Il terzo turno di Wimbledon 2017 rimarrà l’emblema della carriera dei due migliori tennisti italiani del momento, Fabio Fognini e Camila Giorgi, due talenti intermittenti di altissima, inarrestabile, qualità ma anche di clamorose, inarrestabili, pause, e cadute.
Sul mitico Centre Court, nel Tempio del tennis, Fabio ha acceso la lampadina del suo genio con la solita maestria da fondocampo, con quell’alternanza tutta sua di palleggi lenti e profondi e poi di schiaffi violenti cercando angoli impossibili, spesso in contropiede, miscelando cocktail sempre diversi e inattesi, imprevedibili. Così, aveva battuto tre volte su sei il numero 1 del mondo, il campione uscente di Wimbledon, il fenomeno di casa brit, Andy Murray, rischiando l’impresa anche all’Olimpiade di Rio, quando s’era distratto come altre volte. Così si è ripetuto anche sull’insidiosa erba, il terreno preferito dello scozzese che, ai Championships, ha messo il sigillo al torneo olimpico del 2012 e nel torneo classico del 2013, prima del successo di dodici mesi fa. Per lanciare poi il formidabile sprint sul rivale Novak Djokovic e strappargli il primato nella classifica mondiale al Masters di Londra.
Inutile chiedersi perché mai la concentrazione di Fognini non sia in grado di tener duro per lasciare esprimere al tennista tanta, fantastica, qualità di gioco per periodi di tempo più lunghi. Perché il ligure si chiami contro la sfortuna subendo, sempre lui, come il povero Calimero di una pubblicità tv di tanti anni fa, chiamate strane dell’arbitro, mezze righe, net, rimbalzi strambi, doppi falli, falli di piede, punizioni dei giudici, che gli rendono la vita sempre più complicata degli altri esseri umani. Perché si addormenta sul 2-2 e perde il primo set senza più colpo ferire? Perché domina il secondo set, sbatacchiando il padrone di casa di qua e di là del campo, dominandolo proprio nella bravura nel tessere la ragnatela di palleggi da fondo e guadagnandosi addirittura qualche ovazione dai 16mila del Centre Court? Perché ha quei cali mostruosi al servizio? Perché cede netto il terzo parziale? Perché, dal 5-2, dopo l’ennesima, imparabile, fiammata, manca cinque set point, e si fa riprendere e superare fino al 5-7 decisivo?
Così come è inutile chiedersi che cosa succeda alla “Seles de noartri”, Camila Giorgi, che serve sul 5-3 del primo e sul 5-2 del secondo, ma perde entrambe le frazioni per 7-5 nel bum bum allo specchio contro la regina del Roland Garros, Jelena Ostapenko. Ahilui, Fabio ha una tenuta nervosa non all’altezza del talento tecno-fisico, e in carriera è riuscito ad ottenere anche continuità soltanto nelle tre magiche settimane del 2013. Ahilei, Camila, nei momenti-clou, è preda della tensione, si mette a pensare e sui suicida, per paura di vincere.
Vincenzo Martucci