Antonio Conte va all’Inter e i tifosi bianconeri protestano e cancellano dalle loro bacheche il nome del tecnico, Sinisa Miahjlovic si avvicina a parole alla Roma e i tifosi giallorossi gli contestano il passato laziale. Tuttavia la madre di tutte le battaglie sembra il possibile passaggio di Maurizio Sarri sulla panchina dellaJuventus. Tradimento, lesa maestà. Comincia il sindaco Luigi de Magistris che parla di ferita, Jorginho da Londra, dove ha giocato nel Chelsea guidato dal tecnico toscano, rincara il giudizio negativo sul trasferimento e Lorenzo Insigne fa il coro ai tifosi del Napoli dicendo che così non si fa.
Eccolo il calcio sovranista. Napoletani, juventini, laziali o giallorossi sempre, italiani ed europei mai, o almeno a corrente alternata, quando fa comodo. Il mondo del tifo ha riti incontaminati, più da analisi antropologica che sociale, ma che anche i giocatori si mettano a tirare la giacca a un tecnico affinché ci pensi prima di sedere in panchina sull’”odiata” avversaria, dimostra quanto sia infantile la categoria. Ognuno sembra voler entrare nei destini e delle scelte degli altri, ma guai in quelli propri, soprattutto se fruscia un numero sterminato di banconote.
Bisogna farsene una ragione. Il calcio delle bandiere non c’è più, non perché le bandiere non vorrebbero più sventolare, ma perché il tritacarne degli affari ha eliminato le priorità del cuore. Che sia giusto o no non fa differenza. Hamsik “core de Napoli” ha scelto la Cina non tanto perché non fosse più nel progetto di Ancelotti, ma perché dalla Cina proponevano vagonate di denaro. Scelte di vita, insindacabili.
Invece, tralasciando il verminaio dei social, da più parti si grida alla lesa maestà. Lo juventino Conte (più bianconero di quanto la tradizione presenti l’azzurro profondo di Sarri) che con la Signora ha conquistato tre scudetti da allenatore e da giocatore ha segnato un’epoca, da idolo che era all’improvviso è diventato nemico, come nelle diatribe medioevali dei comuni quando alleanze e rotture provocavano guerre ed effimere paci. Nessuno pensa che Conte, oppure Sarrifacciano scelte professionali, si mettano in gioco per nuovi obiettivi e progetti, che è nell’indole umana, perché andare avanti è un modo per non restare imprigionati nei vetusti clichè.
E se Ancelotti alla fine della prossima stagione ritornasse al Milan, per i tifosi napoletani sarebbe tradimento? O lo sarebbe se Massimiliano Allegri decidesse di allenare la Roma, o lo stesso Napoli fiero avversario per tante stagioni? La piccolezza della polemica è una schiuma inattesa sul campionato che fra qualche mese riprenderà la sua strada. Poi leggeremoenfatiche cronache della prima volta di Sarri a Napoli o di Conte a Torino su una panchina diversa da quella che i tifosi vorrebbero. Purtroppo siamo entrati in un’epoca in cui i plotoni dei giudicatori si ricaricano l’un l’altro, diventano portavoce di pensieri illiberali, con una comunità che abbia il diritto nello sport, come nella vita, di imporre il proprio giudizio quasi come una vendetta. E non è più questione di bandiere, ma di un principio di civiltà, la tolleranza nei confronti degli altri.