Mai sottovalutare Hugo Gaston, mai misurarlo in base ai centimetri d’altezza (pochi 173, per un tennista moderno) o per il faccino da bambino, malamente mascherato dalla barba incolta da cercatore d’oro del Klondike. Mai pensare che non ce la farà a fronteggiare con quelle braccine e quelle gambine lo strapotere fisico dei più noti superman del circuito.
Il francese che si qualifica alle Next Gen fra i migliori under 21 del 9-13 novembre al Palalido di Milano è un genietto alla Harry Potter, la sua racchetta è una bacchetta magica che si esalta in difesa e produce curve ed angoli impensabili in attacco, catapultandolo a rete spesso e volentieri.
Hugo il mancino dalla melliflua palla corta ha il gioco più anomalo del circuito ATP Tour, più, molto di più del primo mago di casa, Fabrice Santoro, perché oggi la palla viaggia molto più veloce e si gioca sempre meno sulla terra rossa, la superficie dove Gaston è nato, nel vero senso della parola, perché papà era il presidente del Circolo tennis Fonsorbes, a un passo da Tolosa, e lui dai 2 anni ha cominciato a rotolarsi in campo inseguendo la pallina gialla. Esaltandosi nei recuperi, eccitandosi nelle invenzioni, alternando colpi violenti a carezze al curaro, allenandosi a lasciare la gente a bocca aperta. Anche se l’INSEP, il centro statale di eccellenza per le attività sportive in Francia, l’aveva scartato per la scarsa altezza.
Hugo ha insistito. Hugo ha continuato a credere in se stesso. Hugo ama troppo il tennis e lo spettacolo. Figurarsi quando la gente che lo guarda è tanta, è amica, e quando la platea è importante. Come ha dimostrato da bambino aggiudicandosi l’Olimpiade giovanile a Buenos Aires, battendo in finale il beniamino di casa, Facundo Diaz. Il suo impatto col mondo pro è stato difficile ed è transitato dalla dura palestra dei tornei Futures e Challenger.
Lui, al debutto al Roland Garros, da umile wild card, appena numero 239 del mondo, che dava spettacolo, ubriacando di cambi di ritmo un avversario tanto più forte e quotato, trascinando al quinto set il due volte finalista di Parigi dopo aver rimontata due set di svantaggio.
Così, a colpi di smorzate, 40 vincenti su addirittura 58 che sfoderava contro l’austriaco, Gaston è diventato il giocatore di più bassa classifica ad arrivare agli ottavi dal 2002 al primo tentativo e ha fatto rispolverare un video del tennista you-tuber, Ilya Marchenko che al Challenger di Bergamo 2019 ne aveva dovute fronteggiare 34 in tre set. “Credo che il mio tennis rifletta la mia personalità. Amo ridere, scherzare, e vivere intensamente il tennis. Il mio tennis sono io”.
Dopo quella ubriacatura inattesa, il francesino è stato però costretto a tornare alla sua realtà-Challenger, dovendo transitare addirittura dalle qualificazioni ad Amburgo e perdendo poi subito sul palcoscenico ATP a Parigi-Bercy contro Carreno Busta.
Quest’anno, dopo tre ko d’acchito, ha perso con Sonego a Montpellier e con Sinner a Marsiglia e anche a Miami, e poi con Pellegrino in finale nel Challenger di Roma-1, e non ha più brillato fino alla nuova finale di luglio, a Iasi in Romania, sconfitto da Kolar (222 della classifica) per poi accelerare di colpo presentandosi per la prima volta in finale anche sull’ATP Tour, a Gstaad, dov’ha ceduto sotto il traguardo al ben più qualificato Casper Ruud, neo promosso alle Nitto ATP Finals di Torino coi primi 8 del mondo.
Bravo davvero, Hugo, a infilare il Cerundolo più forte, Juan Manuel, Delbonis, Garin e Djiere. Ahilui, i limiti sono però sempre gli stessi: di fisico e di specializzazione sulla terra rossa, dov’è troppo più competitivo rispetto alle altre superfici. Tanto da arrivare in finale anche all’altro Challenger di Tulln, in Austria, in semifinale a Braga e a Lisbona, in finale a Barcellona.
Certo, il pubblico giacobino gli ha dato una bella mano, ma Hugo s’è meritato i miracolosi quarti contro Daniil Medvedev volando 20 games su 21: ”Mentre io stavo andando alla deriva ed avevo già la testa al terzo set, lui ha avuto un calo e ha cominciato a sbagliare tanto perché non trovava più il ritmo contro le mie palle sempre diverse: veloci, lente, alte. Io invece sono riuscito a concentrarmi sempre più a fargli giocare più palle possibile e sono riuscito a ribaltare la partita a mio favore”. Che bello, che sensazione unica: “E’ stato incredibile, onestamente gioco per vivere partite come questa. Senza pubblico non credo che sarei riuscito a vincere una partita così”.
Il tennis impazzirebbe e prenderebbe un’altra strada. Impariamo a scoprirlo al Palalido da martedì 9 novembre alle Intesa Sanpaolo Next Gen Finals di Milano: i ragazzi delle scuole tennis lo ameranno come i cultori di un tennis che fu.
Vincenzo Martucci (foto e testo tratti da supertennis.tv)