La forza della calma. Il Sinner di ghaccio che finalmente sfata il tabù Medvedev dominandolo in due set e con due tie-break da manuale ci ha davvero impressionato come non mai. Dopo sei ko su sei confronti, tutti a favore del moscovita, il settimo scontro diretto tra i due viene vinto nettamente dall’altoatesino che, dopo Montpellier e Toronto, conquista il terzo titolo della stagione in cinque finali, il nono in carriera. Non solo. Battendo Alcaraz, vola alla posizione numero 4 in classifica, eguagliando, dopo 47 anni, il risultato di Adriano Panatta. Questi aveva raggiunto la quarta posizione a 26 anni, Jannik ne ha 22… Oltre ad avere la meglio sul tennista con il maggior numero di successi sul duro negli ultimi anni, Jannik riesce finalmente a “vendicare” i connazionali sconfitti da Medvedev, interrompendo una striscia di 21 vittorie del russo contro i tennisti azzurri. Per la prima volta in un torneo così importante e con i più forti, Sinner è capace di sfoderare un tennis estremamente aggressivo, sia da fondo campo – martellando con il drittone pesante e in accelerazione – ma anche in avanzamento, estraendo dal cilindro un serve & volley degno dei più esperti attaccanti. Un ulteriore step nella crescita tecnico-tattica per Jannik, intelligente nel voler costruire sapientemente le basi di una tattica alternativa quando quella inizialmente prevista risulta inefficace. Una prestazione che conferma la vittoria magistrale in semifinale con Carlos Alcaraz e rafforza la già grande fiducia dell’azzurro nei propri mezzi. Mezzi che non consistono soltanto nella grande disciplina e in un gioco regolare, potente e solido. No, ora nel tennis di Jannik c’è molto di più.
ALLA CARICA CON IL SERVE & VOLLEY
Quando il piano A non funziona, urge il piano B. Detto, fatto. Dopo sei sconfitte contro la “bestia nera” Daniil Medvedev, l’allievo di Vagnozzi-Cahill non ci sta a soccombere di nuovo e trova finalmente la chiave per far inceppare il meccanismo infernale del russo. Oltre ad aver ulteriormente rafforzato la difesa da fondo, Jannik, nella finale di Pechino è abilissimo nel costruire uno schema d’attacco efficace e vincente. Tant’è che molto spesso lo scambio non lo inizia neanche, sorprendendo l’avversario con attacchi audaci e serve & volley perfetti. Come, per esempio, nel quinto gioco del primo set, in cui l’altoatesino commette alcuni errori e concede palla break per poi rimediare subito scegliendo di guadagnare la rete. Non è da tutti saper mettere in atto una metamorfosi nel proprio gioco. Lo stesso Medvedev, campione slam, ex numero 1 del mondo, abile scacchista che di strategie ne sa qualcosa, ha dichiarato, per esempio, quanto sia stato ostinato a rimanere troppo in difesa nella finale dello US Open contro Djokovic, soprattutto in risposta. Oppure pensiamo a tennisti come Gasquet. Il francese è capace di un tennis delizioso ma non è mai riuscito a trovare il guizzo e la convinzione che lo facessero schiodare dai due metri oltre la linea di fondo. In generale, anche tra i connazionali odierni e del recente passato, Jannik appare, per ora, l’atleta più propenso ad esplorare strade nuove e, soprattutto, il più disposto a mettersi in gioco quando le cose non funzionano. Del resto, il concetto chiave che ricorre costantemente nelle sue dichiarazioni è “lavorare sodo per migliorare sempre”. Un miglioramento che si è visto, dicevamo, nella volontà di prendere maggiori rischi quando il gioco si fa duro, verticalizzando, certo, ma anche ricorrendo sempre più spesso alle smorzate e ai cambi repentini di traiettoria nel palleggio da fondo.
SERVIZIO DEVASTANTE
Il servizio ha funzionato alla grande per entrambi. Nonostante qualche piccola sbavatura, i due set si sono svolti in perfetto equilibrio, con Jannik e Daniil in controllo nei loro rispettivi turni di battuta. All’inizio del match le percentuali di Medvedev erano impressionanti, con il 93% di prime palle per poi terminare il primo set con l’85%; nel secondo calano sensibilmente ma restano comunque alte: l’83% di prime con cui intasca il 79% dei punti. Tuttavia, Sinner fa ancora meglio. Se nella prima frazione conquista “solo” il 72% di punti con la prima palla, nella seconda sale addirittura al 92% (22 su 24) e all’86% (6/7) con la seconda. Medvedev, invece, nel secondo set, se aumenta i punti ottenuti con la prima, combina un disastro con la seconda, con Jannik che lo aggredisce sempre più e cerca angoli ancora più estremi. Un crescendo vincente per l’azzurro che concede una sola palla break in tutto l’incontro, a differenza di Medvedev che, invece, al servizio trema due volte nel primo set e concede altri tre breakpoint nel secondo. Nonostante il russo abbia disputato una buona partita e si sia mosso benissimo, questa volta non ce l’ha fatta ad arginare la furia azzurra nei momenti più caldi e decisivi, come nei due tie-break, in cui la convinzione e il sangue freddo della “volpe” di San Candido hanno dominato l’ “orso” di Mosca.
FORZA MENTALE
Questa volta, infatti, il vero stratega è Jannik. Sul 6-6 di entrambi i set, Medvedev, di solito glaciale, mostra qualche segnale di nervosismo e cedimento mentre l’azzurro si mantiene serafico, lucidissimo e alza ulteriormente l’asticella. Il russo copre molto bene il campo ma Sinner aumenta ritmo e spinta; nel primo tie-break si porta in un baleno sul 5-0 per poi chiudere 7 punti a 2. Nel secondo, il copione è più o meno lo stesso. Daniil si ritrova nuovalmente in totale balìa della determinazione di Sinner che sale 3-0 per lasciare, alla fine, ancora le briciole all’avversario. 7-6(2) 7-6(2) in due ore di tennis da manuale, un tennis che segna una vera svolta nel percorso del 22ennne italiano. La vittoria a Pechino è fondamentale, carica di significato e ovviamente vale molto di più dei 500 punti conquistati: Jannik abbatte finalmente la barriera Medvedev e, nello spazio di due giorni, travolge con un livello di gioco pazzesco Carlos Alcaraz (ora è l’unico ad averlo battuto quattro volte) e il numero 3 del mondo. Il tutto in una settimana cominciata alquanto male: arriva in Cina raffreddato, i crampi contro Evans, con tanto di moquerie da parte del britannico; il malessere e la crisi di vomito durante il match contro Dimitrov; per non parlare del recente clamore mediatico per il no alla Davis a Bologna. Grazie al successo contro Alcaraz raggiunge un risultato perfetto con la quarta posizione mondiale (primo azzurro ad eguagliare Panatta) e la (praticamente) certa qualificazione alle Finals di Torino. A soli 22 anni, ha battuto il numero 2 e 3 del mondo un giorno dopo l’altro, in un torneo il cui unico assente di rilievo era Djokovic (ospite della Ryder Cup a Roma). Tennis e testa da vero campione.