Campione europeo in carica della Supestock, il tedesco Markus Reiterberger, 25 anni, torna a gareggiare nella WorldSBK dopo due stagioni. “Guidare queste derivate non è più difficile rispetto a quelle meno elaborate: è completamente diverso, però” dichiara il pilota del debuttante BMW Motorrad WorldSBK Team. Poi aggiunge: “Partecipare a questo Mondiale era il mio obiettivo. Come tutti i rider, sogno di competere nella MotoGP ma, prima di provarci, voglio farò del mio meglio qui. Ora sono in una squadra supportata dalla casa costruttrice e mi trovo molto con il mio gruppo di lavoro: abbiamo il potenziale per crescere e ottenere risultati importanti”.
Dividi il box con il campione del mondo Tom Sykes: che rapporto avete?
“Buono. Il compagno di team è il primo avversario, si sa, ma insieme ci stiamo impegnando al massimo in questo nuovo progetto. Entrambi siamo al servizio della scuderia e mettiamo tutti i nostri dati a disposizione della factory per sviluppare la S1000 RR”.
Cos’hai imparato da un fuoriclasse come l’inglese, in questi mesi fianco a fianco?
“A lavorare duro e ottenere il massimo da ciò che ho. Invece devo ancora capire come Tom riesca a esssere una scheggia nel giro secco: è veramente un fenomeno”.
Se non fossi un pilota, che lavoro faresti?
“Il meccanico. I miei genitori mi hanno spinto a diplomarmi e a mettermi subito all’opera in modo che, se non avessi sfondato in pista, avrei avuto pronto un mestiere di riserva. Per fortuna sono diventato un rider professionista, ma non ho perso la mano con chiavi e rondelle: trascorro la maggior parte del tempo libero nella mia officina. Tengo lì tutte le mie moto, da quelle da allenamento alla Bmw con cui ho vinto il titolo nel 2018”.
La prima volta che sei montato in sella?
“A 4 anni, nell’area dietro casa, su due ruote costruite da mio padre. Ho ereditato da lui la passione: gareggiava nel dirt track, nel grass track e in pista. Purtroppo, però, non aveva la disponibilità economica per diventare professionista e ha aperto un’officina, che gestisce tuttora”.
Per te è stato più semplice intraprendere questa carriera?
“Non molto; ho anche pensato di appendere il casco al chiodo. Per lo stesso problema: le finanze. Papà era disposto a vendere le sue moto per aiutarmi, ma io non ero d’accordo: ‘Piuttosto smetto’, gli ho detto. Non ho smesso grazie al sostegno di tante persone e aziende della zona da cui provengo. Abito a Obing, in Bavaria”.
Come ti descriveresti in tre aggettivi?
“Lungimirante poco paziente e, in pista, preparato”.
Hai un motto?
“Niente coraggio, niente gloria”.
Ti conosciamo poco: ci sveli una curiosità?
“Collezionavo lattine di energy drink. Adesso porto a casa solo quelle particolari: preferisco raccogliere trofei e spero di aggiungerne presto tanti altri”.