C’è chi la chiama “sindrome del giorno dopo”, ovvero l’incapacità di continuare a vincere dopo un grande successo. E’ quello che sta accadendo al Leicester di Claudio Ranieri, nove mesi fa campione d’Inghilterra e oggi in piena zona retrocessione.
La favola dei Blue Foxes, che molti considerano l’impresa del secolo nella storia del calcio britannico, sopravvive ora solo in Champions League, ma la sfida verità con il Siviglia – squadra tosta e mai doma – è alle porte e la paura di fallire è a livelli altissimi.
Se consideriamo tutto lo storico della nostra Serie A, non è mai accaduto che la formazione con il tricolore cucito sul petto si trovasse invischiata nella lotta per evitare la serie cadetta. In oltre il 70% dei casi la squadra campione in carica ha chiuso il campionato successivo tra le prime 3; e gli scivoloni da prima pagina si contano sulla dita di una mano (Milan a parte, declassato all’ultimo posto nel 1980, per il famoso scandalo del calcioscommesse, dopo aver centrato lo scudetto della stella l’anno prima).
Il caso più clamoroso riguarda la Juventus, campione d’Italia nel 1961 e tristemente 12esima nel campionato successivo. I bianconeri patirono oltre modo l’addio al calcio giocato di un fuoriclasse del calibro di Giampiero Boniperti; ma nessuno avrebbe potuto immaginare una debacle del genere. Al termine della 24esima giornata la Juventus era sesta a otto punti dalla vetta. Ma nelle ultime 10 giornate racimolò appena un punto (2-2 fuori casa con l’Inter) a fronte di 9 sconfitte. Sul banco degli imputati finirono gli attaccanti Omar Sivori (13 gol) e John Charles (appena 8 reti), ma soprattutto i difensori (56 gol subiti, la seconda peggior difesa del campionato), rimasti orfani del centromediano Sergio Cervato, leader del reparto con licenza di segnare gol preziosi.
Campionato da dimenticare anche per il Milan, stagione 1996-97. I rossoneri erano reduci da 4 scudetti in 5 anni, tutti a firma di Fabio Capello. Ma Don Fabio aveva deciso di lasciare il club del presidente Berlusconi per approdare al Real Madrid e le conseguenze furono devastanti. La panchina venne affidata a Oscar Tabarez che resse solo 11 giornate; la sconfitta per 3-2 di Piacenza mandò su tutte le furie la dirigenza milanista che cacciò l’uruguaiano per riabbracciare Arrigo Sacchi. Ma il cambio di rotta non avvenne (1,36 punti in media per Tabarez e 1,22 per l’Arrigo nazionale) e il Milan visse una delle stagioni più opache della sua storia.
Ma il Leicester ha poco in comune con le vicende di club blasonati come la Juventus e il Milan. Piuttosto la storia del Leicester di Claudio Ranieri è simile a quella del nostro Verona di Osvaldo Bagnoli. Gli scaligeri vinsero a sorpresa il campionato 1984-85 battendo la concorrenza del Napoli di Maradona, della Juventus di Platini e dell’Inter di Rumenigge con una formazione duttile, solida e compatta. Claudio Garella era il portierone para tutto, Domenico Volpati il terzino destro, Luciano Marangon il terzino sinistro, Silvano Fontolan lo stopper, Roberto Tricella il libero, Luciano Bruni e Hans-Peter Brigel le dighe di centrocampo, Pietro Fanna l’ala destra, Antonio Di Gennaro il regista, Beppe Galderisi il centravanti e Preben Elkjaer Larsen la seconda punta. Uno squadrone senza punti deboli. Ma nel campionato della riconferma finirono triestemente decimi con più del doppio delle reti subite, 9 sconfitte in più e 6 vittorie in meno. Difficile per il Leicester, a questo punto, fare meglio del Verona.
Luca Marianantoni