Non serve di chiedere a Pol Espargaró, pilota unico per educazione, disponibilità e gentilizza, come stia. Gli occhi e il sorriso radiosi rispondono al suo posto. Il 28enne rider catalano del Red Bull KTM Factory Racing Team comunque conferma: “In questo periodo mi sento davvero bene. Anzi, benissimo, per tanti motivi. A cominciare dalla pista: la mia RC16 è in continua evoluzione e i risultati incoraggianti non mancano”.
Come il sesto posto a Le Mans.
“Sì, dove abbiamo inserito delle novità, dal forcellone più lungo in carbonio ad alcune parti del motore che hanno migliorato l’erogazione. Lottare con i piloti migliori è stata una grande soddisfazione”.
C’è altro che ti rende così contento?
“La tranquillità. Dopo tanto tempo trascorso nel paddock, sono arrivato alla conclusione che la condizione ideale per un pilota è la quotidianità, semplice e serena. Il merito della stabilità di cui godo va a mia moglie Carlotta. A giugno abbiamo festeggiato 10 anni insieme: fidanzarmi e poi sposarmi con lei sono state le decisioni migliori che abbia mai preso”.
Tua moglie ti accompagna alle gare?
“Quasi sempre: evita le tappe dove il tempo non è il massimo, come Sachsenring. La sua presenza è fondamentale anche in circuito: se sono triste mi incoraggia, ma mi lascia solo quando sono arrabbiato, perché mi conosce come nessuno e sa che ho bisogno di sbollire. A casa è lo stesso: non viviamo 24 ore su 24 incollati e rispettiamo gli spazi e le esigenze reciproci. Per esempio, abitiamo ad Andorra e amo andare in montagna con il cane: parto e non so a che ora torno. Per Carlotta non è un problema, si organizza: giusto così”.
Avete già pensato ad allargare la famiglia?
“Proprio nelle ultime settimane. Però, posticipiamo il progetto alla fine della stagione: questo è un momento troppo importante per la mia carriera e concentro tutta l’attenzione sul lavoro. Nel frattempo, facciamo pratica con i gemelli Max e Mia, figli di mio fratello Aleix (29 anni, ndr) e sua moglie Laura. Io vado a trovarli tutte le mattine per giocare un po’ e non vedo l’ora che diventino più grandi per portarmeli a casa: hanno appena compiuto 13 mesi”.
Che rapporto hai con Aleix, tuo avversario in pista?
“È sempre stato ottimo e la nascita dei bambini ci ha uniti ancora di più uniti. Tranne che in pista: lì la parentela conta zero. In compenso condividiamo un percorso non facile: lui con Aprilia, io con KTM, sentiamo sulle spalle il peso di di rendere competitivi due marchi così prestigiosi”.
Nel 2017 hai accetato la proposta della scuderia austriaca al suo debutto nella classe regina: ti sei pentito del rischio?
“No. Passare dai primi 10 in classifica sulla Yamaha del team Tech 3 all’ultimo in griglia di partenza è stata l’esperienza più dura della mia vita, ma mi ha insegnato tantissimo”.
Cosa?
“La prima è un atteggiamento che mi ha cambiato dentro: in pratica, da minorenne sono diventato maggiorenne. Gli austriaci non usano mai giri di parole, vanno dritti al punto e pazienza se ci resti male. All’inizio soffrivo, poi ho capito che è l’unica via possibile nel Mondiale della classe regina. Qui si bada alla sostanza, la forma non importa “.
La seconda?
“Quando guidi una moto che non è tra le migliori, devi lottare senza risparmiarti e allenarti come un matto per alzare il livello. Oggi vado fiero di fare parte di questa squadra e dello sviluppo della RC16, che considero mia al 100 per cento. Ecco, in un certo senso sono già diventato papà!”.
*credito foto: Stefano Biondini