A trent’anni dall’incidente di Imola che cambiò per sempre la storia della Formula 1, Ayrton Senna continua a vivere nei ricordi di chi c’era e soprattutto nel mito per quanti ne hanno potuto solamente apprezzare le gesta e lo spessore umano a posteriori.
Giulia Toninelli con il suo Ayrton Senna. Occhi feroci, occhi bambini traccia un percorso composto di luoghi e sentimenti, in grado di riflettere l’esasperata dualità di questo personaggio: famelico e primordiale in pista, docile, disponibile, sensibile fuori dall’abitacolo della sua monoposto. Dal Brasile al Brasile. Nel mezzo: un sogno ad occhi aperti fatto di velocità, ricerca della perfezione e la consapevolezza (amara) che il mondo del motorsport significasse anche venire a patti con la politica e gli effetti collaterali della popolarità. Una morsa potenzialmente stritolante.
Ayrton Senna. Un uomo che attraversa il tempo, lo spazio e la sensibilità di un personaggio che non è mai stato e mai sarà solo una leggenda della F1.
Marguerite Yourcenar ha scritto: «Alla fine e all’inizio della vita bisogna vivere come se si andasse a morire tra dieci minuti. O come se si durasse per sempre». Era questa la convinzione di Ayrton Senna?
“Direi di sì. I piloti, soprattutto del passato, sapevano benissimo quello a cui andavano in contro una volta scesi in pista. Il motorsport è per definizione pericoloso. Tutti i piloti sono consapevoli di quello che rischiano quando corrono. La morte, però, è una cosa a cui non puoi pensare una volta sceso in pista, altrimenti sarebbe impossibile condurre questa vita. L’ultimo Senna è un Ayrton che ricorda questo aforisma. Riflessivo, molto più attento alla sicurezza, soprattutto dopo quello che era successo tra venerdì e sabato: l’incidente di Barrichello e la scomparsa di Roland Ratzenberger. Un weekend che anche se lo ripetessimo un miliardo di volte nelle stesse condizioni non darebbe gli stessi esiti. Il ’94 era un anno molto particolare a causa del cambio di regolamento: le macchine erano troppo veloci rispetto a piste ormai datate e condizioni di sicurezza inadatte. Senna si rendeva conto della pericolosità di questo sport.”
Il sottotitolo “Occhi feroci, occhi bambini” ci fa subito andare con la mente alla dimensione visiva e, effettivamente, tra le tue pagine abbiamo avuto modo di notare una netta predominanza di questo senso: dalla quasi schizofrenia di Senna che narri tramite il suo gioco di sguardi, docile fuori dall’abitacolo e famelico appena indossato il sotto casco, al suo essere immediatamente riconoscibile in pista complice l’iconico casco giallo canarino, fino alla rivelazione per bocca dello stesso Beco di aver visto Dio in fondo al rettilineo di Suzuka nel 1988…
“Mi piaceva l’idea di dare un sottotitolo a questo libro che già rendesse conto al lettore il Senna che io, studiando le fonti, ho capito e che a volte si perde. Quando una leggenda muore si tende sempre a farla diventare un santino, un’icona priva di tridimensionalità ed è un peccato. Quello che ha reso Senna un uomo che sopravvive all’usura del tempo, ero a Imola per il trentennale e c’erano ventimila persone a ricordale tra cui tantissimi giovani, è proprio il suo lato umano. Ayrton è stato amato per la sua dualità: un uomo estremamente sensibile verso il prossimo e un pilota che si divertiva solamente vincendo, primeggiando. Di un pilota, poi, allo spettatore arrivano soprattutto gli occhi e il loro linguaggio.”
Imola e “i segnali” di quel primo maggio ‘94. Un saggio di quanto le disgrazie possano essere democratiche e colpire un giovane, Barrichello, e due piloti divisi da due destini lontani: le fatiche delle serie minori per Ratzenberger e la gloria fin da giovanissimo per Senna. È possibile non farsi avvolgere dall’irrazionalità ripercorrendo quel weekend che ha segnato indelebilmente la storia della F1?
“Molto, molto difficile. Imola ’94 è sentimento. L’emozione è predominante. Si tratta di un tassello di memoria collettiva come l’11 settembre 2001. Date che se vissute lasciano un’impronta dentro di noi. La F1 quel giorno è cambiata, anzi, lo sport è cambiato. Inutile, però, nella narrazione basarsi solo sul lato emozionale. Si è trattato senza dubbio del capitolo più difficile da scrivere: si è giocato tutto sul labile equilibrio tra pianto e algidi tecnicismi. Trent’anni dopo, in ogni caso, è molto facile cadere nell’irrazionalità parlando del weekend di Imola 1994.”
