Segni particolari? Due versetti della Bibbia tatuati su un fianco. “Confida nel Signore con tutto il cuore, e non appoggiarti sulla tua intelligenza; in tutti i tuoi passi pensa a lui ed egli appianerà i tuoi sentieri”. Un segreto, insolito, e quindi in qualche modo tradizionale, per chi, come Liam Caruana, cerca in tutti i modi di tenere un profilo basso, almeno con le parole, perché, orgogliosissimo e motivatissimo, vuole assolutamente far parlare di sè coi fatti. Uno che, dopo un semestre test al College (“in Communication”), ha fatto decisamente inversione ad U per tornare deciso al tennis, “e mettercela tutta, ma proprio tuta, sia dentro che fuori del campo, come preparazione atletica e anche dieta e vita da professionista”.
Uno che, un anno fa, masticava amaro, battuto nelle qualificazioni per l’unico posto italiano alle NextGen Finals alla Fiera di Rho (Milano) fra i migliori under 21 della racchetta, e che ora ha provveduto a riempire con la propria foto la casella libera mancante del Super8 dei giovani, con Tsitsipas, De Minaur, Tiafoe, Fritz, Rublev, Munar ed Hurkacz. “Ho fortemente voluto questa qualificazione, mi sono presentato allo Sporting una settimana prima per allenarmi sul posto, e proprio con questa mia voglia particolare di creare l’occasione e andarmela a prendere ho superato tutti questi ragazzi italiano che giocano benissimo, a cominciare da Brancaccio e Pellegrino”. Liam, oggi, è appena numero 622 Atp per colpa di una serie di infortuni (addominali ed adduttori) che, a gennaio, l’hanno stroncato quand’era 375, emergeva da Lucky loser dalle qualificazioni di Auckland, perdeva per 7-5 7-6 col ben più solido Steve Johnson e poi faceva da sparring a Leonardo Mayer agli Australian Open. Sorvola sulle difficoltà che ha avuto fino a ieri insieme al solito papà sponsor-allenatore-accompagnatore, Massimo, piccolo e compatto, che interviene solo per definire una cifra: “Una stagione ai suoi livelli, ancora Challenger, costa almeno 100mila dollari, ma se vuoi affrontarla in modo professionale, con le persone giuste, come abbiamo cercato di fare noi la cifra va quasi raddoppiata”.
Papà è stato fondamentale sotto molti aspetti: Liam è nato a Roma il 22 gennaio 1998, ma dai sei anni si è trasferito negli Stati Uniti, per seguire il padre (“E’ nel Real Estate, nel campo immobiliare”), prima in California, e quindi in Texas: “Austin, la migliore città del mondo”. Lì ha adottato lo stile aggressivo, da cemento, del tennis a stelle e strisce, quello moderno che comanda oggi, ha anche giocato per gli Usa, ha sfiorato la Davis junior ma, precisa: “Vivo lì e mi sento di lì, ho gli amici lì, penso nella lingua di lì, ma nel profondo mi sento italiano, mangio italiano, a pranzo tutta la famiglia sta insieme all’italiana, parlo italiano con papà e mio fratello minore, Jack, che ha 17 anni, cui sono attaccatissimo”. L’incrocio con Sergio Palmieri, dirigente mega-potenziario Fit (direttore dei tornei di Roma e di Milano, e presidente del comitato regionale lombardo), l’ha fatto entrare due anni fa nei programmi della Federtennis: “Mi aiutano molto, sono appena stato ad allenarmi una settimana al centro tecnico di Tirrenia”. Che è diventata la base logistica per l’attività italiana, “gioco il campionato di serie A per l’Aniene Roma, subito dopo Milano sarò con la squadra e poi chiuderò l’anno al Challenger di Andria”.
Anche se l’allenatore, Mariano Monachesi, gestisce la propria accademia in Argentina. Monachesi che è stato fra i tanti allenatori di Gianluigi Quinzi, il qualificato italiano delle prime Next Gen Finals di Milano che ha segnato la strada a Caruana. “Guardandolo in tv, e poi parlandoci, sentendo raccontare tutte le cose belle che aveva vissuto qui l’anno scorso, mi è cresciuta ancor più la voglia di viverle anch’io. Certo qui è tutt’altra storia rispetto ai tornei Challenger che frequento: come ci trattano, i media, tante attenzioni di tutti i tipi”. La storia di Quinz, suggerisce a Caruana un atteggiamento molto attendista: “Sono qua per competere al mio meglio e lasciare tutto quello che dentro il campo, non ho aspettative, ma ho tanta voglia di verificare a che livello sono. Ho palleggiato un po’ con Munar e ho captato subito che non ti tolgono molto il tempo, da “dietro” fanno male, non lasciano respirare. La curiosità più grande ce l’ho per il match con De Minaur, che infatti mi capita come primo avversario, perché io sono aggressivo e veloce, ma lui lo è più di me. Ci ho giocato tre anni fa in in Itf in Brasile e ci ho perso, passa anche molto bene”. Liam ha molti altri riferimenti, come si capta dalla familiarità che hanno con lui il giuggiolone del gruppo, Francis Tiafoe, e il californiano doc, Taylor Fritz, coi quali giocava da bambino: “Taylor aveva un campo da tennis in casa, entrambe i nostri genitori sono grandi appassionati di tennis”.
Con Stefano Tsitsipas perse due anni fa all’Itf di Lecco, con Rublev s’è incrociato addirittura nel 2015 in Messico. “Li conosco, ci ho giocato: sono un gradino sopra il mio, sono già riusciti a mettere tutto insieme. Ma io sto finalmente bene fisicamente e mi sento pronto”. Intanto, Liam Caruana, da Roma e da Austin, s’è messo in tasca i 52.000 dollari delle qualificazioni, da sommare agli sponsor che gli procura l’ottimo manager Corrado Tschabuschnig di TopSeed. Ma soprattutto, ha incamerato un milione di punti di fiducia nel suo gioco aggressivo, dal rovescio che fa male, per aprire ancor di più gli occhi e vedere come vicinissimo il percorso di un anno fa di Quinzi. Il quale, partendo dal numero 312 Atp delle prime Next Gen, oggi è 149.