Insomma, quando per andare a scuola devi calzare le ciaspole e coprirti come un palombaro, qualcosa nella visione della vita deve pur cambiare colore. Uscendo di casa dalle parti di San Candido forse non c’è il pericolo di imbattersi in uno yeti ma il coraggio di mettere il naso a qualche grado sotto zero lo devi comunque trovare. E se non credete che le condizioni ambientali ricadono sulla formazione dei soggetti chiedete a Yannick Sinner che a suon di freddo ha forgiato personalità da vendere. Un giocatore che fa della mentalità l’ arma migliore. Tanto che vale la pena indagarne la provenienza. Dunque la domanda sorge spontanea, diceva Lubrano: da cosa deriva la compostezza di questo eroe dei giorni nostri?
Parliamo di un tennista ancora agli esordi ma anche di un soggetto cresciuto a pane e sport.
A quattro anni qualcuno l’ha messo di peso su un paio di sci spingendolo lungo pendii via via più impegnativi fino a farne uno scivolatore coi fiocchi in grado di cogliere affermazioni in ambito nazionale. Con una netta predisposizione al gigante, la disciplina più completa dello sci alpino, quella che richiede velocità, tecnica , scorrevolezza, potenza fisica. E coraggio, aggiungo io! C’è poco da tremare se devi scendere a 80 all’ora facendo la barba alle porte poste a guardia dell’ampio zig zag. Uno sport che già in uscita dal cancelletto non voncede distrazioni: devi andare giù e cercare di essere più veloce di tutti.
Un ventaglio di qualità che a otto anni il ragazzo atesino ha traslato pari pari nel tennis quando, a metà degli anni duemila, ha sognato di diventarne un esponente di spicco. Le soddisfazioni non si sono fatte attendere con qualche affermazione junior seguite, poco più tardi, da due vittorie nell’ostico circuito challenger. Da un paio d’anni ha deciso di dare corpo al sogno affrontando il professionismo con la compostezza dello sportivo doc e senza timori reverenziali. Oggi, più che un esordiente del Roland Garros, Sinner è sembrato un giocatore già provato a mille cimenti parigini e il suo confronto con Zverev è stato come salire e scende lungo versanti innevati dove c’era semplicemente da dare il meglio, senza tante storie. Alla scorrevolezza degli sci ha sostituito quella della palla, alla tecnica delle curve quella dei colpi e alla velocità di discesa ha fatto eco con uno spostamento di prim’ordine. Sullo sfondo, ha prevalso lo stoicismo verso la fatica fisica e il coraggio di chi deve entrare in campo per dare il massimo. Il resto sarebbe stata aria fritta. Un risultato vero, quello appena ottenuto, contro un Zverev vero. Ora l’ingresso nei quarti per trovare Nadal. Insomma, tanta roba! Per la quale un giocatore consumato firmerebbe in bianco e che per l’atesino, invece, è solo l’inizio.
Tanto per capire la differenza. A metà del primo set, Zverev ha convocato in campo due fisioterapisti per un pizzicore alla gola reclamando almeno uno spray. Bene, credo che per un montanaro a prova di starnuti sarebbe stata una richiesta da non avanzare neanche sotto tortura.
Massimo D’Adamo (storico Coach e scrittore di saggi di tennis)