“Aussie Tennis Player • Cricket • Golf • Richmond Tigers • Dog Lady • Coffee Lover”. La ragazza d’Australia della porta accanto si presenta così, su Twitter, e strappa subito un sorriso. E’ la forza di Ashleigh Barty, “Ash” per tutti. Belli e brutti. Perché, per una volta il personaggio trascende i canoni dell’australiano abbronzato, coi muscoli pronunciati e, soprattutto, centimetri d’altezza, misure da sfilata di moda e lineamenti del viso da pubblicità da prodotti cosmetici.
E’ anche la grandezza del tennis, uno degli sport-cardine “down under”, dall’altra parte del mondo, che si esalta tutti gli anni nel torneo del Grande Slam, gli Australian Open di Melbourne, e da gennaio si accenderà in altre tre città nella novella ATP Cup.
L’AUSTRALIA RITROVA UNA NUMERO 1 DOPO 43 ANNI
Oggi, a 23 anni, Ash, favorita da un tabellone da favola, è la campionessa in carica del Roland Garros – la prima australiana regina Slam, 46 anni dopo la mitica Margaret Smith Court – su una superficie come la terra rossa che ne esalta varietà di tocco, agilità, intelligenza.
E’ la prima numero 1 del mondo “aussie”, dopo un’altra leggenda come Evonne Goolagong nel 1976. Come lei, ha sangue aborigeno nelle vene (da parte di papà), è alta solo 1.66, è tracagnotta, è un maschiaccio, una di quelle ragazze cresciuta fra i coetanei maschi, facendo tanti sport diversi.
DAL TENNIS AL CRICKET ANDATA E RITORNO
E’ un’atleta di personalità, semplice e sincera che, un giorno, poiché riusciva a realizzarsi con la racchetta soltanto in doppio e non in singolare come sognava, l’ha lasciata, s’è rituffata nella vita normale, s’è distratta in un altro sport (il cricket), e quindi tre anni fa è tornata per amore del tennis e perché convinta che era davvero quella la sua strada. Facendosi apprezzare ancor di più, risalendo dal numero 66 della classifica, umile, aggraziata, positiva, nella vittoria come nella sconfitta.
CAMPIONESSA AMATA ANCHE DALLE AVVERSARIE
E’ una ragazza talmente diretta che tutte le avversarie la amano, così come lei, dopo aver battuto Petra Kvitova a Pechino, l’abbraccia amabilmente a rete e poi “cinguetta”: “Tiri fuori il meglio di me, Petra Kvitova, è un piacere come sempre, amica mia”. E questo in uno sport fortemente individuale, con eccessi agonistici così forti e soldi in ballo che ancor di più accendono gli animi, come il tennis.
Una campionessa anomala, un simbolo insolito per uno sport che, da vent’anni, ha avuto come emblema la potenza e il selvaggio “Com’òn” di Serena Williams.
UN SORRISO CHE LA RENDE VINCENTE SEMPRE E COMUNQUE
Una trottolina amorosa che persino un rude come Rod Laver, l’inimitabile campione australiano capace di aggiudicarsi due volte il grande Slam, ha infine abbracciato. Estasiato anche “dai formidabili progressi al servizio e nella gestione del match” della connazionale, che sa difendere ed attaccare, che conosce tutti gli effetti e l’arte della volée, che gioca singolare e doppio, ma che, soprattutto, è una di noi, una di voi, una di tutti.
Capace di colpire qualsiasi palla, che sia di rugby, di baseball o di football. E, soprattutto, di sorridere. Sempre e comunque. Manifesto ideale dello sport in generale, non solo del tennis. E quindi sempre vincente, a prescindere dal risultato.
Regina della vera, grande bellezza della vita, la felicità di esserci.