E’ più bello il gol in rovesciata di Cristiano Ronaldo o l’applauso, spontaneo, dello Juventus Stadium? Se il primo è un gesto tecnico e atletico che rimarrà nella storia, più della rovesciata di Carlo Parola che per anni è stata il simbolo delle figurine Panini e nell’immaginario collettivo italiano (per altro, quello era un intervento difensivo, non un gol), il secondo è un fatto che segna uno spiraglio di luce nel comportamento sportivo di un tifoso: la consacrazione della prodezza di un avversario, la legittimazione dello status di campione, di là dai colori della maglia e della pelle.
Accadde, su campi opposti, allo Stadio Bernabeu (5 novembre 2008) a Alessandro Del Piero che, dopo aver realizzato una doppietta ai madridisti, venne accolto da un lungo e caloroso applauso, una standing ovation spontanea come quella di ieri sera e ricca di lezioni. I tifosi potrebbero ricavare un insegnamento da questo gesto: come i calciatori sono protagonisti di uno spettacolo meraviglioso e sorprendente, dovrebbero essere i primi accettare la supremazia della classe, della capacità, della forza anche nell’avversario.
Purtroppo le cronache ogni domenica ci restituiscono del tifoso un’immagine deformata: se singolarmente può accettare che l’avversario possa essere superiore, se inserito in un gruppo diventa una melma velenosa, pronta a colpire con insulti, a esercitare la prevaricazione su chi porta un’altra maglia, insultando i giocatori nemici, ma anche i tifosi avversari che, malcapitati, hanno la sventura di essere da quelle parti.
Il tifo, in Italia, è spesso odio. Insopportabile odio portatore di ruggini antiche, di vecchi campanili consunti e che trova nei social media, la sublimazione più tremenda, vigliacca, ignorante. E’ anche su questi nuovi palcoscenici che si esercita (nessuno è escluso dall’amena attività) l’espressione più becera che travalica lo sfottò, prende le sembianze di una violenza anche verbale fine a se stessa. Nel nostro Paese il concetto di sport non esiste, prevale l’idea della vittoria, mai quella della sconfitta e quando si materializza è tutto un complotto, una negazione dei propri demeriti, un’insopportabile demonizzazione della realtà e della verità.
L’applauso dello Juventus Stadium alla prodezza di Cristiano Ronaldo, che ha amaramente cancellato il sogno bianconero della Champions, è stato superiore a tutto. Ha legittimato ciò che ogni domenica sui campi d’Italia dovrebbe essere una regola: l’avversario nello sport è solo un avversario. Bisogna lottare con tutti i mezzi dello sport per batterlo, ma se non si è capaci di farlo o esso stesso ti batte, non deve crescere né l’invidia né, soprattutto, l’odio. Solo quando ciò che è successo a Torino accadrà più spesso, il mondo del calcio capirà che avrà fatto un piccolo passo oltre il Medioevo.
Sergio Gavardi