Nell’equazione perfetta del 2019 di Matteo Berrettini non sono stati solo i numeri esibiti in campo a fare la differenza ma anche quelli raccolti ed elaborati dietro ad uno schermo da Craig O’Shannessy. Analista, stratega, genio della tattica, in pratica un’arma letale al servizio dei top players come Matteo, che da inizio settimana siede all’ottava posizione del ranking ATP. La mission dell’australiano è quella di trovare una soluzione ad ogni problema che si presenti sul court, in qualsiasi circostanza e contro qualunque avversario, a meno che non si chiami Novak Djokovic, comune denominatore, anzi, dominatore fra Berrettini ed O’Shannessy.
Sì, perché l’analista australiano è balzato agli onori della cronaca qualche anno fa proprio per essersi legato all’attuale n.1 del mondo con lo scopo di abbattere ulteriori record. Tuttavia, questa settimana saranno proprio il serbo e l’italiano ad aprire le danze sulla O2 Arena di Londra, dove andranno in scena le ATP Finals. Nessun conflitto di interessi a detta di O’Shannessy, le scelte ed i patti sono chiari, ma con una premessa del genere lo spettacolo è assicurato.
Craig, prima di dedicarci alla stretta attualità, ci racconti il suo background: come si è avvicinato al tennis?
“Sono nato e cresciuto in Australia, ad Albury. Lì ci sono centinaia di campi in erba, giocavo ogni giorno da junior. Non facevo parte di un’accademia, né avevo un allenatore ma disputavo tantissime partite. Giocare più set del ragazzino medio mi ha aiutato a sviluppare una visione analitica e strategica di questo sport. Dopo il liceo ho frequentato l’università negli States, continuando a giocare a tennis. Poi ho iniziato a studiare per diventare giornalista. Ad un certo punto ho dovuto scegliere fra il coaching ed il giornalismo e alla fine ha vinto il primo. Per vent’anni mi sono allontanato dal giornalismo, fino a quando il New York Times mi ha chiesto di scrivere per loro.In questo modo sono sono riuscito a combinare le mie passioni. Ad oggi collaboro con il canale di Wimbledon, con il sito dell’ATP, la FIT, ed ho il mio sito Brain Game Tennis, oltre a lavorare con i top player in Tour”.
Come mai ha deciso di specializzarsi nel settore delle statistiche?
“Da giovane, frequentando alcune conferenze di allenatori, mi sono reso conto che ognuno aveva un’opinione diversa riguardo statistiche ed analisi. Chiaramente qualcosa non andava, non si può tirare ad indovinare. Da lì mi sono accorto che le statistiche dei match erano troppo primitive. Le prime statistiche nel tennis risalgono al 1991. Fino al 2002 erano ancora molto generiche, poi dal 2002 al 2015 sono migliorate”.
Cosa fa un analista di preciso?
“Guardare una partita per intero, in ordine cronologico, è il modo peggiore per produrre un’analisi. Utilizzo un programma che si chiama Dartfish ed attraverso vari pulsanti filtro le azioni di gioco. Posso decidere se vedere solo gli errori di diritto o quelli di rovescio e via dicendo. In questo modo si individuano molto facilmente gli schemi che ogni giocatore tende ad adottare in determinate situazioni”.
Com’è una giornata nella sua vita?
“Beh, fantastica! Al mattino, dopo aver accompagnato mia figlia a scuola, vado in palestra, porto i miei due cani a spasso e dalle 9:30 alle 13 in genere scrivo una ATP Story [Fra le sue varie occupazioni, O’Shannessy collabora con il sito dell’associazione dei professionisti, ndr]. Successivamente mi concentro su Novak Djokovic, con il quale collaboro da diversi anni”.
A tal proposito, quest’anno è entrato a far parte anche del team di Matteo Berrettini. A Londra i due si sfideranno per la prima volta in carriera. Come ci si comporta in una situazione del genere?
“Eh sì, direi che abbiamo un piccolo problema qui! (ride, ndr). Solitamente mi consulto con i giocatori prima e dopo le partite ma, ad esempio, quando Matteo ha giocato con Popyrin [altro assistito di O’Shannessy, ndr] al terzo turno degli US Open, ho detto ai ragazzi che non avrei potuto aiutare nessuno dei due perché abbiamo lo stesso accordo. Con Novak è diverso, mi paga di più!”
Quindi nemmeno un aiutino questa settimana? Nole è già un alieno, poi ci si mette pure lei…
“Ha ha! Purtroppo è così che funzionano gli affari”.
HERE IT IS!The singles draw for the 2019 Nitto ATP Finals 🔥
Pubblicato da ATP Tour su Martedì 5 novembre 2019
Nel girone di Matteo c’è anche Federer. Come ci si approccia tatticamente ad un colosso del genere? Ricordiamo tutti com’è andata a finire a Wimbledon…
“Esiste un modo per battere Federer. Tutti i giocatori hanno degli schemi che preferiscono e ripropongono. Adesso Novak è al top della forma, è un bene che Matteo lo affronti subito, è il più tosto. Non ha nulla da perdere e gli servirà per fare esperienza ed abituarsi all’ambiente. Che vinca o perda non importa, arriverà sicuramente più pronto alla partita con Roger, ed è una partita che prepareremo molto bene. Ha ottime chance con entrambi”.
Riavvolgiamo un attimo il nastro. Come è entrato in contatto con Matteo?
“Mi sono avvicinato alla Federazione Italiana nel 2017. Ho tenuto delle lezioni di un giorno a Milano, Torino e Roma, incluso il Simposio. La FIT poi mi ha chiesto se potevo fare quello che facevo con Novak anche con Berrettini e Sonego. Al tempo erano 60 e 100 al mondo, a Novak andava bene, ma fossero stati Roger, Rafa o Thiem…”
Adesso però Matteo è Top 10
“Non ci sono problemi perché abbiamo iniziato tempo fa, e poi ha sempre Vincenzo Santopadre ed Umberto Rianna al suo fianco”.
Qual è stato il primo torneo insieme al nuovo team?
“Abbiamo iniziato a collaborare all’inizio della stagione ma sono andato nel box per la prima volta soltanto agli US Open”.
Con quanta frequenza vi sentite?
“Solitamente sono presente negli Slam e nei 1000, per il resto facciamo consulenza a distanza. In quest’ultimo caso Vincenzo ed Umberto sono i miei punti di riferimento. Non posso seguire i giocatori ovunque per via di questi due! [mostra una foto dei figli]”.
Una cosa che l’ha impressionata di Matteo in campo?
“La capacità di seguire alla lettera il programma tattico prestabilito. Sono molto specifico su certe cose, su come approcciare certi giocatori, e lui esegue tutto alla perfezione”.
Fuori dal campo, invece?
“È gentilissimo, davvero un bravo ragazzo. Andiamo molto d’accordo”.
La partita che ha segnato la svolta definitiva quest’anno?
“Ne scelgo due: Rublev e Monfils agli US Open. Lì Matteo era ancora 25 al mondo e quei due match l’hanno portato su un altro livello”.
Quanti margini di miglioramento ha?
“Tantissimi, enormi. È numero 8 del ranking ed è ancora molto acerbo. Alla fine dell’anno prenderemo tutti i match che ha disputato in stagione e li raggrupperemo in un unico file per capire su cosa lavorare”.