliana Nicole Rocha Silveira vive vicino a Vancouver, gli atleti del Ghana vivono in America o in Canada. Da questo punto di vista non c’è una vera e propria rivoluzione, se non quella di poter rappresentare il proprio paese d’origine. Sicuramente lo skeleton si sta espandendo a più nazioni perché le piste sono più accessibili e, con l’avvento dei social, anche nazioni molto piccole possono permettersi di accedere a questa disciplina.
In vista delle Olimpiadi Invernali di Milano-Cortina 2026 crede che ci sia ancora la speranza di aver un tracciato anche in Italia?
Purtroppo è diventata una scelta politica, probabilmente internazionale, motivo per cui la scelta potrebbe passare nelle mani di persone che non fanno parte del settore e questo sarebbe un grosso rammarico per noi. Sono venuta a conoscenza di questi progetti ridotti e c’è la preoccupazione che non vengano realizzati in tempo visto che eravamo in ritardo già un anno fa. Ovviamente da piemontese tifo per Cesana perché, quando andiamo a spingere sul pistino di ghiaccio, vederla così abbandonata è sempre un colpo al cuore. Dopotutto, in qualità come rappresentante di questo sport in Italia, in parte mi sentirei responsabile di costruire un nuovo impianto che non venga utilizzato appieno e quindi preferirei che venga riaperta Cesana in modo ecologico, con l’utilizzo di energia rinnovabile che farebbe risparmiare anche sui costi. Chiaramente a Cortina c’è una tradizione e se venisse riaperta la pista, probabilmente verrebbe sfruttata di più.
Tornando agli aspetti agonistici, cosa non è andato invece la scorsa stagione quando tutti attendevano il grande salto, soprattutto dopo la delusione delle Olimpiadi di Pechino 2022?
Penso che i motivi siano collegati. A Pechino arrivavo da una stagione incredibile e da risultati che non erano mai stati raggiunti nella storia dello skeleton italiano. Le aspettative erano quindi molto alte, forse anche troppo, visto che, per quanto tu possa andar bene in Coppa del Mondo, le Olimpiadi sono qualcos’altro. L’emozione ha giocato a mio svantaggio. Dopo aver cambiato l’allenatore di pista la situazione è cambiata. Non avevo messo in conto quanto dovessi lavorare in simbiosi con lui e di quanto non fosse soltanto suo il compito di farci vincere. Il filo che ha unito la stagione alle Olimpiadi è stato l’eccesso di aspettative. Quest’anno, anche se un po’ mentendo, continuavo a dire di non avere aspettative e ciò per ora mi ha aiutato, anche se dentro di me vorrei vincere ogni gara. L’importante è non caricarmi di ulteriori pressioni esterne.
Dal primo podio ottenuto in Coppa del Mondo nel 2021 (diventando la prima italiana a riuscire in questa impresa) è diventata un po’ l’atleta simbolo di questo sport. Sente la pressione di avere tutti gli occhi puntati su di lei oppure si tratta di uno stimolo?
A oggi la pressione ancora un po’ mi frena. Non è una benzina che mi fa andare avanti, però capisco che con l’avvicinarsi delle Olimpiadi con cui dovrò convivere, motivo per cui sto lavorando molto con il mio mental coach Alessandro Cecilia che mi sta aiutando a gestire questa pressione visto sono passata dal “devo vincere perché sono la migliore” alla “voglio vincere per soddisfazione personale”. Ciò è normale perché è nella natura umana voler vincere e ciò mi sta consentendo di andare bene.
In conclusione, come si vede a Milano-Cortina e soprattutto deciderà di proseguire dopo l’esperienza olimpica?
Sto andando avanti giorno per giorno. Ancora oggi non riesco a vedermi alle prossime Olimpiadi, però punto a godermi ogni gara con l’obiettivo di non aver rimpianti al termine della mia carriera per aver provato a vincere una sola medaglia olimpica, per quanto quest’ultima sia più importante delle altre. A Milano-Cortina avrò la bellezza di 32 anni per cui, in base anche a dove si svolgeranno i prossimi Mondiali, deciderò se proseguire dopo la competizione a cinque cerchi.