Quando Tiger ha dichiarato che sarebbe rientrato in gara nel suo torneo alle Bahamas il mondo del golf ha tirato un lungo sospiro di sollievo perché molti, compreso il sottoscritto, temevano di aver perso per sempre il campione che aveva dominato il circuito per 15 anni. Tiger sta al golf come i Beatles stanno alla musica, Borg al tennis e l’Ajax di Crujff al calcio: è stato il tipico atleta che ha cambiato il modo di giocare, con un mix di fisicità e tecnica che non si erano mai visti prima. Il suo rientro è stato meraviglioso: dopo dieci mesi di assenza e quattro operazioni alla schiena è finito nono in classifica, non male per uno che ha giocato solo 19 tornei dal 2013.
Woods è tornato, ha giocato su buoni livelli, preciso nel gioco lungo, impeccabile nel putt, sicuro nei colpi intorno al green, ha dato quel segnale che tutti gli appassionati di golf volevano, rivedere il fuoriclasse americano tornare a competere su buoni livelli nei grandi tornei.
Ora si aprono scenari diversi: c’è un campione ritrovato, felice, che ha buone sensazioni e che non ha dolore nel dopo gara, con un fattore da non trascurare, cioè quello di essere amato da tutti compresi i suoi colleghi e avversari del Tour. La strada è ancora lunga. Sarà difficile rivedere il Tiger dominatore degli anni passati, ma se continuerà a lavorare così, presto lo rivedremo nelle parti alte delle classifiche e chissà, visto che stiamo parlando del più forte giocatore di tutti i tempi, di un clamoroso ritorno alla vittoria.
Silvio Grappasonni