Londra 1908 è ricordata per essere l’Olimpiade di Dorando Pietri, il piccolo maratoneta carpigiano costretto a cedere il passo agli avversari a causa di un malore nei pressi del traguardo. Durante la quarta edizione della rassegna “a cinque cerchi” è in realtà un altro sportivo a condurre l’atletica italiana sul podio e questo è il caso di Emilio Lunghi.
Nato a Genova il 16 marzo 1886, l’azzurro sembra nato per lo sport grazie a un fisico longilineo che gli consente di eccellere dalla ginnastica artistica al sollevamento pesi passando per il nuoto e la lotta, ma anche di essere preso come modello da pittori e scultori che vedono in lui un nuovo Ercole. A soli quindici anni nel 1902 viene tesserato per la Società Ginnastica Andrea Doria disputando una serie di gare settimanali all’interno del circuito ligure prima di ottenere la prima vittoria l’anno successivo nel “Giro di Genova” dedicato agli juniores e per poi essere secondo nel “Giro di Pavia”.
Tutto ciò gli consente di passare allo Sport Pedestre Genova, altra squadra di grande valore, vincendo il titolo italiano nei 1500 metri che diventano la sua specialità prediletta nonostante partecipi anche alle gare dei 100 metri e del salto in alto. Nonostante inizi a eccellere in pista, Emilio non disdegna le corse su strada tanto da battere in una volata imperiosa proprio Pietri in occasione del prestigioso “Giro di Milano”. Nonostante il parere dei tecnici, ama fare corsa davanti spendendo moltissime energie a fronte di un allenamento spesso ridotto. Ciò gli apre la strada verso l’Olimpiade Intermedia di Atene 1906 grazie anche al successo sugli 800 metri nella prova di selezione in scena a Roma nell’impianto di Villa Umberto I.
Il sogno però si infrange presto perché mancano i fondi per la trasferta e Lunghi rimane in Italia dove però si consola ben presto dominando i Campionati Italiani, in versione doppia per l’occasione a causa della frattura fra l’Unione Pedestre Italiana e la Gazzetta dello Sport che porta all’istituzione di due competizioni diverse. A Torino Emilio vince sui 400 e sui 1500 metri, a Milano sulla distanza più lunga del mezzofondo. Considerati dai compagni di squadra “il gran maestro”, Lunghi ha ormai la strada spianata verso l’Olimpiade Estiva di Londra tanto che, nonostante l’assenza ai Campionati Italiani 1907, vince il titolo nazionale l’anno dopo nella prestigiosa cornice di Piazza di Siena davanti a re Vittorio Emanuele III e la consorte dominando i 400 e i 1000 metri con tanto di record mondiale ufficioso.
A Londra però Emilio ci arriva con un handicap rispetto agli altri concorrenti: è praticamente sconosciuto e soprattutto non ha alle spalle alcuna esperienza internazionale. Ha sempre gareggiato esclusivamente nel Bel Paese e uscire dai confini nazionali è quasi un trauma considerato che Lunghi deve sorbirsi un viaggio in treno di circa tre giorni prima di arrivare in una città sconosciuta dove non c’è nessuno ad attenderlo. Niente Casa Italia o villaggio olimpico, ognuno deve arrangiarsi da sé a trovarsi un alloggio e in molti finiscono per rifugiarsi al “Simplton Club”, un locale gestito da italiani, ma noto per la vita notturna che per la tranquillità necessaria per preparare una gara olimpica.
Le condizioni precarie si fanno sentire alla prima gara, i 1500 metri in programma il 13 luglio non appena si chiude la cerimonia d’apertura. Lunghi prende la batteria di petto, affrontandola per lunghi tratti al comando, ma sul rettilineo finale viene superato dall’inglese Norman Hallows. L’azzurro ferma il cronometro in 4’03”8 firmando il secondo tempo assoluto, però in finale passano soltanto i vincitori e questo porta a una bruciante eliminazione.
Il giorno dopo non va meglio, c’è da affrontare la prova a squadre sulla distanza di tre miglia con cinque atleti per nazione al via e la classifica stilata sulla base dei piazzamenti dei primi tre. Lunghi parte ancora una volta fortissimo tanto da distanziare tutti gli avversario, troppo forte anche per il suo corpo che lo abbandona e lo costringe a ritirarsi dopo esser stato superato da tutti. L’Italia rimane con soli due atleti al traguardo e ancora una volta arrivano un’eliminazione prematura.
