Tutta colpa di Manny Machado. Lo chiamano Money proprio per la sua corsa agli ingaggi più grossi e non poteva mandar giù che Nolan Arenado avesse firmato un contratto per 8 anni per 260 milioni di dollari.
Così, ha aperto la volata-record nella Major League – che non ha il salary cap – e, il 21 febbraio, ha firmato un decennale di 300 milioni coi San Diego Padres, il più alto di sempre per un free agent. Provocando però la prevedibile reazione del più famoso coetaneo del baseball Usa, il 26enne Bryce Harper.
Questi ha aperto una folle asta: ha rifiutato i 300 milioni che gli proponeva la sua squadra, i Nationals di Washington, ha detto di no ai 310 milioni per 12 anni dei Giants di San Francisco e non si è accontentato dei 180 per 4 anni di Dodgers di Los Angeles, finché non si è accordato coi Phillies di Philadelphia, per addirittura 330 milioni per 13 anni. Fissando il nuovo, clamoroso, limite.
Salario minimo: 500 mila dollari
Così vanno le cose nella Major League, dove lo stipendio medio ha superato i 4 milioni di dollari, anche se è fortemente influenzato dai più forti, perché il salario minimo è di poco superiore ai 500mila dollari l’anno.
I record sono all’ordine del giorno, e sembrano subito lontanissimi, anche se sono del 2014, come i 325 milioni in tredici anni di Giancarlo Stanton dai Miami Marlins (anche se poi il contratto è stato rilevato in corsa dai New York Yankees) o del 2007, come i 275 milioni in dieci anni di Alex Rodriguez ai New York Yankees.
Harper pretendeva un riconoscimento al suo talento precoce di esterno destro, già prima scelta e maestro negli home ran. Machado ha un compito ben più difficile. Intanto, ha l’onere di cambiare faccia ai Padres, una delle cinque squadre che non hanno mai firmato le World Series e che l’anno scorso ha concluso nettamente ultima la sua divisione, la National Est, con 66 vinte e 96 perse, seguendo dal 2010 il trend negativo di più partite perse.
Per strappare l’asso alla concorrenza di Yankees, Phillies, Cubs e White Sox, oltre a una montagna di quattrini, San Diego ha allettato il giocatore costruendogli attorno una squadra competitiva con il prima base Eric Hosmer (144 milioni di dollari per otto anni) e il seconda base Ian. La stagione scorsa si è diviso tra i Baltimora Orioles, dove è cresciuto e ha giocato sei stagioni e mezzo, e Los Angeles Dodgers, battendo 37 fuoricampo a una media di 297 (188/632) e 107 punti a casa.
Soldi e scazzottate
Ma le battaglie di Manny non finiscono qui: finora, sul diamante del campo, si è distinto per le molte intemperanze, retaggio di un’infanzia difficile, senza padre, allevato dalla madre e dal mitico nonno Francisco Nunez, “il mio primo motivatore”.
Già cinque anni fa, ha avuto un diverbio in campo col terza base degli Athletics, Josh Donaldson, che ha disturbato nella corsa, e, dopo essere scivolato, ha tirato il caschetto nella sua direzione, dicendogli qualcosa di poco carino e scatenando la reazione di tutti i giocatori, che ha sfiorato una maxi rissa. Il giorno dopo, indispettito da un lancio molto vicino al corpo che gli sembrava proprio voluto, prima ha colpito il ricevitore e poi ha lanciato la mazza verso un altro avversario, col labiale, colto dalle telecamere, che diceva: “Sai a chi era diretto il bat, vero?”.
Conseguente espulsione e squalifica per cinque partite. Due anni dopo, si è beccato col lanciatore Yordano Ventura: dopo aver schivato per un soffio due veloci addosso, quand’era stato colpito da una terza alla schiena, era volato addosso all’avversario, appioppandogli un paio di pugni, e scatenando una mega rissa fra le due squadre.
Morale: altre quattro giornate di stop in tribuna. Nell’aprile di due anni fa non ha arrestato la corsa, è entrato a gamba tesa su Dustin Petroia che difendeva la seconda base e lo ha messo ko per più gare.
Come vendetta, Matt Barnes gli aveva lanciato volutamente la palla mirandogli proprio alla testa, colpendolo fortunatamente in pieno sul caschetto, e non creandogli quindi danni, ma dicendogli, sempre guardando il labiale in tv: “Lo sai questo non è mio, è loro”. Finché ad ottobre, Manny non ha scalciato Aguilar, non ha avuto contatti fisici con lui, ma i due si sono insultati a lungo in campo coprendosi la bocca, ed è stato poi multato pesantemente.
Potenziale inespresso
I “talent” tv, cioè gli ex giocatori che commentano le partite, sostengono che questi comportamenti di Machado siano stati dettati dalle difficoltà della vita e poi dalla frustrazione per non riuscire ad esprimere il suo grande potenziale in una grande squadre e con grandi obiettivi. E sperano che a San Diego il baseball applaudirà un altro giocatore. Ma nessuno ci giura.
“Anche se lui dice: “L’unica cosa che puoi controllare sono i miglioramenti che fai se impari dagli errori. Odio rivedere certi vecchi filmati, ma so di aver fatto quelle cose. Cerco di essere il miglior compagno che posso perché tutti sappiamo di poter contare su di me come persona e come giocatore”. Che, pur essendo nato e cresciuto a Miami, ha scelto di giocare il World Baseball Classic per la Repubblica Dominicana. “In onore delle mie origini”.
Con la decisiva motivazione di restituire alla madre tutto quello che ha fatto per lui: “Ha lavorato tutti i giorni della sua vita, dalle 8 del mattino alle 6 di sera per garantire alla nostra famiglia di avere cibo in tavola e vestiti nuovi. Non direi che siamo stati poveri, ma certamente non avevamo tanto denaro. E lei ha sgobbato perché non ci mancasse niente”.
Anche Harper non scherza, a risse ed espulsioni, ma quelle di Manny hanno fatto più scalpore e gli si sono appiccate addosso come un’etichetta. Ma i soldi cambiano la vita?