L’edizione 2024 delle Olimpiadi Giovanili Invernali ha rappresentato un punto di non ritorno per l’Italia. Per la prima volta nella sua storia ultracentenaria, lo sport azzurro non era mai riuscito a conquistare il medagliere in una competizione multisport di livello mondiale. L’occasione è arrivata a Gangwon dove Nayeli Mariotti Cavagnet ha scoperto di esser uno dei nuovi talenti del biathlon internazionale grazie all’oro conquistato in staffetta e il bronzo nell’individuale.
Risultati che hanno messo in luce il talento della 17enne delle Fiamme Gialle che, dopo esser cresciuta sulle piste da fondo di Cogne, ha deciso di imbracciare la carabina e contribuire a un momento storico per l’Italia intera, in grande fermento in vista delle Olimpiadi Invernali di Milano-Cortina 2026.
Nayeli Mariotti Cavagnet, ci racconta la sua esperienza alle Olimpiadi Giovanili? Com’è stato salire sul gradino più alto del podio e sentir suonare l’Inno di Mameli?
E’ stato molto bello sia da un punto di vista sportivo che umano perché abbiamo avuto modo di legare con atleti di altre nazioni e passare molto tempo assieme. Conoscerli ci ha aiutato a rendere l’esperienza migliore. Per la parte agonistica tutto è stato molto bello perché era la prima volta che mi confrontavo a livello mondiale e conquistare una medaglia è stata una grande emozione. Riuscire inoltre a vincere l’oro in staffetta ha reso fiero tutto il team Italia dimostrando che possiamo giocarcela con tutti.
Nella staffetta è arrivato un oro che ha ulteriormente resa più dolce l’esperienza. Quale differenza ha notato rispetto al podio ottenuto in individuale?
Sono state due emozioni diverse perché nell’individuale è stata una sorpresa, non mi sarei mai immaginata di arrivar così davanti in classifica. Quando sono arrivata al traguardo e l’ho realizzato, ho ricevuto una conferma a livello personale del lavoro svolto. In staffetta prima di partire sapevamo di potercela giocare perché nelle precedenti edizioni l’Italia aveva già ottenuto ottimi risultati. Essendo stata la prima staffettista, ho potuto osservare le mie compagne e vedere la tutina dell’Italia sempre al comando avendo così contribuito a un risultato di squadra che vale anche di più dell’individuale.
Nell’individuale la forte nevicata che vi ha colpito ha influenzato le sue prestazioni al tiro?
Ho faticato maggiormente nella parte di fondo perché la grande quantità di neve presente mi ha in parte rallentato. Al poligono la visibilità in realtà era buona e anzi, vedendo le gare successive in cui c’era sereno, mi sono accorta come fosse migliore questa situazione. Essendoci coperto infatti non c’era troppo vento, mentre quando abbiamo trovato sereno, abbiamo dovuto far i conti anche con questo aspetto.
Com’era il clima in Corea, soprattutto a fronte di questi successi tricolori?
E’ stato molto bello aver Casa Italia dove, oltre il biathlon, conoscere i vari atleti presenti e stringere amicizia con loro. Abbiamo avuto modo così di osservare anche da vicino le altre gare e tifare per i nostri compagni di squadra.
E’ rimasta colpita da qualche aspetto curioso che riguardi il paese di curioso rispetto al paese?
Sì, innanzitutto non mi aspettavo che i coreani conoscessero poco l’inglese e ciò ha messo un po’ in difficoltà nel relazionarci con loro. In seconda battuta sono rimasta sorpresa dal trovarmi di fronte delle città molto moderne, simili a quelle europee. Abbiamo avuto modo di visitare Gangwon che si trovava vicino al villaggio olimpico e sono rimasta piacevolmente sorpresa da questo aspetto.
Facendo un passo indietro, come si è avvicinata al biathlon essendo la Valle d’Aosta una terra di fondisti?
In realtà ho avuto un passato anch’io da fondista tant’è che fino a due anni fa ho portato avanti una carriera parallela. Ho iniziato ad avvicinarmi al biathlon soltanto all’età di tredici anni grazie allo Sci Club Bionaz Oyace, ma fosse stato per me avrei continuato a svolgere entrambe le specialità. Complice l’ingresso nel comitato regionale, nel 2022 ho dovuto scegliere se continuare con il fondo o con il biathlon e ho deciso di puntare su quest’ultimo perché ero approdata da meno tempo ed ero curiosa di testarmi ancora.
Quanto l’hanno aiutata i suoi genitori nel corso della sua giovane carriera?
Moltissimo, forse sono stati più importanti degli allenatori che ho avuto sinora. Mi sono sempre stati vicini nel corso della mia esperienza e sono stati loro a mettermi sugli sci. Avendo un passato da agonisti nel fondo, mi hanno dato diversi consigli sia quando dovevo imparare a sciare, sia quando mi sono avvicinata al mondo delle gare.
C’è un atleta a cui si ispira nel mondo del biathlon?
Non ho un vero e proprio idolo, però mi ispiro molto a Federico Pellegrino che fa sì fondo, ma mi affascina per come affronta il suo sport. Guardando strettamente al biathlon non posso che dire Lisa Vittozzi.
Su cosa dovrebbe migliorare in futuro?
Posso migliorare su diversi punti. E’ un percorso molto lungo, però proverò a dare del migliorare in futuro e il lavoro sicuramente darà i suoi frutti a cui abbiamo puntato.
Quali sono i paesi che vede maggiormente in crescita rispetto alla sua generazione?
Il biathlon penso che stia avendo un seguito sempre più ampio, motivo per cui sono convinta che presto possa espandersi in molte nazioni nel mondo, anche dove ora non è ancora così noto.
In conclusione, prenderà parte alle Olimpiadi 2030?
E’ uno dei sogni che mi piacerebbe poter realizzare. Per il 2026 è veramente complicato benchè abbiamo i Giochi in casa. Dopotutto ci sono atleti giovani e molto bravi che sono più grandi di me e di conseguenza hanno il diritto a partecipare. Speriamo di farcela per il 2030.