Giunto in Inghilterra con le stigmate di nuovo profeta dell’atletica italiana, il genovese deve ancora dimostrare quanto valga e ormai gli sono rimasti soltanto gli 800 metri. Il 20 luglio torna quindi in pista e questa volta cambia tattica: si mette a fondo gruppo ed esce in progressione nel finale. La soluzione funziona e vince così la batteria in 1’57”2 accedendo così alla sfida per le medaglie. Anche in questo caso si mette nelle retrovie prima di inseguire attorno a metà gara l’americano Mel Sheppard, deciso a imporre un ritmo indiavolato. Lunghi prova a rimanergli alle calcagna, ma non c’è niente da fare. Lo statunitense vince in 1’52”8 con tanto di record del mondo, Emilio termina secondo in 1’54”2 diventando così il primo italiano a conquistare una medaglia olimpica nell’atletica.
Al rientro in patria è grande festa a Genova dove viene accolto come un eroe in occasione della Traversata notturna, ma la gloria viene presto offuscata dal mito di Dorando Pietri, quell’avversario che aveva più volte battuto, ma la cui figura fa il giro del mondo a causa di quel malore nella maratona olimpica. Lunghi trova invece estimatori negli Stati Uniti dove pensano possa migliorare nettamente complice una preparazione più attenta. Nel 1909 va quindi oltreoceano e sotto la guida di Robertson stabilisce il record mondiale del mezzo miglio (880 yards) a Montreal e corre le 440 yards in 49”3/5. Al Celtic Park di New York ottiene inoltre due “migliori prestazioni mondiali”, sia pure su distanze inconsuete come 700 yards e 2/3 di Miglio.
Affronta Sheppard per quattro volte e lo batte in tre casi, venendo soprannominato “l’uomo-cavallo” per il suo incedere elegante, ma soprattutto chiudendo la tournée negli States con ventisette vittorie su trentuno gare disputate. Potrebbe fruttare il suo successo, ma Emilio non vuole cedere ai suoi principi tanto da non passare mai professionista e tornare in Italia da vero fuoriclasse. Nel 1910 ha una stagione un po’ complicata a causa di qualche problema di stomaco, ma continua a far incetta di titoli italiani.
A venticinque anni sarebbe la stella dell’atletica italiana se non fosse per il servizio militare che lo obbliga a trasferirsi a Milano in qualità di sergente del 12° Reggimento Bersaglieri. L’attività di leva lo costringe a ridurre gli allenamenti così come le gare in giro per l’Italia, rifiutando nuovi inviti all’estero. Le vittorie arrivano ancora, ma la luce inizia progressivamente a spegnersi. Nel 1912 ottiene una serie di permessi per preparare l’Olimpiade di Stoccolma allenandosi ogni giorno in Piazza d’Armi a La Spezia. L’ennesimo viaggio in treno per raggiungere la Svezia e l’assenza di veri test probanti con avversari di livello lo indeboliscono impedendogli di andare oltre le semifinali nei 400 e negli 800, sempre per la famosa questione che soltanto il vincitore può accedere alla finale. Gira addirittura voce che le sue prestazioni siano fiaccate da certe “scappatelle” con le valchirie locali che avrebbero sedotto anche i giocatori della Nazionale di calcio.
Il viale del tramonto è ormai imboccato nonostante continuino ad arrivare successi ai Campionati Italiani, anche su specialità meno agevoli per lui come i 400 metri ostacoli o la staffetta 4×400. A mettere una pietra sopra sulla sua carriera ci pensa la Prima Guerra Mondiale che lo costringe ad arruolarsi nella Regia Marina pattugliando le coste italiane e finendo persino in Puglia. Il tempo di gareggiare ormai è sempre più relativo, riesce persino a essere selezionato per i Giochi Interalleati in programma a Parigi nel 1919, una sorta di prova generale per l’Olimpiade di Anversa 1920, tuttavia decide di rinunciare.
A quel punto Lunghi si ritira ed entra a far parte dello staff della Nazionale Italiana di atletica leggera che affronta l’Olimpiade di Parigi 1924, tuttavia il 25 settembre 1925 si spegne a soli trentanove anni a causa di una setticemia che si porta via uno dei talenti più brillanti della storia dello sport azzurro.