Espulso per un’occhiataccia all’avversario. Proprio così: un’occhiataccia, non un’ingiuria, come si vede benissimo dal non-labiale della ripresa tv. Il fallo tecnico che gli è stato comminato dagli arbitri per aver fissato per qualche istante Kriss Dunn dopo aver segnato una tripla, sommato al precedente, col quale aveva avuto un diverbio nel primo tempo, ha portato all’automatica cacciata dal campo di Trae Young nel match fra Atlanta Hawks e Chicago Bulls di Nba.
Il ventenne texano non è un giocatore qualsiasi, è il rookie, cioè l’esordiente che incalza Luka Doncic come miglior matricola della stagione del basket pro. Nelle ultime tre partite consecutive, da guardia tiratore, ha eguagliato i 121 punti di Allen Iverson nel 1997: segnandone 36 contro Houston, 36 contro Minnesota e 49 nel week-end. Con una prestazione da favola: oltre ai punti, 8 rimbalzi e 16 assist, 17/33 dal campo, 6/13 da tre, 9/11 ai liberi, partecipando come realizzatore o passatore a 86 punti della squadra, record per un rookie nel Lega.
Numeri che necessitano di tanta adrenalina. Ma il signor Mark Ayotte lo ha accusato di taunting” (scherno), che poteva portare a uno scontro fisico, e gli ha voluto dare una lezione anche per via della sua giovane età. A futura memoria. Col giocatore che, prima non s’è dato pace, in campo, poi ha commentato: “Hanno fatto una chiamata, devo conviverci. Io ho solo guardato qualcuno, tutto qui”. Quindi s’è sfogato su Twitter: “Io cerco di giocare con emozione, passione, impegno e un po’ di attitudine, all’interno della pallacanestro… È quello che ho sempre cercato di fare, ed è anche l’unico modo in cui so farlo”.
Le perplessità di Stefano Cazzaro
Uno dei migliori arbitri italiani di sempre, Stefano Cazzaro, che ha diretto per 22 anni nella nostra serie A e da 14 alleva i fischietti del suo Veneto, è perplesso sulla decisione dei famosi colleghi: “Ogni realtà ha le sue regole e così anche in Italia si fischiano dei “tecnici” che in Europa non si comminerebbero. Personalmente, non sono d’accordo, penso che la trance agonistica sia fisiologica, così ci sta anche la schiacciata in faccia all’avversario, che è un po’ uno scaricare tutta la tensione. Il fallo tecnico è stato un po’ depenalizzato, visto che comporta oggi un solo libero di punizione, ed è diventato più frequente nell’Nba e quindi anche in altri campionati. Perché ormai si tende a seguire quello che fanno in America, come si è visto dal “passo zero” e dalla rincorsa al tiro da 3 punti”.
Cazzaro, di “tecnici”, in carriera, ne ha fischiati pochi: “Non ho la statistica, direi che arrivavo a 2/3 a campionato”. La sua filosofia d’arbitraggio era diversa: “Il fallo tecnico lo vedevo un po’ come un insuccesso, non ero stavo bravo io a mantenere la disciplina in campo. Ero un buonista, uno che preferiva sempre il dialogo. Il che non vuol dire non prendere le decisioni”. Oggi, ne succedono di cose strane nell’arbitraggio: “Vedo sanzionati i giocatori che esultano in trasferta verso il pubblico – perché lo aizzano -, non quelli che giocano in casa. Ma così non c’è parità”.
Intanto, nell’Nba infuria la protesta. ”Non so nemmeno cosa è successo, ho visto solo che è stato espulso, non mi sembrava che dovesse essere cacciato”, ha commentato Dunn, che pure avrebbe potuto togliersi il sassolino dalla scarpa. Rudy Gobert, centro francese degli Utah Jazz che a dicembre ha battuto tutti i record con due falli dopo tre minuti, fallo tecnico ed espulsione per aver scagliato via una bottiglietta d’acqua, ha “cinguettato”: “Dov’è il divertimento nel basket se non possiamo mostrare emozioni?”.
Con la chiosa dell’ex “bad boy” Reggie Miller: “Cos’è successo alla mia amata NBA? Oggi è tutto così SOFFICE e SENSIBILE. Non c’è proprio motivo per cui Trae Young dovesse ricevere un tecnico per questa cosa qui. Io, ai miei tempi, in soli due anni, sarei finito in bancarotta, fuori dalla Lega”.
La vicenda del “povero” Younga riporta alla ribalta l’etichetta di protagonismo legata a certi arbitraggi. “C’è l’arbitro che fischia troppo e magari non a ragione, ma c’è anche il non fischiare, il non prendersi le responsabilità, che è altrettanto grave”, chiosa Stefano Cazzaro a difesa della categoria, sciorinando il credo di quel mestiere così difficile: l’arbitro. “In crisi, in Italia, più che di reclutamento, di mantenimento: molti abbandonano dopo uno-due anni, per mancanza di passione”. Che poi è quella che spinge un esordiente come la guardia di Atlanta a battersi da subito contro i più forti e a ruggirgli in faccia come un leoncino.