Ci sono volti tirati come quelli di Andy Murray e Serena Williams, che hanno giù ufficializzato la loro rinuncia agli Australia Open (come il giapponese Kei Nishilori), ci sono sguardi bassi come quelli di Novak Djokovic, che deciderà all’ultimissimo momento e dopo le ultime esibizioni, o di Rafael Nadal, che non sa nemmeno lui come potrà reagire con quel martoriato ginocchio a un torneo impegnativo, lungo e massacrante come la prima prova stagionale del Grande Slam. E poi c’è lui, il sempiterno Roger Federer, che sorride a 32 denti dopo il successo immacolato nella Hopman Cup di Perth, una sorta di campionato del mondo a squadre, a inviti, con un singolare maschile, un singolare femminile e appunto un doppio misto.
Un “deja vu” che re Roger aveva vissuto vincendo la manifestazione 17 anni fa, nel 2001, con la leggendaria Martina Hingis, sostituita nel trionfo di sabato da Belinda Bencic con cui ha firmato il punto decisivo in doppio contro i tedeschi Mischa Zverev e Angelique Kerber.
Federer ha giocato questa gara anche nel 2002 (era in coppia con Mirka, la moglie che gli ha dato due coppie di gemelli) e lo scorso anno al rientro dopo l’infortunio al ginocchio. In una città bellissima, ai confini del mondo, già teatro di indimenticabili pagine di sport: la vittoria dell’Italia, in rimonta sugli Stati Uniti, nel 1960, che ci aprì le porte alla prima finale di coppa Davis della nostra storia, la coppa America di vela del 1987 in cui Stats & Stripes di Dennis Conner si prese la rivincita dopo la storica sconfitta di 4 anni prima contro gli australiani, la prima medaglia d’oro italiana ai Mondiali di nuoto, firmata da Giorgio Lamberti, nel 1991. Mondiali che poi tornarono a Perth nel 1998, quando la nazionale italiana femminile vinse uno strepitoso oro nella pallanuoto.
Con questo sorriso armonioso, spontaneo e leggero, da una città che è l’emblema stesso della natura, dello sport, della leggerezza degli australiani, Roger si mette in cammino verso un torneo, gli Australian Open che, a dispetto della tradizione – diciamolo pure, è il meno prestigioso degli Slam, dopo Wimbledon, Parigi e gli Us Open – lui ama molto. Perché partire per l’Australia, con tutta la famiglia al seguito, vuol dire, nel migliore dei casi, stare fuori per 5 settimane, compresi Natale e Capodanno, perché “down under” è diventato per la prima volta numero 1 del mondo dopo la vittoria del titolo nel 2004, e lo ama ancor di più da dodici mesi a questa parte perché lo storico successo del 2017, passato attraverso i drammatici cinque set vinti su Nishikori, Wawrinka e Nadal, hanno dato il via a una memorabile – ed inattesa rinascita – che ha avuto come apice l’ottavo successo a Wimbledon senza perdere un set.
Ancora una settimana e scopriremo di che pasta sarà fatto il 2018 di re Federer. L’antipasto di Perth è stato semplicemente straordinario, per un campione che ad agosto compirà 37 anni.
Luca Marianantoni