Passare dalle Olimpiadi al campionato indonesiano non è certo semplice, eppure Marco Motta considera quest’ultima l’esperienza più bella della sua vita. Cresciuto nelle giovanili del Lomagna, il giocatore lecchese è uno dei più promettenti difensori italiani all’alba del 2000 tanto da esser corteggiato da Milan, Monza e Como. A vincere la contesa è però l’Atalanta che in quegli anni sfodera talenti in continuazione e offre al calciatore lombardo l’occasione di mettersi in mostra anche in Serie A debuttando a soli diciotto anni contro la Roma il 9 gennaio 2005.
La sua carriera appare in ascesa tanto che da esser impiegato con continuità da Delio Rossi in quel girone di ritorno che porta la Dea in Serie B. Motta viene così notato dall’Udinese che in estate lo porta in Friuli in comproprietà facendolo esordire anche in Champions League. Un debutto che ben presto si è trasformato in tragedia a causa di un gravissimo infortunio che segnerà l’intera carriera. “Il 21 gennaio del 2006 mi sono rotto il legamento crociato, stirandomi il collaterale. Un infortunio decisamente brutto, che ho superato con grande difficoltà – racconterà Motta in un’intervista a ‘Hurrà Juventus’ -. Mi hanno sempre detto che per un problema del genere, tra ricostruzione del crociato e riabilitazione ci vogliono sei mesi. Sarà, ma io ci ho messo un paio d’anni a riprendermi del tutto”.
Quando tutto sembra affondare, ecco la scialuppa di salvataggio che giunge in soccorso di Marco, rivalutato dal Torino che nel 2007 scommette su di lui acquistandolo in prestito e offrendo una stagione da protagonista. Proprio grazie all’ottimo campionato con i granata Motta riceve la chiamata di Pierluigi Casiraghi in vista dell’Olimpiade di Pechino 2008 dove l’Italia si presenta fra le grandi favorite.
Gli azzurri dominano il girone sconfiggendo all’esordio per 3-0 l’Honduras grazie ai gol di Sebastian Giovinco, Giuseppe Rossi e Robert Acquafresca, risultato ripetuto qualche giorno dopo contro la Corea del Sud dove vanno a segno nuovamente Rossi, Tommaso Rocchi e Riccardo Montolivo. L’Italia è aritmeticamente qualificata ai quarti di finale tanto che lo 0-0 con il Camerun non preoccupa e Motta rimane in panchina tutti e novanta i minuti in attesa della sfida contro il Belgio. L’avversario sembra alla portata degli azzurri che puntano a replicare almeno il bronzo di Atene 2004, ma qui qualcosa si inceppa.
Marco gioca sin dall’inizio prendendo il posto sulla destra di Lorenzo De Silvestri e l’Italia trova il vantaggio dopo diciotto minuti grazie al rigore causato da Thomas Vermaelen e trasformato da Giuseppe Rossi. Il Belgio rimane in dieci, ma l’Italia non sa gestire il vantaggio e dopo soli cinque minuti Mousa Dembélé pareggia i conti. La situazione va di mal in peggio tanto che al 47’ del primo tempo Kevin Mirallas colpisce per la seconda volta la porta protetta da Emiliano Viviano.
Gli uomini di Casiraghi non demordono e a inizio ripresa avrebbero anche l’occasione di pareggiare se non fosse che l’arbitro decide di negare un rigore causato dall’intervento scomposto di Logan Bailly. Poco importa perché la formazione tricolore trova il pari sempre dagli undici metri nuovamente con Rossi al 74’. Nemmeno il tempo di tirare un sospiro di sollievo che al 79’ arriva la doppietta di Dembelé che ferma il punteggio sul 2-3. C’è tempo ancora per l’espulsione di Viviano, ma l’Italia non si sblocca più e, nonostante abbia giocato quasi tutta la partita in superiorità numerica, è fuori dall’Olimpiade.
