Quanta acqua è passata tra la bellissima foto dei sorrisi di Andrea Migno, Andrea Dovizioso e Mattia Pasini col tricolore in mano (foto qui sotto by motogp.com) a dominare la marea gialla arrivata al Mugello per vedere lassù l’icona Valentino, ma comunque
appagata, e l’immagine di Stefano Perugini, Max Biaggi e Luca Cadalora trionfanti nello stesso pomeriggio, tanti anni fa, dall’altra parte del mondo. Non a caso parliamo di immagine, perché la foto di quel 31 marzo 1996 a Shah Alam, in Malesia, semplicemente… non esiste.
Era stata una giornata davvero straordinaria. Non perché c’era stato il debutto nel Mondiale di Valentino Rossi, ma perché i tre ragazzi italiani erano riusciti a fare tris dopo una vita. Addirittura era il ’79, quando ad Assen in Olanda avevano vinto in tre, ma nemmeno nelle classi tradizionali: Virginio Ferrari (500), Graziano Rossi (sì proprio il papà, in 250) ed Eugenio Lazzarini (50, allora si correvano fino a 5 classi nella stessa giornata). Dunque qualcosa di straordinario da immortalare. Cadalora era ancora sudato dentro la sua tuta, Perugini era stato recuperato, ma mancava Biaggi, già avvisato dell’appuntamento. Aveva detto ok Max, ma non si trovava. Non sapeva dove fosse nemmeno il suo amico Fabrizio Frizzi, venuto a vederlo correre e vincere. Cerca e ricerca, Biaggi non si trovò più: sgattaiolato di nascosto in hotel, perché non era contento di dividere la sua gioia (leggi immagine) con altri… Debolezze di campione.
Meglio tornare ai sorrisi dei due Andrea e di Mattia, che allungano quella catena di meravigliosi tris che in questi 22 anni finora si sono verificati “solo” 12 volte, ben 4 al Mugello, con anno di grazia in 2002: 4 tripli centri compreso Barcellona, dove – non casualmente – si corre domenica.
Tre vittorie, tre storie e l’ennesima conferma che la “cantera” italiana sta iniziando a dare i suoi frutti, soprattutto guardando l’incredibile arrivo della Moto3 con 21 piloti racchiusi in 3”5, dei quali ben 10 italiani, contro i 6 degli “odiati” spagnoli, che nella generazione precedente hanno saputo sfornare campioni a raffica. Il futuro, magari non immediato, può essere nostro. Forse non sarà mai campione del mondo Andrea Miglio, grande vincitore in una volata perfetta su Fabio Di Giannantonio (che invece sembra un predestinato), ma il pilota di Saludecio, un paesino di 3000 anime in provincia di Rimini, può avere un ottimo futuro nel paddock. Perché è un ragazzo molto simpatico, amato da tutti – sincero e pieno di significati l’abbraccio che Valentino gli ha riservato al ritorno ai box dopo la vittoria – soprattutto intelligente. Andrea farà la sua carriera, probabilmente da buon pilota, ma tra una decina di anni o meno, siamo pronti a scommettere, sarà alle redini della Academy VR46 che Rossi meritoriamente ha messo in piedi per allevare giovani talenti, tra i quali lui stesso. L’uomo giusto al posto giusto.
La storia di Mattia Pasini è completamente diversa. Visto che lui è uno dei veterani del campionato, anche se il suo sorriso sincero lo fa sembrare un ragazzino. Mattia al Mugello non ha vinto, ha fatto un miracolo. Lui era uno dei fenomeni della 250, una moto leggera che riusciva a domare malgrado il suo braccio destro praticamente paralizzato (non riesce nemmeno a stringerti la mano) per un incidente quando correva nel cross. Già allora faceva miracoli come l’incredibile altra unica vittoria proprio al Mugello, sul bagnato dopo una battaglia memorabile con Marco Simoncelli, suo quasi fratello che aveva cominciato a correre proprio con le minimoto costruite da papà Luca. Da quel podio pieno di significati del 2009 è passata una vita. Anche una prova della Ducati MotoGP: positiva ma con tanti dubbi.
Perché con quel braccio come avrebbe potuto dominare la belva? Già fatica a gestire di 135 chili della Moto2, contro i nemmeno 100 della 250…
È stato costretto ad un anno di stop (2015), è stato “imposto” dalla Dorna alla sua attuale squadra che voleva rientrare nel campionato dopo una bega di iscrizioni fatte e mancate (l’anno scorso), ha messo a punto col suo tecnico storico Giovanni Sandi il comando del freno anteriore, il più importante, sulla sinistra insieme alla frizione, ha sbagliato (3 cadute nelle prime 3 gare) si è rialzato e al Mugello ha fatto una gara straordinaria, chiusa con una preghiera silenziosa sotto la tribuna dedicata al suo amico Sic. Praticamente il punto in cui all’ultimo giro ha superato in poche centinaia di metri i due avversari che gli volevano negare la gioia più bella. Che vale una carriera, da dividere con quella lotta tra fratelli più che fratricida con Marco.
Infine Andrea Dovizioso, il campione della porta accanto. Talmente bravo ragazzo da farlo sembrare fuori luogo nella vasca dei pescecani della MotoGP. Lo abbiamo visto sopra le righe (di pochissimo, eh: un paio di boccali di birra) solo quando in Malesia nel 2004 vinse il titolo 125. Ma quella del Mugello è stata speciale anche per il suo animo sensibile. Due piccoli particolari lo rivelano: quando ha sollevato gli occhiali di papà Antonio al parco chiuso per vedere se piangeva e poi sul podio fare la stessa cosa con lo splendido Danilo Petrucci (terzo) e mostrare le sue lacrime a dirotto. Uno psicanalista forse direbbe che voleva semplicemente piangere lui ma non ci riusciva e trasferiva l’emozione sugli altri.
Quello che resta è però una gara perfetta, al pari del secondo posto in Qatar, meglio delle altre due precedenti, sempre con qualche elemento favorevole. Al Mugello è stato perfetto, anche se non aveva fatto il warm up dopo una notte di patimenti per un’intossicazione alimentare. Adesso è l’inseguitore di Maverick Viñales nel Mondiale, 26 punti dietro, recuperabilissimi. Lui nemmeno vuole dirlo. Anzi, nemmeno pensarlo. Ma il popolo rosso Ducati vuole sognare e anche quella marea gialla sotto al podio tutto tricolore sarebbe contenta.
Filippo Falsaperla