Lo sci è davvero uno sport bislacco. Quando vi trovate davanti ad un campionato come Mondiali o Olimpiade buttate nel cestino le statistiche e tutti gli arrovellamenti: quello che succede tante volte esce da ogni logica. Dopo due giorni ad Are l’Italia è in vetta al medagliere, ha già costruito un bilancio che può gonfiare il petto e che cambia nettamente il trend rispetto alle due precedenti edizioni. Quattro anni fa in Colorado a Beaver Creek speravamo in tanto e non abbiamo raccolto niente; due anni fa a St. Moritz Fu solo il bronzo di Sofia Goggia nel gigante nell’ultimo giorno di gare a farci fare capolino nel medaglie dopo due settimane di sofferenza.
Merito di due fuoriclasse come Dominik Paris e la stessa Sofia che hanno saputo aprire questi Mondiali con un urlo che ha spaventato il mondo. Ma dove sta l’imprevidibilità? Soprattutto il fatto che quella di Are non era sulla carta proprio la nostra pista. Tecnica, bella in televisione, ma lenta. E poi la neve. Quel manto bianco che tutti definiscono “aggressivo”, che sembra duro, ma su cui bisogna sciare come sulle uova perché quel falso ghiaccio ti prende la lamina dello sci come in una morsa appena affondi con forza e ti rallenta. Neve fredda, su cui è difficile produrre sotto le solette degni sci quell’invisibile lamina d’acqua che ti fa prendere velocità.
In Colorado Paris ebbe un rifiuto per questa neve, si sentiva lento e quello che provava nella testa si ripercuoteva sotto i suoi sci, tanto che in dieci giorni non riuscì mai a fare pace con la curva verso destra che immetteva sul precipizio della Bird’s of Prey. Finì lontano. Ad Are ha trovato quasi la stessa neve ma l’ha affrontata con una maturità diversa. Merito di una stagione eccezionale, superati i mal di schiena ed i problemi di materiale, dove ha saputo vincere sulle piste più difficili della Coppa del Mondo, Bormio e Kitzbuhel. Ma quando non c’è velocità si è sempre avvitato su se stesso.
Nel superG di Are no. Non è stato perfetto, ma nessuno su un tracciato bastardo con angoli assassini e porte nascoste lo è stato. All’arrivo Dominik ha scrollato la testa, ha capito i suoi errori, pensava che la sua picchiata non sarebbe bastata, invece, doveDomme ha remato, gli altri hanno rischiato di deragliare e qualcuno lo ha fatto. Paris ha la forza muscolare di un toro, ma adesso la sa applicare ad una tecnica di primo livello, con cui riesce a minimizzare gli errori, come il dimostra il suo gran tempo nella parte più tecnica della pista. Eccezionale la condizione mentale ed un applauso al suo skiman Sepp: in tutta la stagione ha preparato per Domme solo dei missili.
Non da meno la Goggia, il suo argento vale oro. Perché nessuno è rientrato ad un Mondiale senza gare nelle gambe ed è salito sul podio. La velocità non è affatto naturale e va coltivata con chilometri su chilometri a oltre 100 all’ora. Quello che non aveva nella confindenza agonistica Sofia l’ha trovato nella testa. Niente “goggiate”, il massimo da ogni situazione anche senza essere al top della condizione. Di più non poteva chiedere.
Ma questi Mondiali sono solo all’inizio, sabati e domenica ci sono le discese con ancora Paris e Goggia tra i favoriti. Ma tutte le squadre veloci azzurre si sono mostrate competitive: quattro atlete nelle prime 10 nel superG donne, tre in quella maschile. Questione di aria che si respira nel gruppo. La speranza è che questa aria faccia il miracolo di resuscitare qualche azzurro anche nelle prove tecniche. A questo punto i nostri Mondiali diventerebbero davvero magici.