Marco Motta con la maglia della Roma
Per Motta quell’estate significa anche ritorno all’Udinese dove però non si trova bene tanto che nel gennaio 2009 chiede la cessione alla Roma. E’ una folgorazione perché lì ritrova Luciano Spalletti che tanto lo aveva voluto in Friuli e che ora è deciso a trasformarlo in un campione. “I primi sei mesi nella capitale sono andati benissimo, mi sono integrato alla grande, grazie a tutto l’ambiente e al tecnico che mi ha dato grande fiducia. la Juve è tornata nel mio destino: battendoci a Roma 3-1 portò Spalletti alle dimissioni. Così arrivò Ranieri. Nel calcio tutti gli allenatori hanno idee diverse, ed io rientravo solo qualche volta in quelle del nuovo tecnico. Per me è stata comunque un’esperienza importante, di quelle che aiutano a crescere”.
Al termine della stagione 2009-2010 Udinese e Roma finiscono alle buste con i bianconeri che prevalgono e girano il difensore in prestito alla Juventus, alla ricerca del riscatto dopo un deludente settimo posto. È l’anno di Gigi Del Neri sulla panchina e la squadra piemontese crolla a picco. Un altro settimo posto e l’intera formazione viene messa in discussione con Motta che passa dall’essere un titolare fisso a una riserva senza speranze sotto la guida di Antonio Conte.
Prima del dramma c’è però ancora una grossa chance che gli viene offerta da Cesare Prandelli il quale, all’esordio sulla panchina dell’Italia, il 10 agosto 2010 gli offre la prima occasione di indossare l’azzurro nella squadra maggiore. La formazione tricolore è uscita con le ossa rotte dal Mondiale in Sudafrica, eliminata dalla modesta Slovacchia ai gironi. Il tecnico di Orzinuovi manda in campo una formazione sperimentale con Motta che trova spazio sulla destra al fianco di Leonardo Bonucci, Giorgio Chiellini e Cristian Molinaro, mentre là davanti gli occhi sono tutti puntati sull’esordiente Amauri, naturalizzato italiano dopo una lunga trafila burocratica.
Gli highlights di Italia-Costa d’Avorio del 10 agosto 2010
La squadra però non convince: Daniele De Rossi sfiora il palo su punizione al quinto minuto, ma è la Costa d’Avorio ad andar più vicina al vantaggio con una triangolazione fra Seydou Doumbia e Gervinho che finisce di poco a lato della porta difesa da Salvatore Sirigu. Motta sembra esser l’uomo della rinascita: nel secondo tempo si ritrova sui piedi un destro che va a stamparsi sul secondo palo negando il vantaggio agli azzurri.
È preludio della disfatta perché, se si eccettua un tiro a giro di Simone Pepe salvato in qualche modo da Daniel Yéboah, sono gli africani a farla da padrona con un colpo di testa di Kolo Touré che salta da solo in mezzo all’area e segna la prima sconfitta per Prandelli. Motta finisce quindi fuori dal giro della Nazionale e della Juventus che lo mette fuori squadra costringendolo nel gennaio 2012 a trasferirsi al Catania per sei mesi. Quel giocatore che aveva incantato con Atalanta e Roma non c’è più, inizia un valzer di prestiti che lo porta prima al Bologna e poi al Genoa fino alla rescissione del contratto con la Juventus avvenuto nell’estate del 2015.
Marco inizia quindi un lungo giro del mondo che lo porta in Inghilterra con Watford e Charlton, in Spagna con l’Almeria e a Cipro con l’Omonia Nicosia prima di trovare la giusta dimensione a Persija Jakarta dove vince il campionato. Come raccontato ai microfoni del “Secolo XIX” Motta si riscopre e vive un finale di carriera da incorniciare: “Avevo giocato a Giacarta con la Juve, ero rimasto colpito dal calore, dagli stadi enormi e strapieni. Il patron del Persija mi ha contattato, sono venuto in Indonesia e ho trovato strutture all’avanguardia, scuole eccellenti per i miei figli. E ho deciso di provarci. Abbiamo 70-80 mila tifosi a gara, atmosfera simile a quando giocavo nella Roma all’Olimpico. Giacarta è la New York dell’Asia, la cucina è ottima, ho provato il nasi goreng, il loro riso fritto”.
E’ una sorta di lieto fine per una carriera che ha vissuto picchi improvvisi e crolli drammatici, ma che con ogni probabilità si è interrotta la sera del 10 agosto 2010 contro quel palo dell’Upton Park di Londra.