Tra le righe di questa tragica epopea emerge un Senna legato a doppio filo con la sua terra natale, ossia il Brasile, ma anche un pilota profondamente amante dell’Italia, terrà infatti sempre in allenamento l’italiano…
“Io sono convinta che sarebbe andato in Ferrari. Senna ha ventilato più e più volte questa possibilità anche ai suoi affetti più cari. Una scelta che andava al di là della sua voglia di vincere titoli; Ferrari in quegli anni stava infatti affrontando un periodo di transizione. Magari, successivamente, avrebbe chiuso la sua carriera in Minardi. Senna aveva un legame speciale con Minardi e questi l’ha confermato più volte. Il finale della carriera di Senna sarebbe stato sicuramente nel segno del tricolore. Un aspetto che mi piace particolarmente: la prima parte della sua carriera si è svolta, infatti, in Italia, a Rozzano, nel segno dei kart della DAP. Un’esperienza che l’ha segnato nel profondo. Un Senna alla corte della rossa sarebbe stata la degna chiusura del cerchio.”
Il libro si apre con una prefazione di Andrea Kimi Antonelli, pilota del Mercedes Junior Team, al debutto nel 2024 nel campionato di Formula 2. Che cosa rappresenta Senna per questa generazione di piloti?
“Quando ho cominciato a scrivere questo libro, avevo davanti una scelta. Io non ho vissuto Ayrton Senna di persona, mentre la maggior parte dei lavori riguardanti l’asso brasiliano sono stati realizzati da piloti, giornalisti che hanno potuto avere a che fare con Ayrton Senna. Ho pensato quindi di scrivere una biografia non dando niente per scontato. Com’era il paddock negli anni ’80? Come si entrava nel giro dei motori che contano in assenza di Academy? Mi piaceva l’idea di dare la prefazione ad una personalità che seguisse questa linea: un giovane pilota talentuosissimo che corre ancora oggi con il mito di Ayrton Senna. Kimi era perfetto, ha corso addirittura col 12 sul cupolino. A diciassette anni non è facile riuscire a riordinare le idee in materia di miti e lui è stato molto bravo. A Kimi non interessa, però, solo il lato agonistico di Senna: la F1 non è tutto. Kimi vorrebbe essere orgoglioso di se stesso anche per quanto dimostrato fuori dalla pista.”
“Nada pode me separar do amor de Deus” – quanto c’è della parabola di Senna in questa frase posta sulla sua tomba? Personalmente, ho sempre nutrito un certo fascino nei confronti del rapporto che Ayrton aveva instaurato con la fede…
“Si tratta della rappresentazione della parabola di Senna. La fede sudamericana è molto viva, un rapporto diretto con Dio, slegato dalla Messa e dalle preghiere collettive a ripetizione. Senna parlava senza problemi di Dio, di religione e del suo essere sentimentale ai cronisti. Questo rapporto diretto con l’ultraterreno l’ha aiutato tanto. Senna è maturato grazie alla religione e ha potuto superare delusioni sia sportive che nella sfera privata. La fede ha aiutato anche la famiglia e, più in generale, il Brasile a superare il trauma della sua perdita.”
Quanto manca alla F1 odierna un antagonismo alla Senna – Prost?
“Non sono una grande nostalgica. Credo che la F1 abbia sempre avuto cicli storici. Gli sport vanno avanti a dualismi: nel 2021 abbiamo avuto un duello senza esclusione di colpi tra Max Verstappen e Lewis Hamilton, se possibili ancora più interessante di Senna – Prost, almeno dal punto di vista anagrafico.”
Senna ha vestito anche i panni dell’angelo custode in Belgio nel 1992 salvando la vita di Comas e replicando quanto fatto da Merzario con Lauda nell’agosto ‘76. In un intreccio assurdo Comas a Imola ‘94 vide ciò che non vide nessun altro…
“Un intreccio incredibile. Senna era il mito di tutti ed era sempre in prima linea. Comas, dopo aver visto la morte coi propri occhi, non poteva reggere un fardello simile e decise di smettere immediatamente con la F1. La morte di Senna è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso della sua sopportazione.”
Senna e il nuovo che avanza: Michael Schumacher e il Senna imprenditore degli ultimi anni. Dalle pagine del libro emerge una forte correlazione tra le due cose…
Sì, è la base del motorsport. Quando arriva il nuovo, c’è sempre un grande campione in parabola discendente. Senna doveva essere il migliore e non accettava che ci fosse qualcun altro più forte di lui ed era convinto inoltre che la Benetton barasse. Il vedere un altro pilota dal carattere diametralmente opposto al suo trionfare non poteva essere accettato dal brasiliano e ha lasciato sicuramente un segno in Beco. Tra le mille cose che abbiamo perso con la morte di Senna c’è anche il dualismo con il kaiser Schumi.”
Che emozioni hai provato nel visitare il cimitero di Morumbi?
“Il cimitero di Morumbi è una sorta di città-giardino che sorge tre le infinite ramificazioni di San Paolo. Un’oasi di pace in un mondo di rumore e velocità che rispecchia molto ciò che è stato e ciò che continua ad essere Senna per tutti gli appassionati e non solo.”